”La prima è quella dell’energia che ha raggiunto dei picchi incredibili l’anno scorso. E rimane la sfida da risolvere”, ha spiegato il ministro. L’altra è una sfida ”che conoscevamo nel decenni passati e avevamo in qualche modo dimenticata. E che si chiama da un lato inflazione, che è una brutta bestia, che era uscita dal vocabolario, e l’aumento dei tassi di interesse”. Chiarimenti necessari per mettere a fuoco la posta in gioco e gli ostacoli da superare. La situazione attuale implica dunque ”sul bilancio dello Stato una cautela e un’attenzione che deve essere massima”, ha aggiunto.
”Al ministro dell’Economia compete certo avere l’attenzione per le legittime richieste che arrivano. Ma dosarla con attenzione rispetto al fatto che noi abbiamo dei clienti, che si chiamano risparmiatori. Che comparano debito e che devono continuare a comprarli. Altrimenti il bilancio si può scrivere ma poi non si può neanche pagare quello che c’è scritto” . Adesso Giorgetti dice di confidare nel Parlamento. ”Ho visto tanta polemica in questi giorni. Però sono abbastanza vecchio dei lavori di commissione Bilancio per dire che si è ripetuto un rito. Che non è razionale e lineare ma tipico, con cui si approva il bilancio in questo paese”.
Il governo è consapevole del fatto che le misure per mitigare i costi dell’energia potrebbero essere rinnovate, ha detto ancora. “Lo abbiamo detto e lo ribadisco. Probabilmente tra due mesi saremo ancora alle prese con qualche misura da fare se la situazione non si risolve, come temo, nel brevissimo termine”. Del resto – aggiunge – “come hanno fatto i governi precedenti la situazione dovrà essere continuamente e costantemente aggiornata. Per dare questo tipo di risposta. Probabilmente ogni due o tre mesi dovremo aggiustare il tiro, perché questo ci richiede la situazione”.
”Questa misura” sul gas è stata «a lungo reclamata dall’Italia. Ci siamo riusciti grazie al presidente Meloni e il tetto finalmente si è realizzato. L’Italia è stata protagonista della battaglia in Europa». Lo sottolinea il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
«Forza Italia vuole lo scudo penale per i reati fiscali? È una richiesta di una forza di maggioranza, il governo ha una sua rotta, il clima nel governo è straordinario, si va avanti sulla base di un mandato elettorale, ogni forza fa le sue richieste, non tutte saranno accolte», dice il ministro.
Rush finale per la legge di Bilancio in Parlamento. Al via, nell’aula della Camera, la discussione generale sul provvedimento in attesa della questione di fiducia che il governo porrà in giornata per blindare il passaggio a Montecitorio. I tempi sono strettissimi: una volta ricevuto il via libera dell’emiciclo, il testo passerà al Senato per l’approvazione finale che dovrà avvenire entro il 31 dicembre se l’esecutivo vorrà evitare l’esercizio provvisorio.
Tra i banchi del governo siede il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Subito scintille tra la maggioranza e l’opposizione. Il capogruppo di Verdi-Sinistra in commissione Bilancio Marco Grimaldi attacca l’esecutivo: “A lavorare male, ad aspettare per una settimana gli emendamenti, proporre più di duecento articoli, di cui cento marchette territoriali, si sbaglia sapendo di sbagliare e questo fa male solo al Paese”. Nel mirino l’emendamento, a firma Fratelli d’Italia, per l’abbattimento della fauna selvatica anche nelle aree urbane. Grimaldi ha chiesto alla presidenza della Camera di poter votare una proposta di modifica soppressiva prima che il governo ponga la fiducia. “Questa norma – ha detto il deputato – viola le direttive europee e la Costituzione”. Replica secca del capogruppo di Fratelli d’Italia Tommaso Foti: “Questo è il Parlamento, non la Corte Costituzionale, chiedo che si rispetti il regolamento e i precedenti”. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che presiede la seduta, ha riferito che la presidenza al momento “non è in grado di fornire risposte”.
Per la manovra è atteso un ritorno in commissione Bilancio al termine della discussione generale. Il governo sta valutando lo stralcio di un emendamento, approvato per errore durante la seduta notturna tra martedì e mercoledì, che stanzia 450 milioni in favore dei Comuni. La proposta, avanzata dal Pd, non ha però le coperture.
Così è spuntata nuovamente l’ipotesi di un “ritorno in Commissione per correzioni tecniche”. Non è solo una questione di coperture. Mancherebbero pezzi di emendamenti tali da stravolgere il senso dell’emendamento licenziato. Cose che succedono quando si arriva al 21 dicembre e la manovra non è stata approvata neppure da un ramo del Parlamento. Quest’anno il caos però ha superato l’immaginabile. E non è “pronta” neppure Giorgia Meloni. Ieri mattina, dopo che martedì pomeriggio era intervenuta di persona per stoppare il caso del condono penale per reati tributari e fiscali, la signora Presidente del Consiglio ha rinunciato a presiedere il Consiglio dei ministri. La motivazione ufficiale è ancora quella maledetta febbre che certo il ritmo degli impegni in queste settimane non aiuta a cacciare indietro. E però gli osservatori delle cose di palazzo non possono non notare come queste indisposizioni – febbre o meno – sopraggiungano proprio quando il gioco si fa duro. È successo due settimane fa ad Alicante per il vertice Euro-Med dopo il gelo diplomatico con Macron. È successo di nuovo ieri dopo 72 ore pazzesche in commissione Bilancio in cui è successo di tutto.
Colpa degli emendamenti selezionati che da 450 sono diventati meno di duecento. E delle risorse disponibili: erano stati previsti 400 milioni per i gruppi parlamentari. Ne sono rimasti 130 perché gli altri se li è presi il governo. Ma i parlamentari legano il proprio mandato proprio alla possibilità di rispondere, con la legge di bilancio, alle richieste del territorio. “Su ogni misura – racconta con amarezza un membro del governo – dal Pos ai contanti, dalle pensioni allo scudo penale per i reati tributari la maggioranza inizia che è d’accordo ma appena approfondisce il dossier si divide, si irrigidisce e non fa alcuno sforzo per ricucire. Ecco perché sono saltate molte norme”. È andata così col Pos, dove alla fine ha prevalso la linea del ministro Giorgetti rispettosa dei rilievi fatti a Bruxelles mentre Fratelli d’Italia voleva a tutti i costi levare l’obbligo. Anche solo per una cifra simbolica, “anche 10 euro” diceva qualche giorno fa il sottosegretario Fazzolari. È andata così sullo scudo penale. L’emendamento c’era, era scritto, portava la firma di tutti e tre i gruppi ma Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia se n’è uscito l’altra sera dicendo che era “la proposta di un singolo”. Cioè il viceministro Francesco Paolo Sisto di Forza Italia. Falso: “Era d’accordo anche il viceministro all’Economia Maurizio Leo di Fratelli d’Italia”.
La legge di bilancio sarà approvata. Tra il 23 e il 24 alla Camera. Probabilmente il 28 al Senato. In modo che Meloni possa affrontare la conferenza stampa di fine anno con il dossier chiuso. Ma in realtà se ne saranno aperti molti altri.