Ddl diffamazione: Senato approva testo base, emendamenti rimandati all’Aula

Ok della commissione Giustizia del Senato, che ha approvato il testo base sul ddl diffamazione,  messo a punto dal relatore Filippo Berselli. I dieci emendamenti presentati da Idv, Api e dal democratico Vincenzo Vita sono stati ritirati, ma verranno ripresentati per l’Aula. Il testo  è stato votato dalla maggioranza dei presenti.  Contrari solo l’Api di Francesco Rutelli e la Lega Nord. A favore anche l'Italia dei Valori.

“E' stato approvato il testo così come è stato presentato e sono stati ritirati i dieci emendamenti proposti che probabilmente ritorneranno per l'esame d'Aula”, ha dichiarato Filippo Berselli. “Registro con soddisfazione l’approvazione del testo concordato ieri e su cui c’è stato il sostegno anche da parte degli altri gruppi, una conclusione che  è di buon auspicio per l’esame d'Aula”.  “Il testo, aggiunge il presidente della Commissione Giustizia del Senato, può anche essere modificato in Aula su un paio di punti, ma la struttura fondamentale resta”.
Linea sposata anche il vicepresidente dei senatori Pd Felice Casson, che sulle ipotesi di modifica precisa che si tratta in ogni caso di “norme di collegamento che integrano il testo”.

 

Dieci emendamenti al testo.  Sono dieci gli emendamenti al ddl diffamazione. Cinque sono stati presentati dall’ Idv, tre dall’e recano la firma del senatore Franco Bruno e del leader del partito Francesco Rutelli, due sono a firma del democratico Vincenzo Vita. Vita chiede di diminuire ancora la sanzione prevista in caso di diffamazione, con una previsione che va da 2mila euro a 20mila.
Prevede un tetto massimo di 30 mila euro per la sanzione pecuniaria anche la proposta di modifica presentata dall'Idv, che chiede anche l’estensione del giudizio immediato per la diffamazione, da celebrarsi entro 120 giorni dalla pubblicazione del fatto diffamatorio. Rutelli e Bruno insistono, invece, sulla pena accessoria dell'interdizione in caso di recidiva( da uno a sei mesi per la seconda condanna, a un mese ad un anno per le successive), pena che il giudice però può stabilire in base alla gravità del fatto. L’Api invece chiede di ampliare le norme relative alle rettifiche: “in caso di rettifica a notizia pubblicata in un archivio digitale di un quotidiano o di un periodico, accessibile al pubblico tramite reti di comunicazione elettronica l’interessato può chiedere  l’integrazione o l’aggiornamento della notizia che lo riguarda.
 

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