Giornalisti all'esterno di palazzo Chigi durante il vertice sulla manovra, Roma, 06 dicembre 2019. ANSA/ANGELO CARCONI

Manovra Meloni: salari, sanità, famiglie e pensioni

Le risorse della manovra saranno concentrate su salari, sanità, famiglie e pensioni. Ci sarà spazio per confermare il taglio del cuneo ma non sarà questa la manovra con cui realizzare tutte le promesse elettorali. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha riunito ieri la sua maggioranza a Palazzo Chigi per fare un bagno di realtà. Presenti anche i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Assente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti perché – è la spiegazione data – non si parlava solo di manovra, ma in generale di tutti i prossimi provvedimenti che arriveranno da qui alla fine dell’anno alle Camere. ”Si preannuncia – spiegano fonti dell’esecutivo – un anno complesso che la maggioranza è pronta ad affrontare con determinazione e serietà, a partire dalla Legge di Bilancio sulla quale i partiti della maggioranza sono tutti concordi nel concentrare le poche risorse su salari, sanità, famiglie e pensioni, a partire da quelle dei giovani”.

Un vertice sul “metodo”

Il “metodo” è stato al centro del vertice. Nell’incontro a palazzo Chigi non si è scesi nel dettaglio della legge di bilancio. Si è sottolineato che i margini sono stretti ma si condividerà il percorso, viene riferito da fonti parlamentari. Il ragionamento della premier Meloni, condiviso dagli altri partecipanti all’incontro. è stato quello di condividere il percorso della legge di bilancio, anche per quanto riguarda la comunicazione delle misure. È stata sottolineata la necessità della compattezza anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, con l’obiettivo di far crescere tutti i partiti della coalizione.

Il deficit aumenta

Il problema sono le risorse. I conti peggiorano, anche se la crescita tiene le spese aumentano, il deficit aumenta. Il deficit dell’Italia nel 2023 potrebbe essere “molto più ampio, vicino al 5%” del PIL, rileva Bloomberg sulla base delle sue analisi. L’obiettivo sul deficit fissato nella Nadef era del 4,5%. E tra i fattori che influenzerebbero la proiezione, riporta Bloomberg, ci sarebbe l’effetto del Superbonus. Questo lo scenario nel quale si muove la maggioranza. La linea è quella di non tirare troppo la corda con Bruxelles, con cui già si dovrà trattare per mantenere un pò di margine di manovra. Anche perché il destino dei conti rimane legato alla decisione di Eurostat, sul conteggio dei fondi per il Superbonus. Le decisioni arriveranno a valle dei numeri ma bisognerà aspettare la Nadef, a fine settembre, per avere un quadro definito.

La questione Superbonus

“Archiviamo il Superbonus, ma proroghiamo gli altri bonus edilizi che non hanno mai dato problemi, anche con la cessione del credito selettiva – propone Enrico Zanetti, consigliere del ministro Giorgetti in un’intervista alla Repubblica –. Li allungherei di un altro triennio. Si potrebbero anche valutare sconti o cessioni per tutti i contribuenti o per alcuni soltanto. Il bonus facciate è stato un vero e proprio veleno che ha favorito le truffe. Il Superbonus invece è stata una medicina, ma – sottolinea – è come se avessimo dato non uno, ma dieci flaconi interi di questa medicina. A livello di deficit causato dal 100% – aggiunge – la coda si scaricherà essenzialmente sul 2023“. Zanetti accusa poi l’allora ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Pd) di avere “servito su un piatto d’argento le truffe dei bonus facciate con scelte normative incommentabili. Fu il Mef dell’epoca a certificare che, anche dopo queste scelte politiche, l’effetto sui conti sarebbe stato di 35 miliardi, quando stiamo arrivando a 80”.

La parabola del Superbonus si arricchisce di un’ulteriore capitolo. Ancora una volta a preoccupare il Governo è, da un lato, il saldo dei conti pubblici e, dall’altro, la necessità di tutelare i condomini che non riusciranno a completare i lavori comunicati entro la fine del 2023 (ecco quanto costa la misura allo Stato).

Per questo motivo Palazzo Chigi pensa a una proroga del Superbonus 110% per quanto riguarda i condomini, che scadrà il 31 dicembre. Il tutto mentre infervora la polemica politica tra maggioranza e opposizioni sui contenuti della prossima Legge di Bilancio, che si vorrebbe, come detto, incentrata su salari, sanità, famiglie e pensioni. Ecco cosa sta succedendo.

Innanzitutto un rapido riassunto delle puntate precedenti: il Superbonus è sceso al 90% nel 2023, restando però al 110% soltanto per i condomini che avevano approvato i lavori e presentato la Cila (Comunicazione di inizio lavori) entro novembre 2022 (qui abbiamo spiegato in quali casi scatta l’obbligo del cambio residenza).

L’Esecutivo avrebbe in programma di prorogare ai primi tre mesi del 2024 la possibilità di usufruire della massima agevolazione (al 110%), imponendo con ogni probabilità come “paletto” il completamento del 60-70% dei lavori. Per le villette unifamiliari non sarebbe invece previsti altri slittamenti, oltre a quello al 31 dicembre previsto dal Dl Asset. A determinare la portata della modifica sarà in primo luogo la presentazione della Nadef, prevista per fine mese.

Nel 2024 l’aliquota del Superbonus dovrebbe scendere ulteriormente, stabilendosi al 70%. Nonostante questa misura e nonostante il blocco della cessione dei crediti, i conti pubblici non migliorano. Secondo il sottosegretario al Mef, Federico Freni, il Governo ha finora pagato 21 miliardi di euro e “deve versarne ancora 109, quando verranno portati in compensazione i crediti maturati per i lavori” (Superbonus e cessione del credito: EnelX blocca tutto).

Nei cassetti dell’Agenzia delle Entrate “ci sono ad oggi 142 miliardi di crediti ceduti, non tutti utilizzati. Di questi, 12 miliardi sono frodi. Ne rimangono 130: ad oggi ne sono stati portati in compensazione 21 miliardi. Ne rimangono 109 da portare in compensazione. Questi 109 aumentano di 3,5 miliardi al mese”, spiega ancora Freni.

In Parlamento la maggioranza ha stimato inoltre 30 miliardi di euro di crediti fiscali incagliati. A fronte di questa somma, l’ANCE stima un numero di interventi in difficoltà per via del blocco delle cessioni pari a quasi 95mila unità (57mila unifamiliari e 38mila condomini), per un totale di oltre 320mila famiglie (circa 752mila persone), oltre che di 33mila imprese di costruzioni.

Cosa succederà al Superbonus

La situazione non è dunque rosea. Per correre ai ripari, il Governo Meloni ipotizza un’ulteriore stretta per beneficiare del Superbonus nel 2024, garantendo la detrazione fiscale solo ai redditi bassi. Un esempio lo abbiamo già avuto per le unità unifamiliari, per le quali nel 2023 è stata prorogata l’aliquota al 90% a condizione però che il reddito familiare non superi i 15mila euro.

Il dossier più urgente è, ancora una volta, quello dei condomini che hanno assolto in tempo a tutti gli obblighi burocratici per l’avvio dei lavori, ma che sono in ritardo con i cantieri e i pagamenti relativi all’avanzamento delle opere. In questi casi, come accennato, dal 2024 la detrazione scenderà al 70% aumentando ulteriormente le difficoltà di famiglie e imprese. Tutto verrà deciso nella definizione della Manovra. E la strada non sarà in discesa.

Il capitolo pensioni

“La priorità di quest’anno è il taglio del cuneo – spiega il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) intervistato dalla Stampa sulla legge di Bilancio –. Molto probabilmente avremo Quota 103 anche nel 2024 e questo consentirà a chi ha 62 anni e 41 di contributi di andare in pensione anticipatamente. È l’inizio del percorso di Quota 41 come avevamo chiesto”. Sulle pensioni minime, “cercheremo di allargare il più possibile la platea per sostenere gli assegni bassi”. Per ottenere risorse, il governo valuterà se “redistribuire l’adeguamento all’inflazione delle pensioni, come abbiamo fatto lo scorso anno per alzare le minime. Sui salari, l’obiettivo è potenziare la contrattazione collettiva e dare risposte ai rinnovi – rivela il sottosegretario –. Lo sciopero della Cgil, Landini l’ha annunciato da mesi, è pretestuoso. È singolare indire uno sciopero generale prima di aver visto le misure del governo. La legge di Bilancio ancora deve essere scritta”.

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