Demopolis: FdI guadagna 6 milioni di voti in 4 anni

Giorgia Meloni ha sedotto gli italiani ed è stata la leader più convincente nell’ultimo mese di campagna elettorale. Con una crescita di voti esponenziale. “Alle politiche del 25 settembre Fratelli d’Italia – con 7 milioni e 300 mila voti – ha guadagnato quasi 6 milioni di elettori in poco più di 4 anni”. Così l’istituto Demopolis, che ha analizzato i flussi elettorali e la provenienza dei ‘nuovi’ consensi al partito della Meloni, rispetto al voto del 2018.

Degli oltre 7 milioni di elettori odierni, 18 su 100 avevano già votato Fratelli d’Italia alle ultime politiche. I dati più significativi sono costituiti dai voti in ingresso, non solo dall’area di Centrodestra. “Il 30% degli elettori di FdI proviene dai 5Stelle, il 12% da Forza Italia”, ricostruisce Demopolis. Il flusso più imponente proviene però dal partito di Salvini: 33 elettori attuali su 100 della Meloni nel 2018 avevano scelto la Lega nel 2018.

“Per un terzo degli italiani – spiega il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento – Giorgia Meloni è stata la leader più convincente negli ultimi 30 giorni di campagna elettorale’. Il 18%, invece, indica Giuseppe Conte. La strategia comunicativa dell’ex premier avrebbe determinato una rimonta elettorale, concentrata in particolar modo nelle regioni del Sud. Il 9% degli italiani sceglie Carlo Calenda. Indicazioni inferiori per Berlusconi e Letta. Quattro italiani su 10 non hanno invece ritenuto credibile alcun leader politico.

Intervistato dal Corriere della Sera il cardinale Camillo Ruini, che con i suoi 91 anni, sedici dei quali da presidente dei vescovi italiani, restituisce una lettura lucida del voto, lontana da qualsiasi pregiudizio, utile a chiarire lo sguardo del mondo cattolico, ma non solo. Un’intervista nella quale offre anche un punto di vista personale su Giorgia Meloni, che ha avuto modo di incontrare in tre occasioni, una ai tempi in cui era ministro della Gioventù e due più recenti.  «Per me – ha spiegato il cardinale – è una persona simpatica e “tosta”, come si dice a Roma. Una chiave del suo successo è la chiarezza e la coerenza delle sue posizioni. Mi è sembrata molto perspicace, rapida nell’inquadrare i problemi».

Il risultato di Giorgia Meloni, che, da destra, è proiettata a diventare il primo presidente del Consiglio donna in Italia, non ha stupito Ruini. «Me l’aspettavo perché ne vedevo l’ascesa. Mentre a sinistra non mi pare ci siano oggi donne di grande rilievo politico», ha spiegato il cardinale, aggiungendo che, se è presto per dire se il risultato del 25 settembre sarà «”storico” in senso forte», certamente comunque «troverà posto nei libri di storia, italiana e anche europea».

Per Ruini, bisognerà insomma vedere come Meloni governerà: «Ha esperienza politica, ma poca esperienza di governo. In questo dovrà imparare molto». Ma, ha sottolineato l’ex presidente della Cei, «in previsione del successo, ha provveduto a rinforzare la sua squadra con personalità e competenze anche esterne al suo partito, e penso che continuerà su questa linea. Non saprei quanto sia competente in economia. L’importante – ha aggiunto – è che scelga i ministri “giusti”, in una situazione economica estremamente difficile per l’Italia e per l’Europa.

Quanto alla natura del voto che ha premiato in maniera così netta FdI, Ruini non ritiene che sia stato di protesta. «La protesta – ha chiarito – si è sfogata nell’astensione. È vero invece che in lei molti hanno visto un leader». E un leader che ha saputo parlare ai cittadini. Il cardinale ha rimarcato, infatti, la distanza che tra le elites, che tradizionalmente si riferiscono alla sinistra, e il popolo. «La cultura politica prevalente è a sinistra; ma il Paese è in buona parte a destra, anche se in maniera meno netta», ha detto, sottolineando che «è una contraddizione che esiste in tutte le democrazie: gli intellettuali spesso sono progressisti; la gente bada agli interessi concreti e tende a essere più conservatrice. Ora il distacco tra élites e popolo si è fatto più evidente; anche se poi, come sta accadendo anche in questi giorni, le élites tendono ad allinearsi…».

La «scommessa» che si pone ora davanti a Meloni è, per il cardinale, saper «rappresentare le istanze dei moderati», dissipando così le «preoccupazioni» manifestate dagli osservatori esteri rispetto a un fantomatico ritorno al fascismo. Per Ruini «il nuovo governo dovrà comunque tenerne conto e smentirla con le sue scelte. La difesa degli interessi dell’Italia è legittima e doverosa; ma può realizzarsi solo nel contesto dell’unità europea. Dell’Europa abbiamo bisogno».

Meloni, ha chiarito Ruini, parlando anche delle aspettative degli italiani, «ovviamente deve cercare di governare il meglio possibile; e purtroppo non è detto che basti. La nostra Repubblica ha il problema della debolezza strutturale del potere esecutivo. Oso sperare che in questa legislatura si riesca a trovare un modo per rafforzarlo e consolidarlo, con il consenso più largo possibile». «Anche con il presidenzialismo?», è stata la domanda. «Presidenzialismo americano, semipresidenzialismo francese, premierato inglese, cancellierato tedesco: ci sono molte formule. Solo in Italia – ha risposto il cardinale – abbiamo un potere esecutivo praticamente inerme».

Sulle scelte di voto di oltre l’80% degli italiani – continua il report sui flussi elettorali – hanno inciso il partito o il leader. Soltanto una minoranza del 16% ha espresso una preferenza tenendo conto dei candidati presenti nel proprio collegio. “Che, del resto, risultavano sconosciuti ai più anche nello stesso giorno delle elezioni”.

Analizzata anche l’affluenza alle urne, la più bassa mai rilevata dal dopoguerra. Tra le ragioni del non voto (16 milioni di italiani) al primo posto si trovano la delusione e la sfiducia verso i partiti, al primo posto. Per il 53% la politica non è più in grado da tempo di incidere sulla vita reale delle famiglie.

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