Davigo: l’ex pm condannato in appello a 15 mesi per il caso Amara, ‘per smarrimento di una postura istituzionale’

L’ex pm di Mani Pulite ed ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo è stato condannato a un anno e 3 mesi dalla Corte d’Appello di Brescia.

Il magistrato, ora in pensione, era accusato di rivelazione del segreto d’ufficio in merito alla vicenda dei verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria.

I giudici hanno confermato la sentenza di primo grado.

Piercamillo Davigo, uno dei magistrati simbolo di Mani Pulite, l’ex pm ed ex consigliere del Csm, è stato condannato anche in appello a 15 mesi di reclusione dalla Corte di Appello di Brescia.

L’ex pm era accusato di rivelazione del segreto d’ufficio in merito alla vicenda dei verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria. I giudici della Corte d’Appello di Brescia ha quindi confermato la stessa pena stabilita nel giugno scorso al termine del processo di primo grado per rivelazione del segreto d’ufficio. Davigo era presente in aula al momento della lettura del verdetto in cui è stato condannato.

Davigo è stato giudice e presidente di sezione della Cassazione, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, nonché componente del Consiglio Superiore della Magistratura sino alla pensione nell’ottobre 2020.

Il Tribunale di Brescia, in primo grado, nelle 111 pagine con cui viene motivata la condanna di Davigo a 1 anno e 3 mesi, dello scorso 20 maggio hanno puntato il dito contro «le modalità quasi “carbonare”» con cui i verbali segreti dell’avvocato Piero Amara sulla “loggia Ungheria” nel 2020 «sono uscite dal perimetro investigativo del pm milanese Paolo Storari (formato Word, chiavetta Usb, consegna nell’abitazione privata di Piercamillo Davigo).

Inoltre, le precauzioni adottate» dall’allora consigliere Csm ed ex pm di Mani pulite «in occasione del disvelamento ai consiglieri nel cortile del Csm lasciando prudenzialmente i telefonini negli uffici, appaiono sintomatiche dello smarrimento di una postura istituzionale».

I magistrati avevano inoltre colto «un cortocircuito sinergico reciprocamente fuorviante» tra i due, senza che si possa capire «se quella di Storari sia stata davvero un’iniziativa “self made” o se non vi sia stato, invece, come pure farebbero pensare alcuni passaggi rimasti in ombra, un qualche mentore ispiratore» nel quadro di «eventuali interferenze verificatesi all’interno della Procura di Milano».

Piercamillo Davigo ospite a In Onda, all’indomani della sentenza: «Non mi rimprovero assolutamente nulla, ho fatto l’unica cosa che era possibile fare in quel momento. Ricordo solo che per cinque mesi alla procura di Milano non sono state fatte le iscrizioni, e che se si pone il segreto per dire che occorre fare le indagini, che almeno si facciano. Per farle, però, bisogna iscrivere. Insomma, ritengo sbagliata quella sentenza ma quello che ho da dire lo dirò nei motivi di appello».

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