Israele-Hamas, è ormai guerra totale

Il 7 ottobre, i militanti di Hamas hanno lanciato un attacco a sorpresa contro Israele, uccidendo centinaia di civili e rapendone altri. Israele ha risposto bombardando la Striscia di Gaza, mentre intanto i primi rinforzi militari sono stati inviati all’esercito. Con l’attacco di Hamas a Israele l’Italia si blinda, lo ha confermato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che in visita alla Sinagoga di Roma ha messo in guardia dal “rischio di emulazione degli atti criminali che potrebbero arrivare anche da noi”. Ma cosa prevede il piano anti terrorismo italiano? E quando è stata l’ultima volta che è stato aggiornato? In materia di anti terrorismo, l’Italia è attualmente dotata di una legislazione in linea con quanto previsto a livello internazionale. Il nostro ordinamento, dopo gli attacchi del 2001 alle Torri Gemelle, ha gradualmente abbandonato il quadro normativo approvato per fronteggiare la minaccia terroristica degli anni ’70 del secolo scorso per adeguarsi, coniugando misure repressive con intenti di prevenzione del fenomeno. La comunità internazionale ha sviluppato, fin dall’11 settembre 2001, iniziative volte alla prevenzione ed al contrasto della minaccia terroristica, utilizzando di volta in volta strumenti militari, di “law enforcement” o affrontando, sotto il profilo della prevenzione, anche quelle condizioni di natura sociale ed economica che possano favorire la diffusione della propaganda estremista e del reclutamento di terroristi. L’Unione Europea ha promosso un approccio basato su indagini investigative, attività di intelligence, confronto politico-diplomatico e dialogo interculturale e interreligioso, ma si è concentrata anche sulla lotta al finanziamento dei terroristi, la sicurezza dei trasporti e su una strategia di contrasto al reclutamento e alla radicalizzazione. A monitorare la situazione in Italia dopo l’intensificarsi del conflitto tra Hamas e Israele, sarà il Dipartimento di Difesa Civile che fa parte del Ministero dell’Interno. I recenti fatti in Medio Oriente hanno riportato l’attenzione del mondo sul conflitto israelo-palestinese, con un conseguente e ancora crescente interesse globale intorno alla domanda: “Quali paesi sostengono Israele? E quali Hamas?”, mentre qualcuno nel nostro Paese si chiede invece, da che parte ha deciso di stare l’Italia. Riassumere una guerra che va avanti da così tanto tempo non è semplice, ma fare chiarezza su quelle che sono le attuali alleanze può aiutare a contrastare la costante disinformazione sui recenti fatti di cronaca, le news e gli aggiornamenti che continuano ad arrivare in questi giorni. Dopo l’attacco di Hamas, la svolta del conflitto ha portato a un aumento del numero di nazioni che sostengono apertamente Israele, con diversi paesi che hanno espresso la loro solidarietà. Il conflitto tra israeliani e palestinesi divide l’opinione pubblica internazionale da decenni e di fatto non è semplice capire questo intricato mosaico politico. Ma proviamo a fare il punto. I Paesi che sostengono Israele: tra i paesi che hanno espresso il loro sostegno a Israele ci sono Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Francia, Norvegia, Austria, Germania, India, Canada, Polonia, Spagna e persino l’Unione Europea collettiva, Italia compresa. La maggior parte ha espresso il proprio sostegno al diritto di Israele all’autodifesa contro i gruppi terroristici di Hamas. I primi a riconoscere lo Stato di Israele nel 1948 sono stati gli USA e ancora oggi ne sono uno stretto alleato, rientrando infatti tra i Paesi che hanno fornito e stanno continuando a fornire armi a chi combatte. Gli americani però non sono i soli. Proprio in questi giorni, infatti, i leader di Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna si sono uniti agli Stati Uniti nel rilasciare una dichiarazione congiunta di “sostegno fermo e unito allo Stato di Israele”, condannando gli “spaventosi atti di terrorismo” di Hamas. “I nostri paesi sosterranno Israele nei suoi sforzi per difendere se stesso e il suo popolo da tali atrocità”, hanno affermato Biden, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico Rishi Sunak, il primo ministro italiano Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. A questi si sono aggiunte altre nazioni occidentali, tra cui Australia, Canada e Nuova Zelanda, che hanno condannato Hamas e hanno rilasciato dichiarazioni pro Israele. Anche l’India, una nazione che esercita una crescente influenza sulla scena globale, ha offerto sostegno a Israele. Subito dopo l’attacco, il primo ministro indiano Narendra Modi ha scritto su X (Twitter): “Profondamente scioccato dalla notizia degli attacchi terroristici in Israele. I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con le vittime innocenti e le loro famiglie. Siamo solidali con Israele in questo momento difficile”. Di seguito l’elenco degli alleati di Israele, dei Paesi cioè che apertamente hanno offerto e confermato il loro sostegno: Stati Uniti,  Regno Unito, Australia, Francia, Italia, Norvegia, Austria, Germania,India, Canada. Si tratta in questi casi di supporto a vario titolo, a volte semplicemente diplomatico, altre (come nel caso USA) anche militare. I Paesi che supportano Hamas: col tempo sono stati diversi i Paesi che si sono schierati con Hamas o che, più o meno dietro le quinte, hanno contribuito a supportare il gruppo. L’Iran, tra tutti, si distingue come principale sostenitore, infatti offre sostanziale assistenza finanziaria e militare, anche se ha negato un diretto coinvolgimento nei recenti attacchi. Anche il Qatar ha svolto un ruolo significativo, fornendo sostegno finanziario e ospitando i leader di Hamas. Inoltre, paesi come la Turchia, il Libano, la Siria, lo Yemen, la Lega Araba e la Giordania hanno mostrato in varie occasioni il proprio sostegno. Di seguito l’elenco dei Paesi che supportano Hamas: Iran, Qatar, Turchia, Libano, Siria, Yemen, Lega Araba, di cui fanno parte Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Iraq, Libano e Siria. L’Italia, insieme a Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, ha firmato una dichiarazione congiunta in la quale ha espresso “sostegno fermo e unito” allo Stato di Israele e la “condanna inequivocabile” di Hamas. La dichiarazione è stata rilasciata dopo una telefonata tra il primo ministro britannico Rishi Sunak, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Insieme, i cinque paesi costituiscono l’organizzazione internazionale Quint, con cui – di fatto – hanno ribadito quella che è la propria posizione in questo conflitto. Nonostante la condanna di Hamas, la dichiarazione ha riconosciuto comunque qualche concessione a quelle che definisce le “legittime aspirazioni” del popolo palestinese: “Tutti noi riconosciamo le legittime aspirazioni del popolo palestinese e sosteniamo pari misure di giustizia e libertà sia per israeliani che per palestinesi – si legge -. Ma attenzione: Hamas non rappresenta quelle aspirazioni e non offre nulla al popolo palestinese se non altro terrore e spargimenti di sangue”. La comunità internazionale deve prendere sul serio la situazione e lavorare insieme per prevenire una possibile escalation. La diplomazia, il dialogo e la cooperazione tra le nazioni sono fondamentali per evitare che una situazione già critica sfoci in una guerra su vasta scala. Tuttavia, è fondamentale ricordare che il futuro non è scritto, e dipenderà dalle azioni e dalle decisioni delle nazioni del mondo nel tentativo di preservare la pace e prevenire un conflitto su vasta scala. La storia ci insegna che è possibile evitare simili disastri, ma solo se agiamo in modo responsabile e solidale a livello internazionale. Le notizie di oggi da Gaza sono sempre più allarmanti: niente acqua, luce, benzina, finché gli ostaggi israeliani non torneranno a casa, dice il ministro dell’Energia. Condividiamo un altro racconto analogo da Gaza della volontaria Jumana Shanin. La Bbc scrive che al principale ospedale di Gaza City restano solo quattro giorni di carburante di riserva per i generatori. Un tempo gli ospedali erano zona franca nei conflitti, mentre adesso la cura, il soccorso sono diventati un obiettivo. La Cina è profondamente preoccupata per l’attuale escalation di tensione e violenza tra Palestina e Israele. Lo ha detto un portavoce del ministero degli Esteri cinese. La Cina chiama «le parti pertinenti a mantenere moderazione e calma, a fermare immediatamente gli scontri, a proteggere i civili e a impedire alla situazione di avviarsi verso un deterioramento». La nota rimarca le difficoltà e «la stagnazione a lungo termine dei processi di pace» ormai insostenibili. Il modo fondamentale per placare le ostilità «risiede nell’attuazione dei `due Paesi´ e nella creazione di uno stato palestinese indipendente». La creazione di uno stato palestinese indipendente è quello che si augura chi è ben distante da logiche di sopraffazione ma è spinto da logiche di pace, di convivenza e di coesistenza,  che possono manifestarsi anche nelle discordanze, siano esse storiche o religiose.

Andrea Viscardi

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