Al Teatro Nazionale di Roma, è un dittico di inquieta bellezza quello in scena fino a stasera: Il diario di uno scomparso di Leoš Janáček e La voix humaine di Francis Poulenc, accostati nella regia di Andrea Bernard, al suo debutto con l’Opera capitolina. Due opere lontane per lingua, forma e tempo, ma unite da un identico nucleo emotivo, la solitudine e l’impossibilità di comunicare davvero.
Bernard sceglie di ambientarle in due camere di uno stesso albergo, luoghi anonimi e transitori, quasi sospesi fuori dal tempo. Una soluzione scenica che si rivela tanto semplice quanto efficace anche grazie alle scene di Alberto Beltrame, ai costumi di Elena Beccaro e alle luci di Marco Alba, le due stanze diventano proiezioni dell’anima, spazi mentali in cui il passato e il futuro si affacciano solo attraverso la memoria e il desiderio.
“Entrambi, in modi diversi, sono in fuga: nel Diario di uno scomparso si fugge da una vita angusta, soffocante; nella Voix humaine si tenta di sfuggire alla vita stessa, al dolore di un domani insostenibile. Eppure, sia che lo sguardo si volga al passato o al futuro, al centro resta immobile la stessa condizione: la solitudine, e con essa l’impossibilità di comunicare davvero e di accettare la realtà”, afferma Bernard nelle sue note di regia, chiarendo il senso profondo del dittico.
Nel Diario di uno scomparso, Janáček racconta la febbre amorosa del giovane Jan, travolto dalla passione per la zingara Zefka e pronto a rompere con la propria comunità pur di seguirla. Matthias Koziorowski ne offre un’interpretazione di sorprendente verità in cui la sua voce, dal timbro quasi metallico, non cerca la bellezza del suono ma la verità del sentimento. Esposta, cruda, talvolta spigolosa, restituisce la tensione interiore del personaggio con una sincerità disarmante. In alcuni passaggi il canto si fa quasi un grido, in un gesto teatrale più che lirico, ma sempre controllato da una profonda consapevolezza espressiva. È in questa fragilità, in questa rinuncia all’eleganza a favore della verità, che il personaggio trova la sua forza.
Accanto a lui, Veronica Simeoni disegna una Zefka intensa e sensuale, con un timbro scuro e levigato che si oppone, per natura e colore, alla ruvidezza del tenore, creando un contrasto di grande efficacia drammatica.
Il pianoforte di Donald Sulzen, nella versione cameristica dell’opera, amplifica la percezione delle tensioni, lasciando la voce completamente nuda davanti all’ascoltatore. Una sorta di rischio che diventa linguaggio, e che Bernard trasforma in una scelta registica coerente con la sua visione dell’opera come confessione intima, priva di orpelli.
Nella seconda parte, La voix humaine di Poulenc non cambia spazio, ma ne svela un altro frammento. La scena rimane infatti la stessa stanza d’albergo, o meglio la stanza accanto a quella dove si è consumata la vicenda di Janáček, quindi identico tempo, identico luogo, ma un’altra solitudine. Due storie d’amore, di passione e di perdita che si svolgono simultaneamente, ignorandosi pur condividendo lo stesso respiro.
La regia di Bernard mantiene questa continuità scenica con intelligenza cinematografica, disseminando segni di connessione fra le due opere come il carrello con la glacette dello champagne, consegnata per errore nella stanza di Jan nella prima parte che ricompare qui entrando finalmente “nella stanza giusta”, oppure la musica troppo alta proveniente dalla parete, su cui “lo straniero” batte i pugni nel Diario di uno scomparso e che, nella Voix humaine, sarà la stessa che la Donna accenderà per coprire il proprio dolore. Piccoli dettagli che creano un sottile filo narrativo, una simultaneità poetica che unisce due solitudini parallele.
In questo spazio sospeso, Anna Caterina Antonacci affronta magnificamente uno dei ruoli più impervi del repertorio novecentesco con una bravura grandiosa, che coniuga controllo tecnico e intensità interpretativa. La voce, salda e pienamente proiettata in ogni registro, regge con sicurezza l’intera opera nella quale nulla risulta fuori posto.
Colpisce sicuramente la naturalezza con cui la Antonacci abita la parola musicale di Poulenc, mai artefatta, mai declamata, rendendo credibile ogni sfumatura emotiva, dal sussurro all’urlo.
La sua Donna non è soltanto una figura tragica, è una presenza viva, contemporanea, una donna che si misura con il vuoto e con la voce come unico strumento di sopravvivenza. Il dialogo con il pianoforte di Donald Sulzen, sempre attento a respirare con lei, diventa un corpo unico, una confessione condivisa che chiude il dittico in un cerchio di silenzio e dolore trattenuto.
Con questo nuovo allestimento, Andrea Bernard conferma la sua capacità di leggere i testi musicali come specchi del presente, la scelta di accostare Janáček e Poulenc funziona pienamente, le due opere si richiamano e si amplificano come due riflessi della stessa condizione umana.
La sera di martedì 21 ottobre la platea si è mostrata profondamente partecipe e in chiusura, a sala vuota, nel silenzio restava l’eco di due voci, quella di Jan e quella della Donna, che pur senza incontrarsi, ci avevano raccontato la medesima fame d’amore.
Stagione 2024/2025
IL DIARIO DI UNO SCOMPARSO
LA VOIX HUMAINE
Regia Andrea Bernard
Scene Alberto Beltrame
Costumi Elena Beccaro
Luci Marco Alba
Piano Donald Sulzen
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
IL DIARIO DI UNO SCOMPARSO (Zápisník zmizelého)
Musica Leoš Janáček
per contralto, tenore, tre voci femminili e pianoforte, V/12
Libretto di Josef Kalda
JAN (JANÍCEK) Matthias Koziorowski
ZEFKA Veronica Simeoni
TRE DONNE Carolina Varela, Marika Spadafino, Michela Nardella
LA VOIX HUMAINE (La voce umana)
Musica Francis Poulenc
Tragedia lirica in un atto
Libretto di Jean Cocteau
UNA DONNA Anna Caterina Antonacci
TEATRO NAZIONALE
Prima rappresentazione sabato 18 ottobre, ore 20
Repliche
domenica 19 ottobre, ore 16.30
martedì 21 ottobre, ore 20
giovedì 23 ottobre, ore 20
venerdì 24 ottobre, ore 20
ph. Fabrizio Sansoni
Loredana Margheriti
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