Foto Roberto Monaldo / LaPresse 26-09-2023 Roma Politica Camera dei deputati - Esequie di Stato del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano Nella foto Antonio Tajani, Giorgia Meloni, Matteo Salvini 26-09-2023 Rome (Italy) Politica Chamber of deputies - State funeral of the President Emeritus of the Republic Giorgio Napolitano In the pic Antonio Tajani, Giorgia Meloni, Matteo Salvini

Regionali, la destra è in tilt per il ‘nodo Sardegna’

I leader della destra sono stati protagonisti di alcune riunioni per discutere dell’operato di governo e soprattutto delle elezioni regionali in arrivo. Il rebus delle candidature sta infatti lacerando le tre forze di maggioranza, dopo diverse dichiarazioni, anche pungenti e dure, delle dirigenze di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.

I tre leader di sono incontrati a Palazzo Chigi per pranzo.  L’oggetto del confronto sono state le imminenti elezioni regionali. Le difficoltà dei partiti di destra a trovare una soluzione su alcune candidature, specie in Sardegna, ormai sono noti.

La giornata era iniziata con alcune dichiarazioni di Tajani, segretario di Forza Italia, rilasciate al Quotidiano Nazionale. Il messaggio del forzista è stato chiaro: “Dal 1994 andiamo uniti. Non pongo veti e non voglio veti sulle candidature”. Che poi ha aggiunto: “Nessun partito vince da solo. Vince la coalizione, ognuno è indispensabile. Non ho alcun pregiudizio”.

Altra voce di Forza Italia, impegnata a mediare tra le posizioni divergenti di Fratelli d’Italia e della Lega, è quella di Maurizio Gasparri: “Non vi sono liti” nella maggioranza, dice il senatore a margine di una conferenza stampa. “Ci sono discussioni. I numeri sono cambiati, non è irrilevante” ma “non aggraviamo la situazione con dichiarazioni, risolveranno i leader, abbiamo tutti buoni rapporti, la questione si risolverà” ha promesso Gasparri, aggiungendo: “Stiamo governando il paese, si troveranno soluzioni anche sui territori e se ci sono situazioni complesse ci si dedicano i leader, come faceva Berlusconi”.

Matteo Salvini, invece, vuole qualcosa di più dagli esponenti del suo partito, sia per le regionali sia per le europee in arrivo a giugno. Dopo aver affermato nei giorni scorsi di non avere intenzione di correre per un posto all’Europarlamento, Salvini ha chiesto a governatori e membri del governo di scendere in campo in prima persona, così come a deputati e senatori leghisti, si parla già dei nomi di Alberto Bagnai, Francesco Bruzzone e Mirco Carloni. Nella riunione con i gruppi parlamentari a palazzo Montecitorio, il leader del Carroccio ha ribadito la linea di voler ricandidare i presidenti di regione uscenti, a partire da Christian Solinas in Sardegna, dicendosi comunque fiducioso che si troverà una soluzione insieme agli alleati.

Al vertice a Palazzo Chigi mancava quello che in teoria è il quarto leader di maggioranza e della destra, Maurizio Lupi di Noi Moderati. “Se dai territori arrivano indicazioni chiare, dobbiamo rispettarle. Il criterio che ci siamo dati è di ricandidare gli uscenti ma anche di ascoltare il territorio. Solinas ha sicuramente fatto bene, ma se si chiede dal basso di presentare una candidatura che valorizzi ancor più la coalizione, lo trovo legittimo” ha detto Lupi in un’intervista al Corriere della Sera.

“È successo già in regioni importanti come la Sicilia, o in Molise. Musumeci era un presidente autorevole, infatti oggi è ministro. Ma si decise di ampliare ancor più la potenzialità della coalizione, e FdI fece un passo indietro con generosità. Trovo comprensibile che oggi il partito di Meloni possa chiedere di candidare non l’ultimo arrivato, ma un suo esponente di valore come l’attuale sindaco di Cagliari” ha detto Lupi.

Sui rapporti di forza cambiati all’interno della coalizione di destra, Lupi è chiaro: “Il primo criterio non è il rapporto di forza ma la qualità del candidato. Poi non c’è dubbio che oggi il centrodestra abbia una guida forte, di Giorgia Meloni, e sia con il 27 o 28 o 29% sicuramente il primo partito della coalizione. È un elemento che non possiamo far finta non esista. Tanto più visto che Meloni si è dimostrata generosa in passato. Altrettanto può fare la Lega, mi auguro e sono convinto che lo faranno. Che ci sia disponibilità a dare spazio in regioni importanti al primo partito della coalizione mi sembra corretto – conclude – ma sono cose che affronteremo quando sarà il momento. Ora l’importante è essere uniti”.

Big bang regionali. Rischia di implodere il centrodestra, mentre il Campo largo non riesce a trovare uno schema in tutti i territori che andranno al voto quest’anno. Con il Pd che insegue il M5S di Giuseppe Conte. Dati gli ultimi sviluppi, potenzialmente clamorosi, è doveroso partire dalla maggioranza. La cronaca della giornata di ieri ci parla di due vertici informali tra i leader della coalizione. Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani si vedono prima in mattinata a Palazzo Chigi. Bocche cucite, nessuna novità, né passi in avanti rispetto allo stallo che si era registrato mercoledì. Anzi, i principali esponenti dei tre partiti di governo rilanciano e rimangono sulle loro posizioni.

Anche se un parlamentare di vertice della Lega con Il Riformista prova a essere ottimista: “Non penso che possa saltare tutto per via della Sardegna, con tutto il rispetto”. Fiducia di prammatica viene espressa anche da altre fonti della Lega e dal capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti. Intanto il Carroccio, Forza Italia e Fratelli d’Italia continuano a guardarsi in cagnesco. I tre leader si rivedono a pranzo, ancora una volta a Palazzo Chigi. Nulla filtra, ma Tajani abbandona la riunione prima di Salvini. Il segretario della Lega, dopo il fuoco e le fiamme degli scorsi giorni, si intrattiene con la premier. Anche il leader di Forza Italia vede separatamente Meloni. Ma Palazzo Chigi e la Lega smentiscono: “Nessun incontro sulle regionali ma una riunione allargata sull’immigrazione a cui hanno partecipato anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi”.

Un salviniano di rango espone la posizione del suo partito su un divanetto del Transatlantico di Montecitorio: “I rapporti di forza devono essere rispettati al governo e in Parlamento, non sui territori. Detto ciò Meloni deve diventare la leader della coalizione, non limitarsi a fare il segretario di partito”. Nella Lega è molto in voga la nostalgia per i tempi di Silvio Berlusconi, che “ci consentiva di governare le regioni del Nord anche quando aveva il triplo dei nostri voti. Noi riteniamo che cambiare un presidente, in questo caso il presidente della Sardegna, che per cinque anni ha governato bene non so se poi sarà apprezzato dai sardi nel voto delle Regionali. Quello che temiamo è che un cambio in corsa di un candidato presidente rischi di allontanare l’elettorato”, spiega il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Edoardo Rixi.

Per la Lega la battaglia campale è sulla Sardegna, dove Salvini punta alla riconferma dell’uscente Christian Solinas. FdI, al contrario, insiste sul sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. “Il nostro candidato è Truzzu, francamente non capisco l’insistenza di Salvini su Solinas, che è ultimo nella graduatoria dei governatori più amati”, riflette un deputato sardo del partito di Meloni. “Noi siamo per la conferma degli uscenti”, è la linea del segretario della Lega, ribadita in mattinata ai suoi parlamentari prima di incontrare Tajani e Meloni. La convinzione è che alla fine un accordo sarà trovato, ma ancora non si capisce come. I leghisti offrono a FdI i candidati nelle regioni che andranno al voto 2025, ora in mano al centrosinistra, ovvero Toscana, Emilia-Romagna, Campania e Puglia. Da Via della Scrofa invitano a non correre e a pensare al 2024, quindi alla Sardegna, all’Abruzzo, alla Basilicata e all’Umbria. Meloni teme che lo scontro sulle regionali sia solo l’antipasto di un lungo percorso di destabilizzazione inaugurato da Salvini in un anno in cui si vota anche per le europee.

Intanto la Lega getta il cuore oltre l’ostacolo e presenta in Parlamento la proposta di legge sul terzo mandato ai governatori. Un blitz per blindare il presidente del Veneto Luca Zaia. Il “doge” l’anno prossimo in realtà correrebbe per un quarto giro. Infatti nella pdl è specificato che il conteggio dei mandati parte dal 2012. Da FdI e Forza Italia rispondono con il gelo. Mentre Tajani in serata prova a stemperare la tensione: “Si farà un vertice a tre se serve, io sono ottimista”. Nel risiko entra anche la Basilicata. Tajani difende l’uscente Vito Bardi: “Nessuno lo ha mai messo in discussione, per noi è l’unico candidato possibile”. Salvini è pronto a lanciare l’ex senatore Pasquale Pepe e FdI è ancora tentata dall’ipotesi di un “civico”, che potrebbe essere il presidente della Confindustria lucana Francesco Somma.

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