“La carne di laboratorio è una minaccia”: 11 Paesi Ue seguono l’Italia. “No assoluto alla carne coltivata”: Carlo Petrini di Slow Food

‘La carne coltivata in laboratorio rappresenta “una minaccia” ai “metodi di produzione alimentare genuina che sono al centro del modello agricolo europeo’. Lo scrivono Italia, Francia e Austria in una nota congiunta inviata all’Ue e sostenuta da altri 9 Paesi al Consiglio Agricoltura a Bruxelles.

Le delegazioni di Roma, Parigi e Vienna mettono in guardia da “nuove pratiche” che “includono la produzione di carne con la tecnologia delle cellule staminali, che richiede tessuti di animali vivi”. Nel documento si evidenzia che  “lo sviluppo di questa nuova produzione di alimenti coltivati in laboratorio solleva molte questioni che devono essere discusse a fondo”.

Il documento di Italia, Francia e Austria riceve il sostegno anche di Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia. I dodici Paesi chiedono che, “prima di qualsiasi autorizzazione” al commercio, la Commissione europea lanci “una vera e propria consultazione pubblica sulla carne coltivata in laboratorio” e conduca una “valutazione d’impatto completa e basata sui fatti”. I firmatari fanno appello a “un approccio trasparente, scientifico e globale per valutare lo sviluppo della produzione di carne basata su cellule artificiali”. La valutazione d’impatto, viene evidenziato, dovrà affrontare “questioni etiche, economiche, sociali e ambientali, oltre che nutrizionali, di sicurezza sanitaria, di sovranità alimentare e di benessere animale”. Inoltre, si legge ancora nel documento, “in base a quanto previsto dalla normativa comunitaria sulla definizione di prodotti a base di carne, i prodotti a base di cellule non potranno mai essere definiti carne”. Una posizione accompagnata dalla richiesta a Bruxelles di “garantire che i prodotti coltivati artificialmente in laboratorio non vengano mai promossi come alimenti autentici o confusi con essi”.

“La nota congiunta dell’Italia con Parigi e Vienna sulla carne sintetica dimostra tutta la capacita’ del governo Meloni di anticipare le soluzioni e di essere capofila anche nell’agroalimentare”, commenta Augusta Montaruli. Per il vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera,”il ministro Lollobrigida sta riuscendo a difendere non solo i cittadini italiani ma anche quelli europei, al contrario di quanto speravano i pasdaran del prodotto da laboratorio. La nota è un ennesimo successo all’insegna del diritto al cibo di qualità e alla difesa della salute delle persone. Siamo convinti che il provvedimento approvato dal parlamento italiano solo poche settimane abbia fatto coraggiosamente da apripista ad un dibattito più che mai necessario e a una presa di posizione doverosa”.

«Dichiaro il mio assoluto rispetto per la ricerca scientifica. So che la carne coltivata può avere un eventuale uso medico. Dunque resto a guardare» ma per quanto riguarda l’uso alimentare «oppongo il mio No assoluto». Con queste parole Carlo Petrini fondatore di Slow Food in un’intervista a La Stampa, si allinea alla scelta del governo Meloni sulla messa al bando alla carne sintetica. Misura condivisa da altre 11 nazioni dell’Unione europea.

«Intanto – spiega Petrini – per una forma di precauzione verso la salute di ognuno di noi. In secondo luogo perché significherebbe fare ricorso a un consumo di energia spropositato. Le mie perplessità sulla carne coltivata sono anche legate al fatto che c’è poca informazione. Parliamo di prodotti iper-processati di cui non si sa quasi nulla. E che peraltro sono in mano a poche multinazionali. Come è noto io rivendico l’urgenza di difendere i piccoli allevamenti virtuosi».

Questa società secondo Petrini «dispone di troppo cibo ed è afflitta da troppa malnutrizione. Lo spreco alimentare è inaccettabile: il 33% degli alimenti prodotti viene buttato via. Siamo schiavi di un modello che non funziona». Inoltre si vive un paradosso cioè «cibo di scarsa qualità consumato dalla gente povera ma realizzato da produttori ricchi che ottengono molti contributi. E cibo di alta qualità per gente ricca realizzato da produttori che guadagnano poco e che non hanno nessun sussidio». Il rischio inoltre è quello di una «rottura culturale tra il mondo agricolo e quello ambientalista. Per cui direi agli ambientalisti: portate avanti le vostre istanze nel rispetto delle esigenze dei contadini – conclude -. Esigenze che noi di Slow Food cerchiamo di tutelare da trent’anni. Anche Terra Madre è nata per questo’.

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