Pochi mesi fa veniva declassato da ministro dell’Economia a quello dei Rapporti con l’Europa, a causa di un euroscetticismo tale da portare diversi ambienti economici a pensare che avrebbe finito col dare seguito al suo ‘piano B’ per portare l’Italia fuori dall’euro. Oggi Paolo Savona, il rappresentante del governo più audace e determinato nello sfidare i diktat europei, non nasconde tutta la proprie preoccupazione per gli esiti della manovra, la procedura d’infrazione e il rischio spread.
Savona appare disilluso. Mercoledì, durante un convegno a poche ore dalla bocciatura Ue, prima ha citato Cossiga per dire che ‘l’ economia è un grande imbroglio politico’, poi ha puntato l’indice contro i sovranismi che quasi certamente danneggeranno lo sviluppo globale. Una visione che fa il paio con il giudizio espresso riservatamente sul governo a margine dell’ ultimo Consiglio dei ministri: ‘Non si può più andare avanti così, non ha senso. E la manovra com’ è non va più bene: è da riscrivere’.
Ma gli eventi delle ultime ore stanno avendo riverberi anche di natura strettamente politica. La tesi del ‘non reggeremo a lungo’ emerge con chiarezza dai resoconti dei conversari riservati di Di Maio come da quelli di Salvini. Al di là del pericoloso scontro con la Ue, il capo di M5S – pressato dai grillini attestati a difesa del reddito di cittadinanza – ritiene che i ‘numerini’ non vadano cambiati, che sullo spread il peggio è passato e che basterà offrire degli ‘impegni aggiuntivi’ all’Unione per aggirare l’ostacolo. Il capo del Carroccio – incalzato da Giorgetti e dall’elettorato produttivo del Nord – è invece preoccupato per la sorte dei titoli di Stato e dal fatto che uno spread costante a 300 punti l’Italia non lo regge.