Senato: Meloni a Conte il fax con cui diede assenso al Mes mentre era in carica solo per gli affari correnti

Giorgia Meloni, in replica al Senato sulle comunicazioni in vista del Consiglio Ue, si rivolge a Giuseppe Conte sul Mes: «Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo». La premier mostra il fax inviato all’allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio in cui lo autorizzava a siglare il Mes. «Il governo Conte alla chetichella, col favore delle tenebre, ha dato l’assenso al Mes». E lo ha fatto – accusa ancora Meloni-  «il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti». Meloni ricorda che il governo Conte «è quello che ha venduto più armi a Israele negli ultimi anni». E questo «la dice lunga sulla propaganda».

Poi parla del Supebonus, misura che ha mandato in tilt i conti pubblici. «Abbiamo smesso di buttare i soldi dalla finestra con i bonus monopattini, i banchi a rotelle, il reddito di cittadinanza, il superbonus. E io non la chiamo austerità, la chiamo serietà. Stiamo riparando ai danni fatti dai precedenti governi. Ognuno dovrà fare i conti con la propria coscienza per aver immaginato così male uno strumento che pur nasceva con giusti intenti, il Superbonus, nel più grande regalo ai truffatori. Una misura che sottrae 20 miliardi all’anno alla spesa pubblica».

La senatrice M5S Maria Lucia Lorefice rivendica la grandezza dei dati a doppia cifra sul Pil durante i governi Conte. Ma il premier la smentisce. «Lei omette un particolare: quello che è accaduto mentre si usciva dalla pandemia, in economia si definisce il “rimbalzo del gatto morto”: se si getta un gatto dalla finestra e il gatto muore, rimbalza. Il Pil nell’anno precedente era sprofondato. Più di quanto fossero sprofondati i Pil del resto d’Europa. un dato di cui, fossi un esponente del M5S, non mi vanterei è la stilettata della premier.

«Abbiamo una strategia», afferma, «e capisco dia fastidio.  Molti colleghi europei mi dicono: “hai riportato l’Italia al centro delle discussioni europee”. Vi racconto una storia – prosegue -. Uno di questi leader di cui non faccio il nome, intervistato, dice che oggi c’è una Italia aperta, pragmatica. E con un suo punto di vista, una sua soggettività». E, sorpresa: un’intervista data a «un quotidiano non proprio amico» e che «non è stata pubblicata».

Il presidente del Consiglio passa a parlare del successo per le rate ottenute del Pnrr, in base alla rimodulazione operata dal governo.  La linea seguita dall’Italia sul Piano «sarebbe stata folle e avrebbe portato quasi l’Italia fuori dall’Europa. Questo racconto sempre francamente un po’ distorto e distruttivo non fa stato del ruolo dell’Italia e di quello che noi possiamo ottenere con un po’ di pragmatismo e un po’ di buon senso. Quello che noi abbiamo dimostrato è che le cose, se fatte bene, si possono ottenere. Sono d’accordo con chi ricordava che si è tifato più perché all’Italia non venisse pagata la terza del Pnrr che alla finale di Coppa Davis». Invece, siamo riusciti ad ottenere il pagamento della terza reta del Pnrr. Ad essere la prima nazione in Europa alla quale viene pagata la quarta rata del Pnrr. Ed entro la fine di quest’anno consegneremo tutti gli obiettivi della quinta rata del Pnrr. Nel contempo abbiamo revisionato il Piano».

Meloni si sofferma  sulla riforma del patto di stabilità. «La trattativa è molto serrata, le posizioni di partenza sono distanti e penso che la posizione italiana si debba decidere alla fine- osserva-. Voi sapete che noi continuiamo a rivendicare una riforma del patto di stabilità e crescita che tenga conto di una strategia che l’Europa si è data». E «non posso non esprimere una punta di soddisfazione per qualche progresso che viene fatto. La nostra richiesta è che non si tenga conto degli interessi sugli investimenti fatti non solo per il triennio 2025-2027. Se non si trova un accordo torniamo ai precedenti parametri. Quindi bisogna vedere tutte le ipotesi in campo. Ma io farò uno sforzo per far capire agli altri che quello che stiamo proponendo è utile a tutti. Altrimenti non escludo il veto del nostro Paese», ha poi specificato la premier.

Altro tema cruciale. «Si cerca di fare tutto il possibile per smontare il lavoro faticoso» del governo sul fronte dei migranti: «Mi ha colpito la reazione del Pd», incalza Meloni. Sull’accordo con Tirana, che «non viola il diritto internazionale, sono rimasta basita quando qualcuno ha paventato l’espulsione di Rama dal Pse; per aver osato di aiutare l’Italia. Questo la dice lunga sul punto di vista che si ha sull’anteporre gli interessi di partito a quelli della Nazione. Io continuo a ritenere – prosegue-  che sia un enorme errore in politica estera sovrapporre i rapporti fra governi alle logiche di partito. È una stupidaggine che comporta delle enormi contraddizioni. Perché io ricordo una sinistra che mi ha sempre parlato di una Europa di serie a ed una di serie b: dove l’Europa di serie b erano i paesi di Visegrád. Ma ma ora che la Polonia è governata da Tusk – sfida Meloni le opposizioni-  continuerete a parlare della Polonia come una nazione di serie b? O magicamente diventerà di serie a? “La politica estera non si fa cosi. Perché si colpiscono gli interessi della propria Nazione. La politica estera deve saper parlare con tutti. Ed è quello che cerco di fare io ogni giorno. Ben sapendo – precisa – che su ogni dossier le mie posizioni non si sovrappongono quasi mai con quelle degli altri».

«Tutti sanno cosa penso di Mario Draghi, particolarmente della fermezza che Mario Draghi ha avuto sulla questione ucraina; con una maggioranza che era molto difficile da gestire da questo punto di vista. Quello che cercavo di spiegare è che la fermezza che è stata dimostrata non si risolve con la foto sul treno con i francesi e i tedeschi. Io sono salita sullo stesso treno per andare a Kiev. Però c’è stata un’Italia che in passato ha ritenuto che tutto il suo ruolo fosse quello di aspettare a vedere cosa facevano Francia e Germania e accodarsi; sperando di infilarsi dentro una fotografia. Io non penso che questa sia la politica estera. Ma questo non vuol dire che non abbia buoni rapporti con la Francia, con la Germania; che non abbia le mie foto con Orban, con Scholz, con Macron, con chiunque».

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