German Chancellor Angela Merkel gestures during a conversation after her special address as part of the annual meeting of the World Economic Forum in Davos, Switzerland, Wednesday, Jan. 24, 2018. (ANSA/AP Photo/Markus Schreiber) [CopyrightNotice: Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved.]

Davos: Merkel contro Trump sui dazi

Angela Merkel dal palcoscenico di Davos, che calca  per la decima volta,   manda un messaggio molto chiaro a Donald Trump e a chi ne minimizza la deriva protezionistica. La cancelliera ha aperto la sua relazione davanti alla platea del Forum economico mondiale ricordando l’anniversario della fine della Prima guerra mondiale, quando l’Occidente era protezionista:  ‘Oggi, 100 anni dopo la catastrofe della Grande Guerra, dobbiamo chiederci se abbiamo davvero imparato la lezione della storia, e a me pare di no. L’unica risposta è la cooperazione e il multilateralismo’,   ha detto  la cancelliera tedesca Angela Merkel prendendo di mira il protezionismo e l’isolazionismo, con parole che sembrano riferirsi all’amministrazione guidata da Donald Trump che interverrà al Forum economico mondiale venerdì.

Il protezionismo,  ha puntualizzato la Merkel,  non è la risposta, dobbiamo cercare risposte multilaterali, l’isolamento non aiuta.

La Merkel punta sull’Europa, ricordando i progressi fatti nel multilateralismo dopo la Seconda guerra mondiale e, più di recente, il rilancio europeo, i passi in avanti sulla difesa comune, che non è contro la Nato, precisando che sui conflitti che ormai circondano l’Europa bisogna andare avanti tenendo conto che non possiamo più fare affidamento sugli Stati Uniti e che dobbiamo dunque prendere il destino nelle nostre mani.

L’intervento di Paolo Gentiloni coincide con quanto affermato dalla Merkel: ‘Rispetto totalmente il fatto che Trump sia stato eletto con l’idea di mettere l’America ‘first’ e che stia cercando di andare in quella direzione. Ma, come europei e italiani, dobbiamo evidenziare il fatto che rispettare e proteggere gli interessi dei cittadini statunitensi, che è corretto, non può significare che noi mettiamo in discussione l’intelaiatura di quelle relazioni commerciali che si sono rivelati estremamente utili per la crescita. Il dibattito è aperto ma la base della discussione dovrebbe continuare ad essere il sostegno all’apertura, al libero commercio e agli accordi, non al protezionismo’.

‘La storia non si può riscrivere’, dice   Angel Gurrìa, segretario generale dell’Ocse, che  fa il punto sull’Italia a poche settimane dal voto e dieci anni dopo la grande crisi con i suoi strascichi bancari ma anche con la ripresa finalmente ben assestata: ‘Il jobs act, approvato con la fiducia, fu una scommessa azzeccata che ha creato quasi un milione di posti di lavoro e che nessuno, da Berlusconi in poi, aveva avuto i voti per approvare’.

L’Italia è sempre stata una democrazia vibrante, tradizionalmente il voto è stata una questione di personalità, ma ora c’è una scelta netta fra chi propone di andare avanti sulle riforme e chi dice no a tutto senza fare vere proposte, ha aggiunto Gurrìa:  ‘Le opzioni sono abbastanza chiare e sarà un voto dalle conseguenze importanti. Vi auguro il meglio, gli italiani hanno saggezza e sono sicuro che faranno la scelta migliore’.

Il Fondo monetario internazionale alza la stima di crescita dell’Italia: nell’aggiornamento del suo World Economic Outlook, presentato a margine dei lavori del WOrld Economic Forum, il Fmi prevede ora un’espansione dell’1,4% nel 2018 e dell’1,1% nell’anno successivo. Le due stime sono migliorate rispettivamente di 0,3 e 0,2 punti percentuali rispetto al precedente ‘Weo’ e il Fmi parla di una spinta più forte dalla domanda esterna e dall’export.

Le incertezze politiche, si legge nell’aggiornamento del suo World Economic Outlook dell’Fmi,  creano rischi nella realizzazione delle riforme o la possibilità di un ri-orientamento dell’agenda, anche nel contesto delle elezioni in arrivo in diversi Paesi,  fra cui Italia, Messico, Brasile.

Tornando agli Stati Uniti il Segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, nel suo intervento a Davos ha affermato che gli Stati Uniti sono assolutamente favorevoli al libero mercato’. L’affermazione di Mnuchin arriva dopo che il Presidente Donald Trump ha imposto dazi all’import di pannelli solari e lavatrici dall’estero tre giorni fa.

Mnuchin ha sostenuto che non c’è nessuna preoccupazione per i tassi di cambio, e che un dollaro debole fa bene agli Stati Uniti da un punto di vista commerciale, aggiungendo che non ci sono incoerenze tra il programma del Presidente Trump ‘America First’ e l’obiettivo di collaborare con gli altri Paesi da un punto di vista commerciale. Il Segretario al Tesoro Usa ha detto poi di non essere preoccupato da indiscrezioni secondo cui la Cina starebbe pensando di tagliare gli acquisti di titoli di Stato Usa a causa della posizione dell’Amministrazione Trump sul libero scambio commerciale.

Il segretario al commercio americano Wilbur Ross ha affermato, per contro,  che esiste la possibilità di ritorsioni da parte della Cina in seguito all’introduzione dei dazi, spiegando che le guerre commerciali sono combattute ogni singolo giorno e che ogni giorno qualcuno cerca di violare le regole e ottenere vantaggi.

Ieri il premier indiano Narendra Modi, in un discorso a difesa dell’apertura agli scambi contro la tentazione di chiudersi in se stessi, aveva sostenuto che il protezionismo e la tentazione di riportare indietro le lancette dell’orologio sul tema della globalizzazione rappresentano una minaccia non meno preoccupante del cambiamento climatico e del terrorismo. Un intervento in netta contrapposizione all”America First’, il concetto cui il presidente Usa Trump ha improntato la sua presidenza e che ribadirà qui a Davos venerdì.

 Intanto appare incerta la presenza di Trump al vertice a causa dello shutdown. ‘Non so se sia possibile. Immaginerei di no. La nostra priorità è la riapertura del governo’,  ha detto la portavoce della Casa Bianca Sarah Huckabee Sanders sulla partecipazione del presidente Usa Donald Trump a Davos in caso di prolungato shutdown. Il direttore per gli affari legislativi alla Casa Bianca, Marc Short, ha detto a Fox Business Network che la presenza di Trump a Davos ‘diventa logisticamente sempre più difficile se il governo è in shutdown’.

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