Facebook censura il Secolo d’Italia, Mollicone: ‘Il governo riferisca in Aula’

La denuncia del direttore Francesco Storace sulla censura operata da Facebook nei confronti del Secolo d’Italia, ‘colpevole’ di aver scritto di CasaPound, porta il caso dei comportamenti del social network in Parlamento. A chiedere che il governo dia risposte su quanto sta avvenendo in seno alla nostra democrazia è il deputato di FdI Federico Mollicone, che in questo modo fa proprio anche l’appello dell’associazione di giornalisti Lettera22 per l’apertura di una seria riflessione istituzionale sulla materia.

‘Le nuove policy di Fb oscurano arbitrariamente spazi di discussione, minando i diritti fondamentali sanciti in Costituzione come la libertà d’espressione, d’opinione e la libertà di stampa. L’azione di censura colpisce anche Francesco Storace, direttore del Secolo d’Italia. La nostra completa solidarietà al Secolo d’Italia, che ancora ci regala pagine di libertà e di pensiero controcorrente, e al suo direttore Storace, che ne ha rilanciato la centralità’, ha affermato Mollicone, annunciando che ‘raccolgo l’invito di Lettera 22, e chiederò, tramite un question time, che il governo venga a riferire in merito ai rapporti con Facebook, e se, a fronte dell’ondata di chiusure e censure, non siano state violate le disposizioni contenute nella carta costituzionale’.

‘Riteniamo che un’azienda privata non possa sostituirsi a un potere dello Stato e che il governo debba intraprendere tutte le iniziative necessarie alla tutela dei diritti dei cittadini’, ha proseguito il capogruppo di FdI in commissione Cultura e responsabile Cultura e Innovazione del partito. ‘L’ammissibilità dei contenuti di una testata giornalistica, nell’ordinamento italiano, è soggetta al controllo dell’Ordine dei Giornalisti e, ovviamente, dell’autorità giudiziaria’, ha quindi ricordato Mollicone, allargando poi il ragionamento ai meccanismi censori del social network. ‘Le accuse, generiche, di incitamento all’odio come possono essere dimostrate, senza la possibilità all’accusato di difendersi di fronte un giudice terzo? Sembra piuttosto che forme di contrasto al cosiddetto ‘hate speech’ – ha concluso Mollicone – si tramutino in censure a tutto ciò che non è considerato ‘politicamente corretto’.

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