“E’ dopo aver sentito il giudice Gratteri che incitava i calabresi a ribellarsi che ho capito che dovevo denuinciare”. Così è stato e la prefetta Paola Galeone è finita agli arresti domiciliari – dopo aver preso una tangente di 700 euro – con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità. L’imprenditrice Cinzia Falcone, semplicemente, non ha accettato l’ingiustizia e in un’intervista alla Gazzetta del Sud spiega perché ha deciso di ribellarsi e rivolgersi alla giustizia. “Non avrei potuto fare diversamente. Da tempo sono impegnata nel sociale e spesso mi è capitato di pronunciare frasi del tipo: ‘In questa terra dobbiamo scegliere da che parte stare subito!’. Ecco, questa volta, ho capito che toccava a me”.
Non ho realizzato subito che mi si stava facendo una proposta illegale – aggiunge Falcone -. Eravamo nel Palazzo di Governo, ho impiegato qualche ora per realizzare che non era un’errata deduzione. Fino a quel momento avevo sempre ammirato e nutrito stima per la dottoressa Galeone. Ma il confronto con la mia famiglia mi ha aiutato, invece, a capire la gravità di quanto mi era stato proposto. E non ho esitato a denunciare. Sono consapevole che esistono poteri forti ma sono consapevole anche che esiste uno Stato forte. Io ho scelto di stare dalla parte dello Stato.