Giorgia Meloni, destinata -previo incarico del Quirinale e incassata la fiducia del Parlamento- a diventare la prima donna a Palazzo Chigi. Dopo la non festeggiata vittoria elettorale, s’è chiusa nel silenzio rotto solo da discrete interlocuzioni con Draghi per un condiviso passaggio di consegne. Da allora la presidente del Consiglio “annunciata” ha passato giorni e notti per definire programma e nomi dei ministri. Prevedendo pure il ricorso a “tecnici”, ossia a personalità da coinvolgere per la loro bravura, criterio prevalente sull’appartenenza.
Eppure, questo buon inizio almeno nelle intenzioni non sembra convincere in pieno gli alleati. Da Lega e Forza Italia vorrebbero un governo tutto politico. Pretendono questo o quel ministero di peso. E fanno circolare candidature che rispondono più alla fedeltà per il capo-partito che non all’interesse della Nazione.
Queste mosse non sono una novità: lo scontro sul governo c’è sempre stato. Ma nuovo è lo scenario, drammatico, in cui l’Italia è chiamata a muoversi. Oggi ricercare il meglio è un dovere istituzionale.
E poi c’è sempre il Quirinale, che “nomina” i ministri “su proposta” del presidente del Consiglio. Sarebbe arduo far digerire a Mattarella scelte non all’altezza di ciò che l’Italia merita e richiede.
Giorgia Meloni risponde così a chi le domanda se sia dispiaciuta per il mancato voto di Forza Italia a Ignazio La Russa presidente del Senato: “Per me contano solo i risultati e mi pare che i risultati dicano con chiarezza che sono intenzionata a dare a questa nazione, se ne avrò occasione, un governo autorevole. Non intendo fermarmi di fronte a questioni che sono secondarie”. Quanto a Silvio Berlusconi che le chiedeva di far cadere i veti, la leader di FdI replica: “Non ho altro da dire”.