Il Movimento Cinque Stelle pensa di sfiduciare Beppe Grillo

I deputati M5S si sfogano in assemblea dopo aver assistito allo scontro durissimo tra il fondatore del Movimento e l’ex premier. E si dividono. Con Grillo o con Conte? La spaccatura tra gli eletti emerge nel momento forse più drammatico della storia cinquestelle. Ed è tra i gruppi di Camera e Senato che si gioca la partita, 237 parlamentari in tutto, riuniti  in due assemblee distinte a Montecitorio e a Palazzo Madama.

“Ricordiamoci che è stato Beppe a portarci qui dentro”, ricorda Stefano Buffagni ai presenti alla riunione serale convocata nell’Auletta dei gruppi alla Camera. L’ex viceministro dello Sviluppo economico prova a fare da paciere: “Per una volta chiediamo noi a Beppe e Giuseppe responsabilità. Vediamoci e capiamo come difendere un sogno comune”. E avverte: “Qualsiasi cosa si deciderà, dobbiamo garantire che ci sarà agibilità coordinata in vista del Quirinale. La nostra nemesi non può finire con Berlusconi al Quirinale perché divisi”.

Alberto Zolezzi, grillino della prima ora, si schiera con il cofondatore del M5S: “Servono pesi e contrappesi, non si può dare tutto il potere in mano a una sola persona”. L’ex sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo chiede di preservare i valori del Movimento: “Resti il vincolo dei due mandati”.

Davide Zanichelli critica la scelta di Conte di collocare il M5S nel campo del centrosinistra: “È un errore, noi siamo post ideologici”. Duro nei confronti di Grillo, invece, il vicecapogruppo Riccardo Ricciardi: “Grillo uguale Casaleggio, Beppe vuole farlo rientrare”, attacca il deputato toscano. Che poi rincara: non si può andare avanti con un Movimento il cui garante ha dato del ‘cretino’ il suo presidente del Consiglio. Sulla stessa lunghezza d’onda Gilda Sportiello: “Grillo sta sbagliando”, l’ultima assemblea è stata “uno show di Beppe, senza un momento di ascolto”.

“Conte è stato un ottimo premier ma fare il leader politico è un’altra cosa, non vedo attitudine alla leadership”, il parere dell’ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora. “Non possiamo votare il progetto politico di Conte a occhi chiusi, non lo conosciamo”, dice il deputato Luigi Gallo, che poi si chiede: “C’era qualcuno che lavorava da tempo per fare una scissione?”. In assemblea prende la parola anche l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: “Conte lo abbiamo scelto noi, due volte. Lo stimavamo e lo stimiamo. Lui ha portato i 209 miliardi in Italia… Che facciamo? Rottamiamo le persone come fa Renzi? Sappiamo di aver bisogno di una nuova organizzazione per crescere”, rimarca la parlamentare siciliana. Che aggiunge: “Il M5S non può essere più solo quello delle origini. Ci chiedono soluzioni, non solo proteste. Credo sarebbe opportuno vedere lo statuto per avere consapevolezza e poi decidere”.

A Palazzo Madama, dove si è svolta parallelamente un’assemblea dei senatori, va in onda un altro film: com’era prevedibile, al Senato le voci pro-Conte sono più numerose che alla Camera. Ma anche in questo caso prevale una linea conciliante: “Chiederemo a Conte e Grillo di tornare a dialogare”, spiega un senatore al termine dell’assemblea. Una nota al termine della riunione sottolinea la necessità per il M5S di esaminare il nuovo Statuto, richiesta anticipata anche dalla senatrice Paola Taverna su Facebook. “In un Movimento che della democrazia diretta e della trasparenza ha fatto i propri principali pilastri – si legge nel documento- è indispensabile che il nuovo Statuto redatto da Conte sia condiviso con l’intera comunità 5 Stelle”. Al tempo stesso viene respinto con fermezza il ricorso a Rousseau: “Si ritiene, infine, che alla luce della recente controversia con l’associazione Rousseau, che così gravemente ha rallentato e danneggiato l’immagine del Movimento, sia quanto meno inopportuno il ricorso alla predetta piattaforma”.

Sulla stessa linea anche gli eurodeputati 5S, che pure hanno tenuto  una riunione. Tutti hanno espresso “forte preoccupazione per le sorti del MoVimento 5 Stelle e auspicano che prevalga l’unità”. “Si deve fare di tutto per evitare drammatiche spaccature”, il messaggio che emerge dalla assemblea degli europarlamentari. La delegazione, dunque, si mette a disposizione per contribuire a uscire da questo stallo nel rinnovamento del Movimento 5 Stelle, “inspiegabile agli occhi dei cittadini. Bisogna fare un ulteriore, doveroso, tentativo per avvicinare le posizioni partendo dal lavoro fin qui svolto. A volte serve fare un passo indietro per farne due in avanti. Insieme.

Quando pronuncia la parola “papà”, nel video in cui cerca di riconquistare il sostegno perduto, Beppe Grillo si commuove. “Non sono un padre padrone, sono il papà del Movimento”, ripete. Il fondatore si sente tradito. C’è un pezzo di Movimento che chiede al comitato di garanzia, quindi a Vito Crimi, Roberta Lombardi, Giancarlo Cancelleri, di andare avanti e avvalersi dell’articolo del vecchio statuto secondo cui possono proporre la sfiducia del Garante. Serve la maggioranza assoluta degli iscritti. Servono tantissimi voti, ma qualcuno suggerisce si possano ottenere tenendo aperta la votazione per più giorni, come si fece già nel 2017. Se la mozione non passasse, sarebbero gli esponenti del comitato di garanzia a doversi dimettere. Ma tutti e tre hanno già annunciato di volerlo fare, in disaccordo con Grillo.

Il Movimento che vuole seguire Conte è a un bivio: o il parricidio, per lo meno il tentativo di compierlo, oppure il passaggio a un nuovo soggetto politico. Non è un caso che ieri la vicepresidente del Senato Paola Taverna abbia proposto apertamente di mettere al voto lo statuto e la carta dei valori scritti dall’avvocato, tentando di forzare la volontà del Garante. La prima scelta è quella di sottrarre a Grillo la sua creatura. Ma ce n’è una seconda, che a questo punto appare sempre più probabile.

La rabbia è tale che qualcuno spinge a ipotizzare che anche quella della ‘sfiducia’ sarebbe una strada da valutare. Grillo è stato raggiunto da 6000 ‘vaffa’ in due ore – il senso di alcuni sms che rimbalzano nella chat interne, 28mila follower hanno lasciato la sua pagina Facebook. “E’ evidente che la base è con Conte”, la riflessione che in molti condividono. Mentre la scissione appare ormai a un passo, tutti gli occhi sono puntati sull’ex presidente del Consiglio, che a ore, forse già prima dell’assemblea dei deputati fissata potrebbe tornare a far sentire la sua voce, spiegando cosa intenda fare del proprio futuro.

Il Movimento si appresta a votare un Comitato direttivo? Bene. Ma voti pure sulla propria permanenza al governo». Con i suoi ex-colleghi, Alessandro Di Battista fa l’indifferente, si chiama fuori, annuncia viaggi dall’altra parte del mondo, ma appena può dice la sua: ‘Fino a che il Movimento sosterrà tale governo, un governo dei potenti, io sarò orgogliosamente dall’altra parte della barricata. E la solitudine oggi non mi spaventa più. Questo lo sa Conte al quale in modo chiaro e leale l’ho comunicato alcune settimane fa e lo sa Beppe al quale lo dissi nei giorni in cui si stava pensando al paradossale,  per la storia del movimento,  sostegno al governo di tutti. Quindi  non chiedetemi di prendere decisioni che ho già preso e che, condivisibili o meno, sono decisioni chiare. In bocca al lupo ai miei ex-colleghi’.

‘Non terrò il mio progetto nel cassetto. Non lo faccio fermare da una persona sola, sento il consenso di molti’. Non lascerà la politica, non tornerà a fare il professore, sta tentando in ogni modo di scalare il Movimento, Conte. Ma potrebbe più semplicemente scegliere di svuotarlo, di farlo confluire in un nuovo soggetto, a partire dai dirigenti che già sono con lui. Dal ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli al reggente Vito Crimi, dall’assessora alla regione Lazio Roberta Lombardi fino a un folto numero di senatori. Praticamente il 90% del gruppo a Palazzo Madama. Manda anche rassicurazioni al governo, l’ex presidente del Consiglio, attraverso lo stesso Patuanelli che ieri a Draghi ha spiegato: ‘Nessuno di noi vuole far cadere il governo. I problemi, come quello nato sul cashback, li poniamo con franchezza per risolverli. Il sottotesto è: come può l’altra parte garantire lo stesso all’esecutivo? Se a candidarsi per il direttivo saranno personaggi minori che non hanno mai ricoperto alcun ruolo? Se il più votato l’ultima volta sul blog, dopo Alessandro Di Battista, era stato l’ex iena, ora europarlamentare, Dino Giarrusso?

Beppe Grillo sostiene di aver mandato all’ex premier, domenica, un’ultima mail in cui rinunciava a tutto, rappresentanza all’estero, comunicazione, scelta degli organi politici. Chiedeva solo, dice chi ci ha parlato, che Conte e Crimi mantenessero la promessa fatta: non intaccare le prerogative del Garante. Che invece lo sarebbero state pesantemente, Dove ad esempio c’era scritto “Il Garante è il custode dell’azione politica dell’Associazione”, l’ex premier aveva tolto azione politica. Così come aveva levato al Garante “l’interpretazione autentica non sindacabile” dello Statuto, che in molte cause legali era servita a evitare la sconfitta. E ancora, racconta chi è vicino a Grillo, Conte aveva aggiunto alla possibilità del Garante di sfiduciare il capo politico sentiti gli iscritti, la necessità che a essere d’accordo fossero i tre esponenti del comitato di garanzia. Prevedendo anche il contrario, e cioè che presidente e comitato di garanzia potessero anche proporre la sfiducia del Garante. Una gabbia, non proprio il viatico per una coabitazione tranquilla.

Non si sono ancora espressi Roberto Fico e Luigi Di Maio. La posizione del ministro degli Esteri, che si nasconde in queste ore dietro gli impegni per il G20, è fondamentale. Perché ha un seguito parlamentare compatto. E una profondissima conoscenza del Movimento. Se anche lui si spostasse verso l’ex premier, Grillo potrebbe essere costretto alla resa. Questo pensa chi è vicino a Conte. Senza riuscire a sondare, però, il cuore del capo della Farnesina. Che prende tempo, spingendo per un accordo in extremis che a oggi sembra impossibile.

L’altra gamba del centrosinistra, il Pd, che strategicamente aveva mostrato un afflato fin troppo eccessivo per le magnifiche sorti e progressive di Conte, in subordine per i 5 Stelle, si trova di fronte a quella sposa da maritare che nessuno la piglia. Colpiti, e vedremo se affondati, i piddini, ahi loro proprio nei pressi delle elezioni amministrative che richiederanno molti doppi turni, la va o la spacca, dove i 5 stelle potrebbero essere determinanti per far prevalere il candidato Pd rispetto alla coalizione di centrodestra.

Quello che hanno fatto leader alla Renzi, Salvini, Meloni, in primis Grillo che ha diritto da vendere nel rivendicare la proprietà dei 5 Stelle perché il leader è sempre stato lui, che ha omaggiato carriere parlamentari e ministeriali a persone che mai nella loro vita pensavano di ricevere regaloni così pesanti.

Conte mira a collocarsi con un partito già belle che pronto, i 5 Stelle, e alleati ossequiosi, il Pd e altri, in un suo progettino per altro lanciato nel disinteresse generale della calura estiva e del virus irrisolto. Con un Draghi che non sta solo ridisegnando con il recovery lo sviluppo dei prossimi anni dell’Italia, ma entra a piè pari a ridefinire ruoli, priorità, azione dei partiti, dei leader e della politica in generale.

La rivolta ha due strade. La prima prevede la defenestrazione di Beppe Grillo, lo sfilargli di mano il Movimento 5 stelle e l’archiviazione di una storia lunga quindici anni. La seconda la creazione di gruppi autonomi sotto il nome di Giuseppe Conte, che al Senato assorbirebbero gran parte degli eletti pentastellati, mentre alla Camera si parla di un terzo o poco più dei 161 deputati. Di entrambe le vie si scorgono solo pochi metri, il resto è avvolto nel caos di queste ore, nella confusione di un partito che si ritrova come un formicaio sul quale qualcuno sta pestando un piede.

Dato per assodato che l’ex premier non ha nessuna intenzione di tornare a vita privata ma ha intenzione di battagliare per costruire una nuova offerta politica per il Paese, i suoi fedelissimi stanno accarezzando un’idea che avrebbe del clamoroso: sfiduciare Grillo. Un’ipotesi solo fino a qualche giorno fa fantascientifica, ancora oggi molto complicata ma non impossibile. Lo strumento per la sfiducia è annidato nelle pieghe di quello stesso Statuto uscito fuori dagli Stati generali e brandito da Grillo come pezza d’appoggio per indire la votazione sul Comitato direttivo che soppianterebbe Conte. Una votazione alla quale si potrebbe non arrivare mai. Perché l’articolo 8 così recita: “Il Garante resta in carica a tempo indeterminato e può essere revocato, in ogni tempo, su proposta deliberata dal Comitato di Garanzia a maggioranza assoluta dei propri componenti e ratificata da una consultazione in Rete degli iscritti, purché prenda parte alla votazione la maggioranza assoluta degli iscritti”.

Dunque è prerogativa specifica del Comitato di garanzia di indire il voto di sfiducia, senza passare per il consenso di Grillo. E i tre componenti che attualmente lo compongono sono tutti molto critici con le ultime mosse del fondatore. Roberta Lombardi ha definito senza mezzi termini “un errore” il post dell’ex comico, Vito Crimi e Giancarlo Cancelleri si sono detti entrambi molto delusi, e quasi all’unisono hanno spiegato di “riflettere” sulla propria permanenza nel Movimento. Su tutti e tre in queste ore vengono esercitate fortissime pressioni da parte dei contiani, che accarezzano l’obiettivo di uscire dalla contesa da vincitori totali, avendo sfilato le chiavi e la macchina da quello che ormai viene bollato come un “padre padrone”.

Anche perché lo stesso Statuto specifica che in caso di sconfitta nelle urne digitali, il Comitato di garanzia decadrebbe, e se ne dovrebbe votare uno nuovo. Poco male, almeno per Crimi e Cancelleri, il primo considerato già con le valigie in mano in direzione di Conte, il secondo quasi.

Su dove e come votare si aprirebbe un’altra partita assai complessa, l’ennesimo snodo tecnico-burocratico sul quale la vita associativa del Movimento ormai si inceppa da mesi. Probabilmente sulla nuova piattaforma, anche perché Crimi stesso ha messo nero su bianco il suo niet a qualunque tipo di utilizzo di Rousseau, come chiesto da Grillo per il voto sul Direttorio: “Quella piattaforma è inibita al trattamento dei dati degli iscritti, inoltre violerebbe quanto disposto dal Garante della privacy”.

La seconda strada è in qualche misura più semplice, anche se le insidie e le difficoltà non la rendono così scontata. “Conte farà i suoi gruppi se sarà la base parlamentare a chiederglielo”, spiega uno dei vertici pentastellati. Richiesta che dal Senato è già pervenuta al professore. Tutti i vertici di Palazzo Madama stanno con l’avvocato: da Stefano Patuanelli a Paola Taverna, passando per il capogruppo Ettore Licheri e lo stesso Crimi. Ma c’è il problema del simbolo, senza il quale non si può costituire un nuovo gruppo. Gli abboccamenti con Elio Lannutti, che avrebbe nelle sue disponibilità quello dell’Italia dei valori, non sono andati a buon fine, con il senatore pasdaran che nella contesa si è chiaramente schierato dalla parte di Grillo. Un problema tecnico che può diventare un problema politico, anche se c’è chi è convinto che “di fronte a quaranta persone che vogliono associarsi in un nuovo gruppo potrebbe essere concessa una deroga”.

“Una spaccatura ci sarà per forza – spiega Sergio Battelli – tra chi andrà con Conte, chi seguirà Grillo e chi deciderà di mollare del tutto”. Alla Camera il caos è totale, e la situazione è più liquida. Michele Gubitosa allarga le braccia facendo professione di sincerità: “Siamo confusi e spaesati”. Pesano il silenzio di Luigi Di Maio e Roberto Fico, e più d’uno spiega candidamente che “aspetto di sentire cosa diranno loro”, mentre il borsino li dà ancorati al Movimento 5 stelle e l’opinione generale è che difficilmente si schiereranno con Conte.

Lucia Azzolina, considerata vicina all’ex premier, sfida la canicola romana sotto il sole che martella il cortile della Camera, ricercata nei conciliaboli e attaccata costantemente al telefono, al pari di Alfonso Bonafede. Pesa la querelle sul secondo mandato, elemento che pesa nelle valutazioni dei tanti approdati a Montecitorio nel 2018, che in un Movimento assottigliato vedrebbero aumentare le possibilità di candidatura. Sono ore di tormento e di riflessione, Davide Aiello commenta i dubbi di Crimi sulla sua permanenza nel Movimento spiegando che “è normale dopo quello che è successo, in tanti fanno le sue stesse riflessioni”. Ma contro il reggente sta montando la fronda, sono tanti ad accusarlo di aver contribuito anche lui con le sue scelte a portare il M5s alla situazione odierna e poi di lavarsene le mani, un tutti contro tutti del quale sta diventando principale capro espiatorio, un po’ a ragione e un po’ a torto. Ma le ragioni e i torti si mescolano senza soluzione di continuità nella marmellata che è diventata il Movimento di questi giorni, e come se ne uscirà se ne uscirà male, con una prova di forza dolorosissima o con una spaccatura conclamata chissà. L’unica certezza è che si naviga a vista.

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