Eleggibilità presidenziale di Donald Trump e Corte Suprema Usa

Alla Corte Suprema Usa si scriverà una pagina di storia. Per la seconda volta, dopo la disputa del 2000 tra George W Bush e Al Gore, la massima assise giudiziaria americana dovrà prendere una decisione che determinerà una elezione per il capo della Casa Bianca.

Davanti ai togati verrà discusso se l’ex presidente Donald Trump sia eleggibile o meno a causa del suo ruolo nel tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021, quando i suoi sostenitori presero d’assalto il Congresso per bloccare la certificazione ufficiale della vittoria di Joe Biden.

Due Stati dell’Unione, Colorado e Maine, hanno escluso l’ex presidente dai ballottaggi. A Denver il “Citizens for Responsibility and Ethics in Washington”, un gruppo elettorale anti Trump, si è rivolto al tribunale affermando che la sezione 3 del 14esimo emendamento della Costituzione vieta a funzionari pubblici che hanno partecipato a “insurrezioni o ribellioni” di candidarsi a cariche elettive. La Corte Suprema statale ha dato loro ragione e Trump è stato escluso dalle elezioni in questo stato. In Maine, invece, Shenna Bellows, il segretario di Stato, che è il responsabile del sistema elettorale statale, anche lei invocando la sezione 3 del 14mo emendamento, ha escluso l’ex presidente dalle primarie. Dopo queste due decisioni gli avvocati di Donald Trump si sono rivolti alla Corte Suprema e  ci sarà la discussione del caso.

La Corte suprema degli Stati Uniti d’America è la più alta corte della magistratura federale degli Stati Uniti d’America. In quanto corte suprema, ha ampia giurisdizione di appello di ultima istanza su tutti i casi di tribunali federali e tribunali degli Stati federati che incrociano il diritto federale e possiede giurisdizione originale su una ristretta gamma di casi, in particolare «tutti i casi che riguardano ambasciatori, altri ministri e consoli pubblici e quelli in cui uno Stato è parte». In quanto corte costituzionale, la Corte detiene il potere di controllo di legittimità costituzionale (judicial review, lett. “revisione giudiziaria”), la facoltà di invalidare una legge ordinaria per violazione di una disposizione della Costituzione degli Stati Uniti d’America. È anche in grado di annullare gli ordini esecutivi presidenziali in caso di violazione della Costituzione o della legge ordinaria federale. Tuttavia, può agire solo nell’ambito specifico della sua competenza. La Corte può decidere su casi aventi connotazioni politiche, ma ha stabilito di non avere il potere di decidere su questioni meramente politiche. Istituita dall’Articolo III della Costituzione degli Stati Uniti, la composizione e le procedure della Corte suprema furono inizialmente stabilite dal 1º Congresso degli Stati Uniti d’America con il Judiciary Act del 1789. Come successivamente stabilito dal Judiciary Act del 1869, la Corte è composta dal Presidente della Corte suprema e otto Giudici associati. Ogni Giudice ha un mandato a vita, il che significa che rimane nella Corte fino a quando non muore, si dimette o viene rimosso dall’incarico. Quando un posto è vacante, il Presidente degli Stati Uniti, con il consenso del Senato, nomina un nuovo Giudice. Ogni Giudice dispone di un solo voto per decidere i casi discussi dalla Corte. Quando è nella maggioranza, il Presidente della Corte decide chi scrive il parere della Corte; in caso contrario, il Giudice più anziano nella maggioranza assegna il compito di redigere il parere. La Corte si riunisce nel Palazzo della Corte suprema degli Stati Uniti d’America a Washington.

Al centro del dibattito il 14mo Emendamento della Costituzione, approvato dopo la Guerra Civile nel 1868, per impedire che gli ex leader della Confederazione partecipassero alla vita pubblica dopo la guerra di secessione. Da allora, salvo che per escludere Victor Berger, un socialdemocratico che si era candidato per la Camera e si opponeva che gli Stati Uniti partecipassero alla Prima Guerra Mondiale, l’emendamento non è mai stato più applicato. Ma questo non significa che non sia valido.

La composizione dell’attuale Corte Suprema è molto differente da quella che intervenne nel 2000 nelle elezioni tra Bush e Gore. E non solo perché oggi 6 dei nove giudici sono conservatori, ma perché molti magistrati conservatori sono “originalisti”, cioè sostenitori dell’interpretazione letterale della Costituzione e dei suoi Emendamenti.

A spiegarlo, in un’intervista al Guardian, è Jill Habig, legale del Public Rights Project, che ha presentato una memoria alla Corte Suprema a sostegno dell’applicazione alla lettera della sezione 3 del 14esimo emendamento.

“Il nostro obiettivo – afferma Jill Habig – è imporre una prospettiva storica originalista alla Corte Suprema nel valutare il significato della sezione 3 del 14mo Emendamento. L’argomento che portiamo avanti con i colleghi storici è che la sezione 3 è effettivamente molto chiara e dimostra che squalifica automaticamente chi ha partecipato ad un’insurrezione. Questa regola deve essere applicata non solo alla Guerra Civile ma anche a future insurrezioni e vieta a chiunque abbia tradito il giuramento di difendere la Costituzione di diventare presidente”.

E diversi giudici della maggioranza conservatrice si dichiarano originalisti: Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, questi ultimi 3 nominati proprio da Trump. Tutti con una visione interpretativa dogmatica della Costituzione e dei suoi Emendamenti. Una visione che sposa alla lettera i dettami per l’esclusione di Trump.

Questi stessi magistrati sono poi stati chiamati ad esprimersi anche sull’immunità che Trump invoca e che  la Corte d’Appello federale ha bocciato. “Per quanto riguarda questo caso penale, il presidente Trump è diventato il cittadino Trump, con tutte le difese di ogni altro imputato, ma nessuna immunità esecutiva che poteva proteggerlo quando era presidente lo protegge ora dall’azione penale”, si legge nella loro sentenza contro la quale gli avvocati di Trump hanno già annunciato che ricorreranno alla Corte Suprema. Da vedere se i nove giudici accetteranno di esaminare il caso o se invece lasceranno senza modifiche la decisione della Corte d’Appello federale.

Assist della Corte Suprema per Donald Trump in vista delle elezioni Usa 2024. La Corte si è mostrata scettica sul fatto che il Colorado abbia l’autorità di rimuovere Trump dalla scheda elettorale delle primarie repubblicana a causa del suo ruolo nei tentativi di rovesciare i risultati delle elezioni del 2020, culminati con l’assalto al Congresso.

Nelle due ore di udienza, in cui gli avvocati di Trump e del Colorado hanno presentato i loro argomenti, la maggioranza dei giudici, anche di orientamento liberal, hanno posto domande ed obiezioni da cui è emerso che non sono convinti del fatto che uno stato possa stabilire se un candidato possa essere bandito dalle elezioni sulla base della sezione 3 del 14esimo emendamento che vieta a funzionari pubblici che “hanno partecipato ad un’insurrezione” di candidarsi.

Il dubbio è stato espresso in modo chiaro da Elena Kagan, una delle tre giudici liberal della Corte che anche si era mostrata critica di fronte agli argomenti della difesa di Trump. “Credo che la domanda che ci dobbiamo fare è perché un singolo stato dovrebbe decidere chi può diventare presidente degli Stati Uniti – ha detto la giudice nominata da Barack Obama – in altre parole, la questione se un ex presidente sia squalificato per insurrezione dalla possibilità di essere di nuovo presidente, mi sembra una cosa terribilmente nazionale”.

Secondo analisti della Cnn, vi sono quindi segnali che all’interno della Corte – dove c’è una netta maggioranza di conservatori, 6 a 3, con tre giudici nominati da Trump – si possa costruire il consenso attorno a “una via di uscita” che permetterebbe loro di evitare di decidere se Trump sia o non sia un insurrezionalista, svincolandosi così da uno dei ricorsi più politici mai arrivati all’attenzione della Corte.

Il presidente della Corte Suprema, il giudice John Roberts, ha detto chiaramente che se si dovesse confermare la decisione del Colorado, allora altri stati potrebbe escludere altri candidati dalle loro schede. “Si arriverebbe ad avere una manciata di stati che decidono le elezioni presidenziali – ha affermato – e questa è una conseguenza abbastanza preoccupante”.

Lo stesso Roberts ha sottolineato che “l’intero obiettivo” della sezione 3, approvata nel 1868, era quello di impedire ad ex funzionari della Confederazione ad accedere a cariche pubbliche, domandandosi perché questo dovrebbe dare agli stati la capacità di escludere candidati presidenziali. Un simile approccio è stato espresso da Brett Kavanaugh – uno dei giudici nominati da Trump – che si è mostrato incline ad appoggiare l’interpretazione della difesa dell’ex presidente secondo la quale solo il Congresso può decidere la squalifica di un candidato.

“Anche se un candidato ammette di essere un insurrezionalista, la sezione 3 ancora gli permette di partecipare alle elezioni e anche vincerle, poi si vedrà se il Congresso lo squalifica dopo le elezioni”. Così ha infatti risposto il legale di Donald Trump, Jonathan Mitchell, ad una domanda ipotetica di Roberts, ribadendo la convinzione che solo il Congresso, e non gli stati, possono stabilire l’ineleggibilità di un candidato.

La Corte Suprema ha accolto e discusso in tempi più rapidi il ricorso di Trump contro la decisione del Colorado ed una sua sentenza è attesa in tempi sempre brevi, dal momento che le primarie in Colorado sono fissate per il 5 marzo, giorno del Super Tuesday.

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