Europee, Conte e il Movimento: ‘Se ci sarà un calo di voti sarà perchè non candideremo capibastone’

Giuseppe Conte, furbescamente mette le mani avanti, perchè è già conscio della  batosta che raccoglierà alle europee improvvisando una giustificazione a corredo della sconfitta. Ovviamente non accetta che se i cittadini non ti votano, con ogni probabilità è perché la tua proposta politica non li ha convinti. L’ex avvocato del popolo afferma, per contro, che se il calo di voti ci sarà sarà unicamente perchè dal Movimento non saranno candidati ‘capibastone’: “A noi interessa la traiettoria politica e costruire un percorso dove la nostra proposta appare sempre più chiara, coerente e credibile. Questo è il momento della semina e sicuramente la competizione europea è un momento importante anche perché ci consentirebbe di portare parlamentari con un progetto molto chiaro in Europa, ma che sia un numero più alto o più basso non cambierà nulla rispetto al nostro percorso politico”.

“Le politiche sono la competizione in cui riusciamo ad esprimerci meglio e a catturare anche il voto d’opinione”, ha affermato il leader pentastellato, chiarendo che il suo nome non sarà nel simbolo e che lui non sarà candidato. “Quando ci sono i voti di preferenza incontriamo delle difficoltà non puntando – ha sostenuto – come fanno altri, su capibastone, personaggi che portano pacchetti di voto consolidati già in partenza per rapporti anche di tipo clientelare. Quindi nelle europee solitamente scontiamo qualche punto in meno rispetto al punteggio che ci viene attribuito dai sondaggi nazionali”.

A luglio, è stata Linkiesta a riferire del “casting per cambiare volto al M5s in vista delle europee”, spiegando che “l’ex premier vorrebbe tra le sue fila nomi di richiamo, giornalisti, volti noti della tv per sfruttare il meccanismo elettorale dell’Europarlamento che prevede le preferenze: si va da Marco Tarquinio a Michele Santoro, fino a Gaetano Pedullà e Luisella Costamagna”. Nomi di richiamo, insomma, per cercare di attirare voti che altrimenti non arriverebbero, secondo Conte per l’assenza di “capibastone”, secondo altri magari per assenza di radicamento sul territorio e proposta politica credibile – anche – per le europee.

Le elezioni Europee si terranno tra il 6 e il 9 giugno del prossimo anno.  Michele Santoro è il nome sui cui punterebbe il Movimento 5 stelle. La rosa è nelle mani del presidente Giuseppe Conte che avrebbe carpito la disponibilità dell’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico, e dell’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio. A Michele Santoro l’offerta sarebbe già stata recapitata ma non vi sarebbe stata ancora una risposta dall’ex conduttore e giornalista.

 Chi è vicino all’inventore di Samarcanda dice che se i termini fossero esattamente questi – «Vuoi candidarti con noi visto che hai ‘consonanza’ con il M5s» – la risposta sarebbe stata chiara e semplice: «No, grazie». Il progetto di Santoro è più ambizioso. E proprio per questo, ragionano molti del suo entourage, è molto difficile che vada in porto.

«Michele non ha alcuna voglia di fare la ‘bandierina’ di nuovo, lo ha già fatto una volta e gli è bastata», dice uno dei suoi collaboratori. Il riferimento è all’esperienza da europarlamentare con la lista dell’Ulivo. Eletto nel 2004 con 730 mila preferenze tra circoscrizione Nord-Ovest e Sud (il più alto numero di preferenze tra chi non era capolista), diede le dimissioni dopo appena un anno. Per la reintegra arrivata nel frattempo dal giudice del lavoro che lo portò poi alla conduzione di Annozero. Ma anche perché il “lavoro” dell’eletto all’epoca non gli sembrò entusiasmante. E soprattutto «è stata soltanto una parentesi determinata da uno stato di necessità», come disse  all’epoca. E di un bis oggi non sente proprio il bisogno.

L’idea di Santoro è  uno schieramento a tre punte. Ovvero un’alleanza elettorale tra Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana e una sua lista che potrebbe avere lo stesso nome dell’evento del teatro Ghione: “Pace proibita”. Nella quale candidare chi ha partecipato alla serata e chi oggi si impegna per la pace tra Russia e Ucraina. «E per il dialogo diplomatico, perché se non parlano gli ambasciatori allora i protagonisti sono i generali. Ma per i civili questo è peggio», gli hanno sentito dire in più occasioni.

La pace, quindi. Che per Santoro è il vero programma elettorale dimenticato in queste elezioni. Dimenticato dai partiti ma non dagli elettori, è il suo ragionamento. E a dirlo sono i sondaggi e le serate come quella di Polignano. È quello della pace il “partito che non c’è” oggi. Che dovrebbe correre alle elezioni anche soltanto per dare la possibilità di scegliere a chi si reca alle urne. E magari anche un motivo in più per andarci.

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