US President-elect Joe Biden puts on his face mask after delivering remarks at The Queen in Wilmington, Delaware, on November 10, 2020. - President-elect Joe Biden said November 10, 2020 he had told several world leaders that "America is back" after his defeat of Donald Trump in last week's bitterly contested US election. (Photo by Angela Weiss / AFP)

America 2020: Biden a Trump, ‘parliamo’

“Nulla fermerà il trasferimento dei poteri”, “la transizione è già iniziata, e il fatto che Donald Trump si rifiuti di riconoscere la sconfitta è solo “un imbarazzo”. Joe Biden ostenta sicurezza sulla vittoria che gli è stata attribuita dai media ma che non sarà ufficiale fino al 14 del mese prossimo (il primo lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre), quando voterà il Collegio elettorale.

Intanto, entro l’8 dicembre, gli Stati dovranno aver risolto tutte le controversie per certificare il verdetto dell’urna e stilare la lista dei Grandi Elettori. A quel punto ci sarà solo l’incognita degli infedeli, ovvero dei Grandi Elettori che decidono di ignorare il voto popolare nello Stato di appartenenza. Ben 5 nel 2016 tradirono Hillary Clinton.

L’inquilino della Casa Bianca, che ha presentato decine di ricorsi in almeno cinque Stati denunciando frodi e irregolarità, non demorde e continua a dichiarare di aver vinto, spalleggiato dai repubblicani, dal leader al Senato Mitch McConnell al fedelissimo Lindsey Graham, dal Guardasigilli William Barr al segretario di Stato Mike Pompeo che parla di una “transizione” avviata verso il secondo mandato dell’amministrazione Trump.

“Penso che l’intero partito repubblicano, con qualche  eccezione degna di nota, sia stato messo nelle condizioni di vaga intimidazione da parte del presidente in carica”, è l’affondo di Biden che esclude conseguenze in vista del suo insediamento il prossimo 20 gennaio. Eppure alcune agenzie federali si rifiutano di collaborare con Biden, aspettando che la sua vittoria venga riconosciuta dal General Service Administration (GSA). Tra i ricorsi pendenti presentati dal team di Trump, c’è quello in Pennsylvania dove si contesta, in primo luogo, la decisione della Corte Suprema statale di far conteggiare anche le schede arrivate per posta fino a 3 giorni dopo l’Election Day del 3 novembre.

Altre quattro istanze legali sono state respinte, ma ce ne sono diverse in sospeso e nuove in arrivo. E se per McConnell, Trump ha diritto “al 100%” di verificare eventuali irregolarità, Barr ha autorizzato il dipartimento di Giustizia ad indagare.

“A questo punto il fatto che non abbiano intenzione di riconoscere la nostra vittoria non comporta grandi conseguenze sulla pianificazione di quello che dobbiamo fare da qui al 20 gennaio”, spiega Biden ma auspicando di parlare con McConnell e con Trump al più presto.”Signor presidente, sono ansioso di parlare con te”, è l’appello a distanza inviato al comandante in capo.

Le speranze dei dem di conquistare il controllo del Senato  intanto si affievoliscono, con il repubblicano Thom Tills che si assicura  la rielezione nella North Carolina. Manca all’appello solo il verdetto dei due ballottaggi per il Senato in calendario in Georgia il prossimo 5 gennaio. Alla Camera, il partito dell’Asinello raggiunge la soglia minima dei 218 deputati per mantenere la maggioranza ma perde sette seggi (secondo i calcoli del New York Times).

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