Giorgia Meloni studia il rimpasto di governo che vedrà la luce dopo le europee

Un anno e mezzo dopo l’insediamento a Palazzo Chigi, per Giorgia Meloni è arrivato il tempo di cambiare squadra. L’occasione è quella delle elezioni europee, che farà da pretesto ad una rivoluzione pensata da tempo per rinnovare l’immagine dell’esecutivo e nascondere sotto il tappeto i flop collezionati in questi mesi. Ci sarà dunque un corposo rimpasto, già discusso – secondo quanto riporta Repubblica –  con alcuni leader di partito, che porterà alla sostituzione di ben sette ministri.

Un’operazione di tale portata passerà necessariamente per una nuova fiducia da parte delle Camere, scelta cruciale se i cambiamenti – come sembra – riguarderanno dicasteri importanti come la Giustizia o l’Economia. Ma oltre alla volontà politica, sarebbero altri i fattori da prendere in considerazione, che forzeranno la Premier a rivoluzionare la squadra. Parrebbe infatti che un ministro sarà destinato a diventare commissario europeo, tre i nomi papabili per il ruolo: Raffaele Fitto, Giancarlo Giorgetti e Adolfo Urso, mentre un altro evento probabile riguarda le dimissioni della ministra del Turismo, Daniela Santanché. In aggiunta, anche la nomina di due nuovi sottosegretari alla Cultura e all’Istruzione dopo l’addio di Sgarbi e Montaruli.

Infine, anche se nessun ministro sarà candidato alle elezioni europee, tranne Antonio Tajani, è possibile che Meloni prenda in considerazione cambiamenti di squadra significativi dopo le elezioni soprattutto se Forza Italia dovesse superare la Lega alle urne: scenario che ribalterebbe gli equilibri della maggioranza, per buona pace di Matteo Salvini, sempre più ai margini del piano e ormai in rottura con la Premier.

Antonio Tajani è riuscito a riportare Forza Italia oltre l’8%, celebrando i 30 anni dalla prima vittoria elettorale di Silvio Berlusconi. Certo, la percentuale di voti raccolta il 27 marzo 1994 era ben diversa – il 21% e a fronte di un’affluenza dell’86,07% – e il ruolo del partito all’interno del centro-destra era quello di protagonista assoluto. All’alba della Seconda Repubblica gli azzurri si attestavano come una forza politica innovativa e capace di rubare la scena parlamentare, nonostante le già aspre critiche che arrivavano da stampa e opposizioni. Per decenni Silvio Berlusconi è stato il punto di riferimento dei moderati, seppur in mezzo alle ombre che hanno caratterizzato la sua figura e i suoi governi, e il vero playmaker dell’alleanza con il Carroccio e i missini. Con l’attuale ministro degli Esteri, però, il logo tricolore potrebbe tornare a essere un simbolo importante, per un nuovo periodo caratterizzato da un tiepido ritorno al passato.

Ci è voluta la lenta ascesa di una nuova generazione di leader, a destra con Matteo Salvini e Giorgia Meloni e al centro con Matteo Renzi e Carlo Calenda, tutti eredi spirituali del patron di Fininvest, a far migrare gli elettori forzisti verso nuovi schieramenti. Con la morte di Silvio Berlusconi sembrava essersi chiusa la lunga stagione in cui la politica si è fatta più tra la villa di Arcore e Palazzo Grazioli che tra i palazzi delle istituzioni. Eppure la promessa di un ritorno ai fasti del passato sembra aver convinto gli elettori a tornare a casa, nonostante un difficile passaggio di consegne e il passo inizialmente claudicante del nuovo presidente Antonio Tajani.

La linea ora è definita. Anche senza Berlusconi, Forza Italia deve tornare a essere la casa dei moderati in vista delle elezioni di giugno per inviare i rappresentanti del Belpaese a Strasburgo. Sarà importante non cedere alle provocazioni antieuropeiste degli alleati di spicco e puntare piuttosto sul consolidamento dei rapporti con i centristi, riaccogliendo i fuoriusciti e superando antiche antipatie. D’altronde gli avversari del poco longevo Terzo Polo, stando alle intenzioni di voto, sono lontani dalla soglia di sbarramento.

E se le conferenze di Antonio Tajani puntano a presentare un partito rassicurante e aperto al dialogo, la strategia di Matteo Salvini sembra essere quella di sorpassare Fratelli d’Italia a destra con dichiarazioni shock da dare in pasto ai giornali. In una recente ospitata in Rai, il segretario del Carroccio ha dichiarato che l’Europa “non ha fatto nulla per aiutarci”, riprendendo il vecchio tema dei migranti e dichiarando di non voler “svendere l’identità della Lega e dell’Italia”.

Non potendo abbracciare quelle posizioni visto il suo ruolo, la premier Giorgia Meloni starebbe piuttosto meditando di rincorrere i forzisti e il loro forte legame con il territorio, in cui godono di vecchie amicizie consolidate nel tempo, soprattutto tra le schiere dei democristiani. Il primo partito del Paese potrebbe dunque abbandonare la linea sovranista in favore di una campagna elettorale più morbida.

‘Non faccio polemiche perché non serve, gli elettori di centrodestra non vogliono polemiche, l’appartenenza a famiglie europee diversa è nei fatti, noi siamo il Ppe e non c’è un accordo di governo che ci obbliga a far parte stessa famiglia europea. Non è il momento di fare polemica, quando ci saranno i risultati elettorali si vedrà cosa accadrà. Sono convinto che il Ppe vincerà le elezioni e il trattato dice che i capi di Stato e governo affidano l’incarico di presidente della Commissione da sottoporre al voto del Parlamento in base al risultato elettorale’,  ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani alla presentazione del libro ‘Nazione Europa’ di Claudio Tito a Roma, insieme all’autore e al commissario europeo Paolo Gentiloni.

‘Sono i numeri che decidono, non è questione di Le Pen o non Le Pen. Noi siamo il Ppe e non andiamo con Le Pen e con Afd, noi siamo europeisti e siamo per la Nato, seguiamo il nostro percorso e non facciamo polemica con nessuno’.

Gli alleati di Matteo Salvini in Europa puntano il dito contro Giorgia Meloni e il suo legame con la presidente della Commissione Europea. ‘Ci batteremo con tutte le forze possibili per impedire un secondo mandato di von der Leyen. Un messaggio per Giorgia Meloni: sosterrai o no un secondo mandato di Von der Leyen? Io credo di sì. Voi dovete la verità agli italiani, dovete dire cosa farete. A destra il solo candidato che si opporrà a von der leyen è Matteo Salvini’, questo l’attacco alla premier di Marine Le Pen, leader di Rassemblement National, durante un videomessaggio trasmesso alla recente convention del partito Identità e democrazia ‘Winds of Change’ svoltasi a Roma e organizzata dalla Lega.

‘Sapete, cari amici italiani, che la democrazia non consiste solo nel mettere un pezzo di carta in un’urna di plastica. La democrazia consiste nel sapere esattamente cosa faranno e cosa decideranno coloro per cui votate. Ma la vera domanda che ho non è per gli italiani. La vera domanda e per la premier italiana: Giorgia. Sì, perché ci siamo conosciuti in tempi passati. Signora prima ministra, sosterrà o meno un secondo mandato della Signora von der Leyen? Io credo di sì. E così contribuirà ad aggravare le politiche di cui tanto soffrono i popoli d’Europa’, ha riferito  Le Pen. Secondo la leader di Rassemblement National, Salvini sarà l’unico candidato della destra italiana ‘che si opporrà con tutta l’energia che gli conosco a von der Leyen e alla politica catastrofica che sta attuando. È per questo che vi ringrazio per sostenere la Lega, per permettere l’elezione di deputati che non vi mentiranno, non vi manovreranno e che saranno chiari con voi, lucidi e determinati’.

Il leader della Lega, dopo le dichiarazioni di Le Pen, aveva cercato di smorzare i toni, spiegando di non aver letto in anticipo l’intervento di Le Pen. Però ha anche rilanciato: ‘Ve lo dico con assoluta chiarezza: chi vota Lega sa che non sosterremo mai un governo di von der Leyen o con la sinistra. Difficile che possa rimediare agli errori la squadra che li ha prodotti. Questa Ue ha fallito’.

‘Mi ha sorpreso che la manifestazione di Identità e democrazia sia stata soprattutto l’occasione per distinguersi da noi e attaccare Giorgia Meloni’. Queste le parole di Carlo Fidanza, capo delegazione di Fratelli d’Italia a Bruxelles, in un’intervista concessa al quotidiano ‘La Stampa’. Secondo Fidanza ‘cose così non giovano al governo. Siamo gente di mondo, conosciamo le regole: si vota con il proporzionale e tutti vogliono distinguersi, però si è andati oltre, cose così non giovano all’unità del governo e della maggioranza’.

Circa un possibile dialogo con Le Pen è stato chiarissimo: ‘Giorgia ha sempre detto che non accetta di farsi dire da un politico straniero cosa dovrebbe fare. Vale per quelli di sinistra, alle cui ingerenze purtroppo siamo abituati. Ma vale anche, direi a maggior ragione, per quelli di destra’.

Su Le Pen che accusa FdI di essere ambigui su Ursula von der Leyen, Fidanza risponde: ‘Tutt’altro. Noi nel 2019 non l’abbiamo votata e da allora non abbiamo risparmiato critiche alla sua Commissione. I nostri voti sono lì a dimostrarlo. Oggi su Pnrr, immigrazione e green deal, assistiamo a un suo cambio di passo, grazie alla postura più determinata dell’Italia col governo Meloni. Non c’è alcuna ambiguità ma concretezza politica’.

Queste dichiarazioni di linea politica riguardo le europee dipingono, e senza ombra di dubbio, le divaricazioni esistenti tra Meloni e Tajani, rispetto a Matteo Salvini.

Resta solo da aspettare i risultati delle europee per i tre partiti principali della maggioranza per conoscere in modo lineare i rimpasti di governo, realtà che sicuramente non produrranno rotture o crisi, visti che gli accordi di massima non muteranno, ma alcune sostituzioni di coccarde che produrranno sicuramente mal di pancia, ma nulla di più…

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