Il presidente haitiano Jovenel Moise è stato ucciso da aggressori non identificati nella sua residenza privata durante la notte, in quello che il governo ha definito un “atto barbaro”, e che alimenta i timori di un’escalation di disordini nel Paese caraibico.

L’assassinio ha coinciso con un’ondata di violenza tra bande a Port-au-Prince, con i gruppi armati che si sono scontrati con la polizia e tra loro per il controllo delle strade  negli ultimi mesi, trasformando molti quartieri della capitale in zone inaccessibili.

Anche la moglie del presidente 53enne, Martine Moise, è rimasta ferita nell’attacco che ha avuto luogo intorno all’una di notte ora locale (07,00 italiane) e sta ricevendo cure mediche, ha detto il primo ministro ad interim Claude Joseph in una nota.

“Un gruppo di individui non identificati, alcuni dei quali parlavano spagnolo, ha attaccato la residenza privata del presidente della Repubblica e ha ferito poi a morte il capo dello Stato”.

Joseph ha aggiunto che la polizia e l’esercito hanno la situazione sotto controllo, anche se dopo l’attacco si sono sentiti spari in tutta la capitale, che conta 1 milione di abitanti e in cui dilaga la criminalità.

Con Haiti politicamente polarizzata e di fronte a una crescente crisi umanitaria e alla carenza di cibo, si stanno diffondendo i timori di un caos diffuso. La Repubblica Dominicana ha annunciato la chiusura del confine che condivide con Haiti sull’isola di Hispaniola.

L’aumento dei crimini violenti ad Haiti è dovuto principalmente all’aggravarsi della povertà e ai disordini politici.