L’offerta che ha convinto Bruxelles

Un avvio un po’ più ritardato per il reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni, la rimodulazione di un numero cospicuo di agevolazioni, bonus e sconti fiscali, un tesoretto che finora nessun governo aveva mai intaccato. Poi maggiori privatizzazioni immobiliari, in aggiunta a quelle già promesse e l’avvio della tassazione sulle transazioni elettroniche. Il tutto suggellato da una lettera formale di impegni all’attuazione di queste misure firmata  dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

I dettagli dell’intesa sono ancora riservati, ma a Palazzo Chigi e a via XX settembre spiegano che la struttura della manovra di bilancio resterà sostanzialmente invariata. Così il deficit pubblico programmato per il prossimo anno, che resterebbe al 2,04% nonostante il tasso di crescita previsto sia stato sensibilmente ritoccato al ribasso, dall’,1,5% del progetto iniziale all’1%. Una mossa giustificata dal peggioramento della congiuntura, ma che aiuta a far quadrare i conti pubblici e ad ottenere quella riduzione del deficit strutturale che Bruxelles chiedeva e che Roma voleva evitare. Il disavanzo strutturale viene infatti calcolato al netto delle una tantum previste nel bilancio e dell’effetto del ciclo economico su spese e entrate. E se questo peggiora, la Ue ne tiene conto nei suoi calcoli.

Altra decisione utile all’intesa è stata quella di rafforzare i piani di privatizzazione per il 2019. Nell’aggiornamento del Def apportato dopo le prime critiche di Bruxelles, l’obiettivo di incasso per le dismissioni del prossimo anno era già stato portato a 18 miliardi di euro, un punto di prodotto interno lordo. Adesso il target sarebbe stato  ritoccato verso l’alto, avvicinandosi a quota 20 miliardi di euro. Molto difficile da raggiungere, a meno di non immaginare una qualche operazione di carattere finanziario, come la creazione di un fondo cui conferire gli immobili pubblici. Ma è un’operazione necessaria per puntellare la discesa del debito pubblico, che oltre a quello del deficit era l’altro fronte scoperto dal quale poteva arrivare una procedura di infrazione.

L’ultima idea è stata quella di avviare da subito, e rafforzare rispetto alla versione attuale, la tassa sulle transazioni elettroniche. La web tax, già prevista, rimaneggiata, e più volte rinviata dovrebbe scattare dal primo gennaio del 2019, con un gettito superiore ai 200 milioni stimati per la versione originaria della nuova imposta.

 

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