Gli angeli custodi che proteggono la premier

Giorgia Meloni invia un videomessaggio  all’assemblea della Confederazione Nazionale dell’Artigianato dove  appare con la statuetta stilizzata di un angelo al suo fianco. «Voglio ringraziare il presidente Costantini per questo splendido pezzo di artigianato che mi avete donato, evidentemente sapete che io colleziono angeli e questo è un pezzo pregiatissimo per la mia collezione». Quella della premier è una passione che nasce da lontano, visto che a 18 anni iniziò a collezionare statuette che raffigurano angeli, ne ha in tutte le stanze della casa e in ufficio, di ogni materiale. I suoi preferiti sono gli angeli di legno dipinti a mano, come quelli degli artigiani dei laboratori di San Gregorio Armeno, ma anche quelli di terracotta. Proprio a San Gregorio Ameno, peraltro, tra le statuine in legno più vendute c’è proprio quella di Giorgia Meloni.

Di recente, in occasione della visita a Papa Francesco, ha scelto di dare al Papa q uno degli angeli della sua collezione ma anche un libro di Maria Montessori. Il suo hobby, non certo segreto, nasce da una convinzione che non ha mai nascosto: quella di poter entrare in contatto con gli angeli e con il loro messaggio di amore e speranza. «Credo fermamente che gli angeli si manifestino con chiarezza nella vita di tutti noi. Con il mio angelo custode parlo sempre» scrive Giorgia Meloni nella sua autobiografia. E sempre in Io sono Giorgia la premier rivela anche il nome che ha assegnato al suo angelo custode: Harael, un nome scelto «per convenzione, perché una volta lessi che l’angelo custode dei nati il 15 gennaio si chiama così».

A ‘Fuori dal coroì, ospite di Mario Giordano, spiegò così il suo rapporto con gli angeli e la sua abitudine a relazionarsi con loro. «Come interagisco con il mio angelo custode? Chiedo consigli, cerco di ascoltarlo, di raccogliere un segnale. Alla fine la sua risposta riesco a vederla quasi sempre. Ne parlo con pudore perché non è un argomento leggero, si rischia di svilirlo, di finire nella new age, ma posso dire che in generale cerco sempre di ricordarmi di guardare verso l’alto. Ci sono segnali che ti arrivano, idee, pensieri. Quello che noi chiamiamo istinto o coscienza, una voce che sentiamo nella nostra testa, che poi quando non la ascoltiamo e passiamo avanti ci fa dire, mannaggia ci avevo pensato. Ecco, magari in quell’occasione non eravamo noi ad averci pensato ma qualcun altro».

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