Turkey's President Recep Tayyip Erdogan addresses his supporters in Bayburt, Turkey, Friday, Aug. 10, 2018. (Presidential Press Service via AP, Pool)

Crollo lira e Erdogan: ‘Turchia non perderà guerra economica’

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha denunciato ‘campagne’ internazionali per colpire il Paese, invitando i concittadini a non farsi prendere dal panico per il crollo della lira. ‘Non dimenticate che se loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente, il nostro Allah’, ha sottolineato chiedendo di cambiare dollari per sostenere ‘la valuta turca’,  svalutatasi fino al 17% sul dollaro.

La lira turca è scesa del 16% a 6,6 contro il dollaro. Sul reddito fisso il bond governativo a dieci anni ha toccato il massimo storico, con il rendimento schizzato al 22,82% rispetto al precedente 18,85%.

La discesa della moneta turca si spiega, in parte, per le preoccupazioni per un’eccessiva esposizione dei creditori della zona dell’Ue, come rivelate dal Financial Times, ma anche per le crescenti tensioni tra Ankara e Washington. Il mercato dei cambi ha, infatti, penalizzato la lira dopo la visita di una delegazione turca a Washington, guidata dal viceministro degli Esteri Sedat Onal.

Il governo turco sperava che questo incontro sarebbe servito ad avvicinare le parti su una serie di questioni che stanno incrinando i rapporti tra gli Stati Uniti e la Turchia, inclusa la detenzione del pastore americano Andrew Brunson, accusato di aver partecipato al tentativo di golpe del 2016, accuse respinte dagli Usa,  e l’ipotesi di sanzioni contro Ankara.

Parlando a Bayburt, nel Nord-Est del Paese, come si diceva, Erdogan ha sollecitato i suoi concittadini a cambiare le loro valute estere per sostenere la lira turca. Il presidente ha sottolineato poi che è in corso una ‘lotta nazionale’ contro la ‘guerra economica’ dichiarata nei confronti di Ankara: ‘Se avete dollari, euro o oro sotto il vostro cuscino, andate in banca per cambiarli con delle lire turche. E’ una lotta nazionale’.

A rendere la situazione ancora più difficile, è arrivato poi l’annuncio del presidente Trump: ‘Ho autorizzato il raddoppio dei dazi su acciaio e alluminio della Turchia, visto che la loro valuta, la lira turca, è scesa rapidamente contro il nostro dollaro forte! L’alluminio sarà ora al 20% e l’acciaio al 50%. I nostri rapporti con la Turchia non sono buoni, al momento!’.

Le banche italiane sono esposte per quasi 15 miliardi di euro (16,9 miliardi di dollari) verso la Turchia, e salgono a 16 se si includono le garanzie. E’ quanto emerge dai dati della Banca dei regolamenti internazionali, che funge da ‘banca centrale delle banche centrali’. Gli istituti di credito del nostro Paese vengono dopo la Spagna (71 miliardi di euro), la Francia (33 miliardi), la Gran Bretagna (16,5 miliardi) e gli Stati Uniti (15,6) oltre alla Germania (14,8 miliardi). In totale l’esposizione delle banche internazionali verso la Turchia è pari a 264,9 miliardi di dollari.

Dalle banche alle infrastrutture, dalle auto alle autostrade: la Turchia è da anni un mercato importante per le imprese italiane, con un interscambio totale che sfiora i 20 miliardi di euro e investimenti notevoli di gruppi come Pirelli, Fiat e, da alcuni anni, Unicredit. Un ‘mercato prioritario’ per l’export italiano lo definisce la Sace, la società di assicurazioni degli esportatori. Inevitabile dunque che si senta anche in Italia l’impatto della crisi finanziaria che colpisce il Paese.

Tanti i progetti italiani in Turchia, a partire dal comparto infrastrutture-costruzioni-logistica: come quelli di Salini Impregilo nella costruzione di due autostrade, la Kinali-Sakarya e la Tarsus-Adana-Gaziantep, in un impianto idroelettrico, nella linea ad alta velocita’ che collega Ankara ad Istanbul, nella depurazione delle acque a istanbul. E poi c’è l’export dell’Italia, nel 2017 quinto partner commerciale con 19,8 miliardi di dollari di interscambio totale (+11,1% rispetto al 2016), di cui 11,3 miliardi di dollari in esportazioni e 8,5 miliardi di dollari in importazioni e una quota di mercato del 5,1%.

 La crisi della Turchia riverbera anche a Mosca, dove la banca centrale, allo scopo di sostenere le quotazioni del rublo, ha tagliato stamani l’ammontare di valuta estera che acquista regolarmente per proteggere l’economia dalle fluttuazioni del prezzo del petrolio. Il rublo ha così recuperato terreno a 66,8575 dollari dopo aver toccato i 67 dollari stamani, il minimo dal giugno 2016.

 Quest’anno la moneta turca ha perso un terzo del suo valore a causa delle politiche del presidente Erdogan, in aperto contrasto con i paesi occidentali  e che ha ridotto, dopo la vittoria elettorale di giugno, ancor più l’autonomia della banca centrale impedendo una stretta monetaria giudicata necessaria in uno scenario mondiale di tassi in rialzo. Anche i dicasteri economici sono stati posti sotto stretto controllo del presidente aumentando così i timori degli investitori.

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