Considerazioni di Barbara Lalle su ‘Lady Holiday MISSISSIPI DRUNK’ andata in scena al Teatro Trastevere di Roma

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, la recensione di Barbara Lalle su ‘Lady Holiday MISSISSIPI DRUNK’ andato in scena al Teatro Trastevere di Roma, collegata, in tema,  ad una esposizione di opere di Giovanni Palmieri.

 

 

Per tre giorni, dal 9 all’11 Marzo,  presso il Teatro Trastevere di Roma, è andato in scena ‘Lady Holiday ‘MISSISSIPPI DRUNK’, un lavoro che onora la signora della  musica jazz per il suo genio e la sua potenza, Billie Holiday.

Chiamata da tutti ‘Lady’ e acclamata dal pubblico, entrava però dalla porta di servizio dei locali in cui si esibiva, perché di colore. Una donna dalla personalità travolgente, nata da genitori adolescenti e a lavoro fin da piccola nei contesti più degradati dei sobborghi degli Stati Uniti. Sottomessa dalle sfortune e dalle violenze con la sua voce inconfondibile radicata nella tradizione blues e il suo perenne fiore bianco tra i capelli ha saputo lasciare un messaggio di bellezza e valore col potere del proprio talento. Morta all’età di 44 anni è stata l’interprete speciale della famosa canzone ‘Strange Fruit’ che racconta degli atroci linciaggi nei confronti dei neri e che ci apre a dei contatti con una storia che non si deve dimenticare  Un’icona attuale ma ancora tutta da riscoprire insieme a un mondo musicale ricco di aneddoti e mistero.

Lo spettacolo, tratto dal testo di Alessandra Caputo  pubblicato per la collana teatrale Scena Muta, con una ballata di Adriano Marenco, rende un omaggio visionario e musicale a una storia che abbraccia un destino molto più ampio di quello di questa straordinaria donna e che affonda nelle radici nere della segregazione razziale, del confronto tra bene e male e dei Poteri della musica, il tutto secondo l’estetica onirica e audace dei Patas Arriba Teatro che in questa regia, curata dalla stessa autrice con Simone Fraschetti, si accorda alla musica accuratamente scelta ed eseguita dal vivo da Rodolfo V. Puccio e all’interpretazione di Valentina Conti.

 

Incontriamo per il pubblico la regista, Alessandra Caputo.

D – Ciao Alessandra, piacere. Ho letto la tua biografia. Sei autrice, regista, drammaturga e performer. Il testo dello spettacolo è il tuo. Lo ho letto, oltre ad aver visto lo spettacolo. Complimenti, ha una sua dignità a sé stante, una prosa poetica che vive di vita propria. Hai pubblicato anche testi accademici e saggi sul cinema. Vuoi parlarci del tuo rapporto con ‘la penna’?

R – La scrittura mi ha sempre accompagnata. È Lei il filo rosso e Lei il contenitore. Spesso è stata un bisogno di prima necessità, per non lasciare chiuse in me emozioni difficili, dolori, confusioni, o gioie imprevedibili, ricordo Lei come prima espressione reale di me, e la ricordo a lungo informe, non strutturata, non in grado di prendere un aspetto di racconto, poesia, testo drammaturgico, o quant’altro, la ricordo in frammenti, squarci di pezzi, percorsi che si intrecciavano e scomponevano, qualcosa che spesso era suggestivo da rileggere ma non sembrava destinato ad un punto di arrivo, era quasi doloroso. Erano aperture improvvise, poi lasciavano spazio e sembrava quasi di non potersi più muovere.

Nel tempo degli orizzonti si sono messi più a fuoco, ho iniziato a scrivere sceneggiature per cortometraggi, articoli, saggi di cinema, e poi è arrivato il teatro. In quella sede speciale tutto sembrava più ‘giusto’, più reale, forse perché qualcuno gli avrebbe dato un corpo sotto ai miei occhi, leggendo e discutendo, ci sarebbe stata una forma unica e irripetibile ogni volta che si andava in scena, in questo rispetto al cinema mi centrava di più, sì quella era proprio una forma ‘giusta’!

In Lady Holiday MISSISSIPPI DRUNK lavoro che con i Patas Arriba Teatro stiamo portando in questi giorni al teatro Trastevere, magnificamente accolti da Marco Zordan e Vania Lai, ci sono tanti squarci di scrittura aperti come gridi, o forse considerando il personaggio in questione, sarebbe meglio dire canti: ci sono immagini, visioni, frammenti di me, che piano piano hanno saputo congiungersi in qualcosa di più organico, o almeno ci hanno provato, hanno trovato un corso. Non a caso il fiume è la strada che giuda la storia di questa incredibile donna, il fiume nero del Mississippi, li dentro ci stanno tante storie.

Il testo poi è stato pubblicato per Edizioni Progetto Cultura nella Collana teatrale Scena Muta diretta da Adriano Marenco che è anche l’autore di una ballata contenuta nel lavoro e che nelle pagine del testo rappresenta per me un bellissimo ponte, una sorta di spartiacque tra l’inizio e la fine. Nello spettacolo poi la ballata di Adriano è diventata una vera e propria canzone, musicata da Valentino Puccio, il nostro musicista d’eccezione.

D – Emerge una sorta di attenzione e sensibilità verso temi di etici e sociali che caratterizza il tuo percorso umano.  Cosa ti coinvolge maggiormente come persona e come artista?

Mi interessa moltissimo parlarmi attraverso l’ascolto degli altri, mi piace scrivere per il teatro perché ci sono degli spettatori in tempo reale il cui feed back è un fluido concreto che arriva direttamente sulla scena e cambia il corso dello spettacolo, credo che grazie a questa magia si possano affrontare temi che da soli è impossibile anche solo pensare, senza temere di andare sui massimi sistemi! e allora ci si può chiedere qual è il nostro ruolo in questo mondo, che cosa ci interessa veramente, che senso possiamo dare al nostro agire. Mi piacerebbe molto in futuro portare la mia ricerca teatrale in spazi in cui si sta lottando per poter cambiare la vita, in diversi sensi, ad esempio nelle scuole, negli ospedali, nei centri di accoglienza, in questi luoghi più che mai il confronto col dolore e col diverso possono aiutarci a trovare delle risposte, risposte che vanno formulate insieme, la scrittura e il teatro sono i fluidi con i quali vorrei provare a farlo.

Nel testo e nello spettacolo Lady Holiday si affronta il tema del razzismo, ci si concentra senza timore di guardare in faccia questo male con il dramma che Billie Holiday ha vissuto in prima persona, dramma dal respiro largo e ancora tragicamente attuale. È stato importante dire grazie alla sua storia e dire grazie alla resistenza che tutti gli schiavi hanno portato avanti con la forza dei loro canti, con il loro sapere oltreoceanico di musica sacra, viva nelle loro ossa rotte sotto il sole a raccogliere cotone, in catene. La nostra Lady fa emergere una radice più profonda della sua stessa storia, ci canta il male di una popolazione oppressa da secoli, ci presenta un odio antico e non estinto, sulla scena, e forse li è più facile provare a trasformare il dolore in bellezza. Questo mi piacerebbe fare con il lavoro che provo a fare.

2)Ci sono persone, incontri e ‘maestri’ che hanno contribuito a migliorare o perfezionare la tua sensibilità artistica? Cosa ti hanno lasciato e cosa pensi di avere lasciato tu a loro?

 

L’incontro con Adriano Marenco e poco dopo la formazione della compagnia teatrale Patas Arriba Teatro è stata fondamentale nel mio cammino, con questo gruppo ho imparato cose nuove, abbiamo prodotto tanti lavori diversi cimentandoci con più generi, conoscendo diversi territori, ognuno con il proprio apporto, Valentina Conti e Simone Frachetti come attori, quest’ultimo anche regista, Pamela Adinolfi (aka Pamlanephoto), come fotografa e curatrice di tutto il materiale visivo della compagnia, Adriano ed io principalmente come autori delle drammaturgie, abbiamo vissuto tante esperienze, viaggiato, ci siamo confrontati con realtà diverse, conosciuto tantissime persone. Per me è stata una scuola e una famiglia.

Poi l’incontro con il musicista Valentino Puccio, che nello spettacolo Lady Holiday MISSISSIPPI DRUNK, cura tutto il tessuto musicale, suonando dal vivo il basso elettrico e abbracciando più stili, andando oltre il jazz, osando senza aver paura di scomodare anche suoni tribali. Valentino è un raffinato musicista e conoscitore di musica, è stato lui a presentarmi Billie Holiday! e con lei la consapevolezza dei poteri del jazz, dopotutto è anche una forma di vivere la vita: il jazz!

D – Il tuo rapporto con la ricerca di nuovi linguaggi e la sperimentazione teatrale e cinematografica. Sei più aaffascinata dalla innovazione o ancorata alla tradizione?

La ricerca non si ferma mai, molti strumenti sono ormai alla portata di tutti, siamo liberi di sperimentare, di approfondire, ecco questo mi interessa sperimentare per approfondire, spesso sembra più vero il contrario, i tanti mezzi ci lasciano in superficie, invece ci tocca di andare sotto, e fare fatica, non è semplice, tante volte ci accontentiamo. Quello che vorrei è affondare dentro dei temi che sento che si stanno muovendo in me da un po’ di tempo a questa parte, ma i modi e i mezzi non è detto debbano essere nuovi, forse mi basta un foglio di carta e una penna, proprio come quando da bambina scrivevo quello che mi passava per la testa, ma adesso ho modo di condividere queste fantasie e per questo mi sento fortunata.

D –  Nuovi progetti in vista?

Ultimamente si è creato un intenso sodalizio artistico con Francesca Romana Nascè attrice intensa e poliedrica oltre che cara amica, stiamo portando avanti un progetto che si chiama Fritto Mistico e che intende uscire dai teatri e incontrare un pubblico diverso, quello della strada, quello di tutti i giorni, forse quello che non ha alcun interesse nell’entrare nella magica scatola nera. La ricerca è sulla spiritualità della materia, attraverso figure di donne, sante e sciamane, una spiritualità concreta, fatta col corpo in stretto collegamento con lo spirito, insieme questi due dovrebbero produrre l’anima, quella unica e irripetibile che si chiama la nostra vita, una ne abbiamo, tocca non sprecarla!

Foto di Pamela Adinolfi

Al foyer del teatro Trastevere in Roma  in tema con lo spettacolo Lady Holiday MISSISSIPPI DRUNK, un’esposizione del pittore Giovanni Palmieri, dedicata alle donne  Alcune opere di acrilico su tela raffiguranti la forza, la determinazione e il sentimento delle donne.

L’artista partenopeo si rivela attento conoscitore dell’animo femminile e ci spiega attraverso la stilizzazione dell’arte, le sue figure femminili.  Si parte da Ticke, raffigurante la dea che nella mitologia greca nacque dall’unione di Tethis e Oceano e rappresenta la fortuna, la floridezza.

La figura femminile stilizzata su un fondo azzurro, a richiamare le acque del mare, ricorda per le sue linee sinuose anche una cornucopia a rafforzare l’idea dell’abbondanza.

Si passa ad un’altra opera dove il giallo oro e il nero sono i colori dominanti, l’opera con il nome di Reflectitur verum, ci rimanda all’obiettivo dell’autore, cioè quello di riflettere ad ognuno di noi la propria verità.

Poi Glicine, un’opera che ci riporta ad un ricordo lontano ed intimo.

Infine, una serie di tele, non perfettamente centrate, messe all’interno di telai che fanno da cornice che rimandano ad un’arte estremamente concettuale.

Questa piccola esposizione di Giovanni Palmieri è un viaggio nelle emozioni, nei meandri della nostra anima, un viaggio che ci riporta a contatto con il nostro inconscio dove ricordi assopiti riaffiorano.

Foto di Marcella Cistola

Barbara Lalle

 

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