Una veduta di Palazzo Chigi dove è in corso un nuovo vertice di governo sul testo del decreto di Agosto, Roma 6 agosto 2020. MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

Crisi di governo e gli scenari possibili

Si mantiene alta oggi la tensione interna al governo Draghi, con la possibile rottura del Movimento 5 Stelle e l’invocazione delle urne da parte del leader della Lega Matteo Salvini. L’ultimo retroscena parla di possibili “dimissioni immediate” da parte di Draghi.

Secondo quanto riferito da ‘Le Repubblica’, in caso di no del Movimento 5 Stelle sul Decreto Aiuti giovedì in Senato, il presidente del Consiglio Mario Draghi potrebbe rassegnare immediatamente le sue dimissioni.

In caso di no del Movimento 5 Stelle, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiederà al premier di verificare l’impossibilità ad andare avanti con il suo governo attraverso un voto di fiducia. Davanti al Parlamento, Draghi potrebbe presentarsi con le dimissioni già firmate. Poi bisognerà verificare la disponibilità dell’ex presidente della Banca Centrale Europea a un bis, così come quella delle forze politiche a continuare ad appoggiarlo.

Mario Draghi, nella conferenza stampa del 12 luglio,  ha fatto riferimento anche alle tensioni nel governo.

Alla domanda: “Se il Movimento 5 Stelle non votasse la fiducia, lei sarebbe pronto a ripresentarsi in Aula per verificare la sussistenza della maggioranza?”, il presidente del Consiglio ha risposto che “a) la domanda va posta al presidente della Repubblica; b) non c’è un governo senza Movimento 5 Stelle; c) non c’è un altro governo Draghi diverso da quello attuale”.

Lo stesso Mario Draghi ha poi aggiunto: “Lo dico anche ad altri che hanno detto che a settembre faranno sfracelli: un governo non lavora con gli ultimatum. Se si ha la sensazione che è una sofferenza stare in questo governo, se non se ne ricava alcun piacere, allora bisogna esser chiaro, no? Se il governo riesce a lavorare, continua, se no, non continua”.

Stando a quanto riportato da ‘La Repubblica’ sulla base delle indiscrezioni raccolte nel quartier generale del Movimento 5 Stelle, la linea prevalente per il momento è per l’uscita dall’Aula quando oggi in Senato si voterà la fiducia al dl Aiuti. Nulla, però, è ancora certo.

Intanto, il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato: “Se i 5 Stelle non votano un decreto della maggioranza, fine, parola agli italiani. Si va a votare“.

Tra poche ora infatti si vota il dl Aiuti, stavolta al Senato: dentro c’è il via libera al termovalorizzatore di Roma, che i Cinque Stelle non vogliono. E poi sul provvedimento, che va convertito entro venerdì, c’è la fiducia: forte la tentazione dei pentastellati di non votarlo, ma così cadrebbe l’esecutivo.

Uno scenario ha a che fare con la fuoriuscita del Movimento Cinque Stelle dal perimetro della maggioranza. Numeri alla mano, una maggioranza, anche al Senato, ci sarebbe ancora, anche senza i pentastellati. Si tratterebbe naturalmente di sostituire i ministri M5s. Gli equilibri, a questo punto, potrebbero essere riscritti a favore del centrodestra.

Questo è ciò che forse auspicava Berlusconi quando ha chiesto al premier una verifica della maggioranza: però non è detto che il Partito Democratico accetti di stare in un esecutivo in cui a trainare sono Berlusconi e la Lega.

Ci sarebbe anche da ricordare che è stato proprio Draghi a dire che non avrebbe guidato un governo in questa legislatura senza l’appoggio del Movimento: si è complicato la vita da solo, perché, se volesse mantenersi fedele a tale proposito, dovrebbe, dopo l’eventuale fuoriuscita di Conte e dei suoi, fare la valigie e lasciare Palazzo Chigi.

Però nessuno vede l’addio dell’ex banchiere come una strada davvero percorribile, non con la crisi economica e sociale attualmente in corso.

Un altro scenario vede l’astensione parziale dei più anti Draghi tra i senatori grillini. Significherebbe secondo gli analisti una buona notizia per il governo ma pessima per la leadership dell’avvocato pugliese: la sua guida sarebbe a questo punto messa in discussione.

C’è anche da ricordare, in chiusura, che una rottura con Draghi significherebbe per il Movimento anche far naufragare ogni speranza di un’alleanza in chiave elettorale con Pd. Con i numeri dell’M5s in termini di preferenze di voto nei sondaggi, potrebbe essere la fine di ogni chance, per il Movimento, di contare qualcosa negli equilibri post voto politico.

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