Caos nel centrosinistra, Calenda spacca l’alleanza del centrosinistra guidata dal PD

A un passo dall’altare, il matrimonio tra Pd e Azione non si celebrerà. Lo ha annunciato Carlo Calenda ai microfoni di Lucia Annunziata, dopo giorni di giri di valzer e dichiarazioni contrastanti. Durante la trasmissione di approfondimento Mezz’ora in più, il leader del partito centrista ha rivelato di non sentirsi a proprio agio all’interno dell’alleanza voluta da Enrico Letta, che comprende sempre più partiti con posizioni spesso contrastanti su alcuni punti fondamentali dei programmi. Dentro la coalizione di centrosinistra “non ci sono coraggio, bellezza, serietà e amore”.

Ha spiegato di aver intrapreso un negoziato con i dem per costruire un’alternativa di esecutivo, ma, pur “essendo una scelta sofferta“, Carlo Calenda avrebbe deciso di intraprendere un percorso di “coerenza valoriale”.  Principalmente perché “non si può fare un’alleanza contro“, cioè pretendere che le varie formazioni si alleino solo per evitare la vittoria del centrodestra, senza un piano per governare il Paese e senza una maggioranza coesa.

La comunanza di valori ci sarebbe solo con Enrico Letta ma “non con gli altri”, come ha sottolineato il leader di Azione. Dentro l’alleanza ci sarebbero due correnti. Una per un accordo di governo, l’altra per “fare un comitato di liberazione nazionale“. Per l’ex ministro dello Sviluppo economico avrebbe prevalso la seconda linea. In caso di vittoria una parte della coalizione non avrebbe appoggiato l’Agenda Draghi abbracciata da Azione e +Europa, con il rischio di arrivare a una crisi di governo subito dopo l’inizio del nuovo mandato.

Sulla decisione di Carlo Calenda sono intervenute le due ministre uscenti Mariastella Gelmini, delegata agli Affari regionali e alle Autonomie della Repubblica italiana, e Mara Carfagna, delegata al Sud e alla coesione territoriale della Repubblica Italiana, entrambe ex volti di Forza Italia. La prima ha dichiarato che quella di Azione sarà una “proposta popolare, liberale e riformista che guarda al metodo Draghi”, mentre la seconda ha parlato di “una nuova casa per i liberali e moderati, per i riformatori autentici”.

Lo sguardo è quindi rivolto agli elettori delusi dal centrodestra. Vale a dire a tutta la platea di votanti che in passato ha dato la propria preferenza ai progetti di Silvio Berlusconi. E che oggi non si sente più rappresentata da una coalizione che si colloca decisamente più a destra degli anni scorsi, trainata da Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia, e in maniera più debole da Matteo Salvini e la Lega. Partiti che si sono proclamati, a fasi alterne, anti europeisti e anti atlantisti, più vicini a Viktor Orbán e Vladimir Putin che a Mario Draghi.

Insomma, l’ambizione di Carlo Calenda potrebbe essere quella di un 10% o 15% ereditato da Silvio Berlusconi, difficilmente raggiungibile però in così poco tempo. Più probabile invece che dietro la mossa inaspettata del leader di Azione ci siano invece due ragioni ben diverse. La prima sarebbe l’ingresso nella coalizione del centrosinistra del Movimento 5 Stelle. A riferirlo è Gianfranco Rotondi, presidente di Verde è popolare, su Twitter. Che rivela che Enrico Letta “ha in tasca l’accordo” con i pentastellati e “lo tirerà fuori all’ultima ora utile”.

Il direttivo di Sinistra Italiana, che ha aderito all’alleanza, caldeggia infatti l’ingresso nel fronte anti destra di Giuseppe Conte. Che dal canto suo non sembra interessato ad andare ai seggi con Luigi Di Maio e gli altri fuoriusciti dal M5S. Difficile poi che il Partito Democratico possa accettare in coalizione quello che Enrico Letta ritiene come principale responsabile della crisi di governo e della caduta di Mario Draghi. Nonostante la stretta di mano con chi ha sempre criticato e mai dato la fiducia al premier uscente.

L’altra ragione potrebbe essere anche l’alleanza con l’amico e rivale di sempre, Matteo Renzi. L’ex presidente del Consiglio ha cinguettato su Twitter una frase che è apparsa abbastanza significativa. “Ora è il momento della Politica con la P maiuscola. Terzo Polo“. Cioè “un’opportunità straordinaria” di formare una coalizione di moderati alternativa a Forza Italia, con un accordo con Lista Civica Nazionale, la formazione dell’ex primo cittadino parmense Federico Pizzarotti, e magari con Azione.

“Non ho sentito Matteo Renzi”, ha ammesso Carlo Calenda durante la trasmissione di Lucia Annunziata. Annunciando però che ci sarà un incontro tra i due, e a quel punto “vedremo se andremo insieme” alle elezioni. Considerando che sarebbe intenzionato a siglare un patto solo sulla base di programmi e non di contrapposizioni agli altri partiti. Anche se bisognerà prima interrogare la base di Italia Viva, da cui il leader di Azione ha ammesso di aver “ricevuto una quantità di contumelie” che “nella mia vita non mi era mai capitata”.

La reazione di Enrico Letta al no improvviso di Carlo Calenda non si è fatta attendere. Il segretario del Partito Democratico ha spiegato che c’è stato un patto sottoscritto e “una parte ha deciso di non onorare la parola data“. Un fatto grave, secondo il leader del PD. “Che promesse puoi fare agli italiani se sanno che già con gli alleati rompi la parola data?”, ha dichiarato davanti ai microfoni del TG1.

Carlo Calenda “ha deciso di aiutare la destra“, ha detto ancora il segretario dem. Sottolineando però di essere più determinato di prima a contrastare gli avversari. Con questa legge elettorale gli italiani dovranno scegliere “se essere governati da Giorgia Meloni e dalle destre o da noi”, ha ribadito.

La decisione di non procedere con il PD è stata una doccia fredda per gli alleati di Azione, cioè i radicali di +Europa guidati da Riccardo Magi. Il presidente si è detto rammaricato per il fatto di non essere stato consultato dall’alleato prima della rottura con i dem. Ha poi parlato di serietà e di rispetto dei patti, con la condivisione con Enrico Letta di un impegno a “evitare una deriva italiana di stampo orbaniano e putiniano” e di un chiaro posizionamento del nostro Paese sullo scacchiere geopolitico.

Nell’alleanza era “era evidente che ci sarebbero state altre liste“, ma anche che “ci sarebbe stato un rapporto politico privilegiato con noi” con lo scopo di riproporre l’Agenda Draghi a Palazzo Chigi. Ragione per cui le motivazioni di Carlo Calenda sarebbero particolarmente deboli. Si aprono ora due scenari per i radicali. Ovvero posizionarsi al centro insieme ad Azione, e contribuire alla formazione del Terzo Polo caldeggiato da Matteo Renzi, o, com’è più probabile, rimanere nell’area draghiana dell’alleanza di centrosinistra.

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