‘Bella Ciao’, tra proposta di legge e documentario Rai

Bella ciao è un canto popolare  italiano, proprio di alcune formazioni della Resistenza, diventato celeberrimo dopo la Liberazione perché idealmente associato all’intero movimento partigiano.

Nonostante sia un brano italiano legato a vicende nazionali, viene usato in molte parti del mondo come canto di resistenza e di libertà.

Mentre impazza il dibattito sulla proposta di legge che vorrebbe ‘Bella ciao’  inno del 25 aprile,  al canto popolare sarà dedicato per la prima volta un documentario, che dovrebbe andare in onda il prossimo 15 dicembre su Rai1. Benzina sul fuoco nel dibattito sull’inno “partigiano”, del quale la sinistra chiede un riconoscimento istituzionale rendendolo obbligatorio subito dopo l’Inno di Mameli, in occasione di eventi celebrativi, come il 25 aprile. La Rai, intanto, si è portata avanti col lavoro.

Lo scorso 31 maggio è stato annunciato che ‘Bella Ciao’ diventerà un documentario coprodotto da Palomar Doc e Rai Documentari e diretto da Giulia Giapponesi con il titolo ‘Bella Ciao – La storia oltre il mito’. Con oltre un miliardo di visualizzazioni online, Bella Ciao è il canto popolare italiano più ascoltato nel mondo negli ultimi anni. Come canzone di lotta e resistenza è stata recuperata nell’ultimo quarto di secolo da decine di realtà di protesta, dalla primavera araba alle proteste #occupy Usa e #occupy Mumbai, dalla lotta alla globalizzazione alla lotta ai cambiamenti climatici, dai funerali dei vignettisti di Charles Hebdo alle rivolte in Sudan e ai movimenti di piazza in Libano, in Cile, in Turchia. Tutto fa brodo, quando c’è da cantare “oh partigiano portami via”, anche nelle fiction di successo, come “La casa di carta” di Netflix. Ma in Italia quel canto resta di parte e divisivo, non certo rappresentantivo di tutti, visto che ha segnato le fasi più cruente della guerra civile e accompagnato le azioni vendicative dei partigiani italiani senza scrupoli.

Lo scorso venerdì ha iniziato l’iter parlamentare la proposta  di legge – firmata da parlamentari di PD, Italia Viva, M5S e LeU – per rendere la canzone partigiana Bella ciao l’inno ufficiale della Festa della liberazione dal nazifascismo, che cade ogni 25 aprile. Nel testo presentato i parlamentari motivano la proposta facendo riferimento al «carattere istituzionale» della canzone, rappresentativo dei «valori fondanti della Repubblica», ma in queste ore i partiti più a destra della coalizione di centrodestra – Fratelli d’Italia e Lega – hanno criticato duramente la proposta, accusando  i parlamentari che l’hanno voluta di essere «sconnessi con la realtà».

In particolare il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, ha detto: «Bella ciao, non per colpa del testo ma per colpa della sinistra, è diventata una canzone che non copre il gusto di tutti gli italiani: è troppo di sinistra. Non è la canzone dei partigiani, è la canzone solo dei partigiani comunisti». In realtà, Bella ciao è stata a lungo una canzone piuttosto trasversale, come ha ricordato anche Concetto Vecchio su Repubblica portando come esempio il congresso democristiano del 1976 – quello in cui fu eletto segretario Benigno Zaccagnini – che si chiuse proprio con quella canzone. Oggi esistono traduzioni di Bella ciao in moltissime lingue ed è stata suonata e cantata in contesti molti diversi, pur rimanendo tra i canti più tradizionali e amati delle manifestazioni di sinistra italiane e non solo.

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