Case green, primo sí del Parlamento europeo alla Direttiva. Voto contrario di Fratelli d’Italia

È arrivato il primo via libera dalla Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo alla proposta di revisione della direttiva europea sulle case green che tanto sta facendo discutere. Seguiranno a marzo l’esame in Plenaria e successivamente il negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio. Il percorso sarà ancora lungo e il testo della direttiva Energy performance of building direttive (Epbd) potrà subire modifiche rispetto a quelle già registrate prima di diventare definitivo.

La Relazione ITRE della Commissione Industria del Parlamento europeo sulle case green è stata approvata con 49 voti a favore, 18 contrari e 6 astenuti. Come previsto, sono stati approvati tutti gli emendamenti di compromesso. Gli eurodeputati italiani dei tre partiti della maggioranza hanno votato contro. Via libera dunque alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici.

Nei giorni scorsi i gruppi politici dei Popolari (Ppe), Socialisti (S&D), Liberali (Renew), Verdi e Sinistra hanno raggiunto in Parlamento un compromesso, inserendo nel testo la possibilità per i Paesi membri di valutare diversi fattori come i prezzi delle materie prime troppo elevati, l’impossibilità tecnica di realizzare gli interventi e la scarsa disponibilità di manodopera qualificata. Tali eccezioni potranno essere applicate fino a un massimo del 22% degli immobili (in Italia, sono 2,6 milioni di fabbricati residenziali) e non potranno andare oltre la scadenza del 1° gennaio del 2037.

Già qualche giorno fa, Seán Kelly, relatore del testo per i popolari, al quotidiano economico Il Sole 24 Ore aveva fatto sapere: “Molti Paesi hanno spiegato di ritenere gli obiettivi troppo ambiziosi rispetto al loro parco immobiliare”. Aggiungendo: “Stiamo quindi cercando di introdurre qualche elemento di flessibilità nell’applicazione della direttiva. Nelle nostre discussioni a livello di relatori, c’è l’evidente impegno di trovare una intesa, senza però diluire troppo il testo”.

Come riportato dal Sole 24 Ore, di direttiva europea sulla classe energetica delle case si è parlato nel corso di un incontro organizzato dall’Ufficio del Parlamento europeo in Italia e da Remind. Incontro nel corso del quale Gilberto Pichetto, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ha affermato che la direttiva “va emendata per adattarla al contesto italiano che è speciale rispetto al resto d’Europa”. Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, ha detto: “L’Italia non può affrontare il tema dell’efficientamento energetico degli immobili come gli altri Paesi. Il governo presenterà un suo piano. C’è una peculiarità del nostro Paese e il governo difenderà questa peculiarità”. Adolfo Urso, ministro per le Imprese, ha spiegato: “È nostra intenzione negoziare in Europa per degli obiettivi realistici e modalità di attuazione che non mettano in difficoltà le imprese e le famiglie”.

La direttiva Ue sulle case green prevede un graduale miglioramento dell’efficienza energetica degli immobili. In particolare, prevede una classe energetica obbligatoria minima per gli edifici residenziali pari alla E nel 2030 e alla D nel 2033. E secondo le stime Enea, 11 milioni di abitazioni (il 74%) sarebbero in classe energetica inferiore alla D.

Nello specifico, i possibili immobili esclusi dalla direttiva europea sull’efficienza energetica degli edifici apparterrebbero principalmente a tre categorie: edifici e monumenti sottoposti a tutela (immobili storici o dal particolare valore architettonico); edifici collocati in zone vincolate e protette; edifici residenziali usati meno di quattro mesi all’anno o per un periodo limitato dell’anno o con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo che risulterebbe dall’utilizzo durante tutto l’anno, di fatto le seconde case; edifici di culto; strutture considerate temporanee (uffici di cantiere e stabilimenti balneari).
”Il percorso parlamentare della direttiva sull’efficientamento energetico sta peggiorando il testo licenziato dalla commissione Ue. Siamo tutti d’accordo del fatto che un edificio in grado di consumare meno energia sia un obiettivo utile da conseguire, innanzitutto sul fronte del risparmio in bolletta, prima ancora che su quello dell’impatto sull’ambiente”. Così in una nota gli eurodeputati di FdI-Ecr Nicola Procaccini, responsabile Ambiente ed Energia di FdI e Pietro Fiocchi, componente della commissione Energia.

“D’altra parte -sottolineano- l’emendamento di compromesso che si voterà in Commissione ITRE non va nel senso che noi auspicavamo, ovvero di una maggiore ragionevolezza e flessibilità, ma anzi va nella direzione di un ulteriore radicalismo ed irrigidimento rispetto agli obiettivi che vengono posti.

“Resta da sperare che in fase di trilogo, il Consiglio europeo -sottolineano- possa come capita spesso, far valere il suo pragmatismo e quindi correggere gli indirizzi di Commissione e Parlamento  europeo, improntanti di un radicalismo che non aiuta l’ambiente e di sicuro danneggia pesantemente l’economia. Svalutando al contempo il patrimonio immobiliare delle famiglie italiane che, a differenza del resto d’Europa, sono molto spesso proprietarie delle case in cui vivono”.

La Direttiva europea, infatti, non tiene in alcuna considerazione la profonda diversità del patrimonio edilizio italiano rispetto a quello degli altri Paesi europei, -oltretutto costituito da immobili realizzati in epoche anche molto lontane nel tempo ed in contesti unici dal punto di vista territoriale, storico, artistico, culturale.

Questo patrimonio edilizio, secondo i due dirigenti di Federproprietà è tradizionalmente di proprietà diffusa dei privati, delle famiglie, che per questo “sogno” hanno finalizzato da sempre i propri risparmi; (si calcola che siano circa 10 milioni le famiglie, che dovrebbero eseguire lavori fra il 2030 ed il 2033, con costi di migliaia di euro per ogni appartamento). Secondo Federproprietà-Arpe, ancora prima di imporre l’efficientamento energetico, bisognerebbe affrontare il problema della messa in sicurezza di questo patrimonio che per la fragilità del territorio deve sopportare gravissimi eventi sismici e calamitosi, che frequentemente funestano il nostro Paese: realizzare “il cappotto termico” di un edificio senza preoccuparsi di verificarne la salute strutturale appare illogico ed incoerente.

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