Elezioni regionali domenica in Sardegna per una partita nazionale. La grillina Alessandra Todde: ‘E’ battaglia dei sardi, no ai leader di partito sul palco’

In vista del voto di domenica in Sardegna ricomincia la solfa sul campo largo che riparte in grande stile con il mezzo annuncio di un probabile comizio a due di Schlein e Conte per supportare l’ex sottosegretaria grillina Alessandra Todde, candidata comune alle regionali sarde dove  si vota. I due sognano di portare a casa la vittoria battendo il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu e assestando così un duro colpo alla premier meloni e al suo partito, che resta saldamente in testa ai sondaggi.

Di solito i leader dei partiti sono attesi per il voto locale con l’intento di catalizzare quanti più consensi possibile, ma in questo caso è stata la grillina Alessandra Todde a porre il “veto”: i leader di Pd e M5S, relegati a casa, non saliranno sul palco in occasione della chiusura della campagna elettorale.

La decisione assunta dalla candidata del centrosinistra da una parte stona con l’esigenza di apparire al fianco di Elly Schlein e Giuseppe Conte nella speranza di guadagnare voti, ma dall’altra mette in risalto come addirittura la stessa Todde preferisca tenere lontani entrambi per il rush finale. Si dirà che il sostegno dei numeri uno dei due partiti non è mancato sul territorio. Vero, ma la domanda sorge spontanea: per quale motivo la candidata ha scelto di rinunciare a ospitarli sul palco l’ultimo giorno utile per la campagna elettorale?

La versione ufficiale è stata fornita da Todde: “Li ringrazio molto per la loro vicinanza e per il supporto. Ma ho preteso che la chiusura della campagna elettorale fosse sarda, perché questa è la battaglia dei sardi”. Un’uscita che sembra essere una sorta di replica alle accuse avanzate dagli avversari secondo cui lei rappresenterebbe una candidatura calata dall’alto, figlia delle decisioni assunte nei palazzi della politica di Roma. Potrebbe nascere proprio da qui quella che appare una dichiarazione di autonomia.

Nei confronti della Sardegna c’è grande attenzione: capi nazionali di partito, diversi parlamentari e ministri sono impegnati in prima persona nella campagna elettorale che si concluderà con le elezioni fissate per la giornata di domenica 25 febbraio. Ad affondare il colpo alla luce della decisione di Todde è stato Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: a suo giudizio la candidata appoggiata da Pd e M5S “si vergogna di Schlein e Conte tanto da non volerli al comizio finale”.

Repubblica, nel riferire la notizia, già fa udire il suono di violini: «Un comizio Conte- Schlein? Sono convinto che alla fine si farà», si sbilancia un autorevole esponente del Nazareno. E pure sul territorio, in tanti fanno il tifo: «Io ci spero», ragiona il sardissimo senatore Marco Meloni, ex coordinatore della segreteria Letta, ora fra i più convinti supporter di “Elly” che oggi volerà sull’isola insieme a Pierluigi Bersani: «Qui abbiamo scelto una candidata eccellente e la coalizione sta funzionando ogni giorno meglio».

Giuseppe Conte, come sempre non apprezza il campo largo come dice la sua dichiarazione:   “A me interessa mandare a casa Meloni e la Sardegna può essere un primo passo. Non mi piace parlare di laboratorio perché penso sia irrispettoso verso gli elettori sardi, però è chiaro che qui con il Pd abbiamo messo in campo una proposta forte, incarnata da una candidata credibile, competente e onesta. Dobbiamo farlo anche a livello nazionale, io chiedo solo che ci sia un progetto serio e autentico e non un cartello elettorale dettato dalla necessità e dall’ansia di potere degli apparati”.

Anche Meloni oggi sbarca in Sardegna. Prima ci sarà il consiglio dei ministri, poi la premier, i due vicepremier e Lupi di Noi Moderati si avvieranno sull’isola per il palco comune. Il comizio Conte-Schlein potrebbe tenersi in contemporanea ma quel che è certo è che la sfida  non è un sfida locale.

Resta fiducioso Antonio Padellaro: “Per il PD e il M5s è un’occasione straordinaria. Una sconfitta di Giorgia Meloni in Sardegna metterebbe in serie difficoltà il Presidente del Consiglio, e questo potrebbe essere l’inizio di una frana a destra…”

Campo largo o meno alla segretaria Pd la attende a Roma  un ‘campo stretto’ visto che la Direzione nazionale del Pd riserva un fuori programma sgradito: la protesta  vibrante dei Giovani Democratrici contro i vertici del partito per un commissariamento che dura da quattro anni. “Giovani sì, democratici quando?”, recita uno striscione. Non proprio una bella immagine per il partito. Anche perché si sono trovati gli agenti di polizia a sbarrare loro l’ingresso del Nazareno. Uno schiaffo per i Giovani Democratici, che hanno gridato, megafono in mano: “Questa è casa nostra e non ci fanno entrare”. Pertanto hanno scandito a più riprese: “Elly, facci salire”.

“Un iscritto di Udine vale quanto un iscritto di Palermo”, si legge in uno degli striscioni. Questo è uno dei nodi che i giovani del Pd contestano. Molti di loro hanno sostenuto la Schlein nella corsa alla segreteria e ora chiederebbero il conto, pretendono risposte. Il nodo cruciale è il metodo di votazione al Congresso sul quale il partito è diviso: una parte vorrebbe che le Regioni più popolose avessero un peso maggiore, quindi, più delegati. Ma da questo orecchio i Giovani Democratici non ci vogliono sentire. “Non è giusto – obiettano- perché nelle Regioni più piccole c’è un movimento giovanile più numeroso e battagliero”. E mostrando alcuni cartelli di protesta: “No alla rappresentanza differenziata”, “Nessun compromesso quando si tratta di democrazia” e ancora: “Nel nuovo Pd esistiamo anche noi”. Lo avevano promesso che si sarebbero agitati e lo hanno fatto alla prima occasione.

Il sit in di protesta è andato avanti un bel po’: “La Schlein ha impostato la nuova segreteria sul tema del rinnovamento e, quindi, è necessario che ci ascolti”. da quattro anni la situazione è cristallizzata. Alcuni osservano: “Al momento abbiamo due reggenti che ormai hanno più di 30 anni. E, quindi, hanno persino superato il limite massimo per restare all’interno del movimento giovanile”. Insomma, i vertici del Pd hanno lasciato incancrenire la questione e ora alla Schlein tocca dirimere la patata bollente che non si aspettava. Pensava di far leva sulla militanza dei Giovani dem e invece si ritrova si ritrova una nuova opposizione interna. dopo oltre un’ora di protesta e di slogan la Schlein presa in contropiede non ha potuto non prendere un’iniziativa,  invitando alcuni esponenti dei Giovani Democratici ad entrare. E a fare un intervento nella riunione della Direzione. Ma poi se ne è in qualche modo lavata le mani: “Spetta a voi decidere le regole”. Voglio dire una cosa ai Giovani democratici. Noi non stiamo impedendo a nessuno di portare avanti il proprio confronto interno e le proprie modalità congressuali. Quando ci sono già delle candidature è sempre difficile mettersi d’accordo sulle regole, io mi sono trovata in questa situazione in anno fa: anche se difficile, lo sforzo va fatto. Noi non possiamo sostituirci a voi in questo. Il gruppo dirigente nazionale può accompagnarvi ma non decidiamo noi le vostre regole”. Anche con i giovani dem la Schlein non cambia peccando e mancando di un provvedimento risolutorio.

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