Zaia e quarta presidenza: ‘Se siete contro di me io mi faccio una mia lista e vi mando a sbattere’

La questione del limite dei tre mandati che sbarra la strada, tra gli altri,  a Luca Zaia per un quarto giro da governatore del Veneto, sta diventando una mina per il centrodestra. Lo stesso Zaia ha annunciato che non ha intenzione di farsi da parte, che se il governo non sbloccherà il vincolo sarà guerra, e se sarà candidato un esponente di Fratelli d’Italia dovrà ricordare che «prima vengono i Veneti, poi viene la Lega e solo infine la coalizione». Vero è che Fratelli d’Italia anche in Veneto ha superato la Lega e che quindi aspiri legittimamente a indicare il nuovo governatore, ma è anche vero che in Veneto Luca Zaia, o comunque un «Partito di Zaia» con qualsiasi candidato, secondo i sondaggi vale da solo tra il 40 e il 50 per cento: difficile che senza di lui o addirittura contro di lui il centrodestra possa pensare di vincere agevolmente le elezioni. Un centrodestra che si presentasse diviso, Partito di Zaia-Lega contro Fratelli d’Italia-Forza Italia, in una Regione importante e simbolo dell’efficienza di governo delle destre quale è il Veneto, sarebbe stupido pensare che il tutto resterebbe senza conseguenze politiche. Così come la sinistra in Campania – il governatore uscente De Luca ha lo stesso problema di Zaia -, il centrodestra in Veneto non si gioca infatti solo il governo di una Regione, ma una storia di unità e solidità che dura da trent’anni e che a qualsiasi livello è sempre stata l’arma vincente nei confronti di una sinistra divisa e litigiosa.

“A Treviso ho corso in solitaria contro un centrodestra che governava già da un anno a Roma”, afferma Luca Zaia dal tavolo di presidenza di una conferenza stampa.

Silvio Berlusconi, con il suo ultimo governo, diede attuazione all’articolo 122 della Costituzione che stabilisce che la durata degli organi delle Regioni sia disciplinata da una legge dello Stato. Una legge che fino a quell’anno non esisteva, permettendo a Roberto Formigoni di gestire la Lombardia dall’alto dei suoi quattro mandati.

Il 7 luglio del 2004 veniva pubblicata in Gazzetta ufficiale una legge quadro, che ha fissato in due il limite dei mandati per i governatori. Eppure lo stesso Formigoni è stato rieletto non una, ma ben due volte dopo quella data, senza che nessuno avesse nulla da eccepire. Questo perché la giurisprudenza fino ad oggi ha interpretato la “legge quadro” non come un’imposizione del limite, ma come l’obbligo da parte delle Regioni di inserirlo nella propria legge elettorale. Cosa che alcuni hanno fatto, altri no.

“Inaccettabili le lezioni da bocche sfamate per trent’anni in Parlamento”, ha affermato Zaia, ma è stato lui, nel 2012, uno dei primi a recepirla. Il diritto al terzo mandato rivendicato da Zaia in linea teorica si concretizzerebbe in un via libera al suo quarto mandato.

L’interpretazione giurisprudenziale della legge finora non si è orientata a definirla come una tagliola a partire dal terzo mandato, ma come un obbligo a inserire il limite nelle leggi elettorali regionali. Formigoni si è ricandidato e ha rivinto per due volte. Ma è anche vero che nulla vieta di ricorrere contro la suddetta interpretazione, e di vedersi riconosciuta ragione. Soprattutto ricorrendo contro i potenziali terzomandatisti di Regioni che hanno modificato la legge elettorale dopo il 2004 ma che non hanno inserito lo stop.

Nel 2012 Zaia a metà del suo primo mandato riformò la legge veneta inserendo il limite dei due mandati, con la postilla che tutto sarebbe entrato in vigore a partire dalla consiliatura successiva. Dunque nel 2015 si è ricandidato, ma a termini di legge il suo secondo mandato è stato il primo, nel 2020 il suo terzo, sempre a termine di legge, è stato il secondo.

Adesso però tutto sbatte contro la ragion politica del momento, visto che nulla vieterebbe al centrodestra di modificare la legge, ma mettere fuori gioco Zaia permette al Veneto di tornare contendibile per Fratelli d’Italia, che punta a mettere le mani su una grande Regione del nord a certificare il cambio di peso elettorale degli ultimi anni, ma con Zaia in campo, presidente uscente forte del 44% di consensi alla sua lista personale, la strada sarebbe segnata.

Giorgia Meloni ha detto no a un ritocco della legge nazionale e si è pure messa di traverso alla legge di De Luca, non sia mai che si crei un precedente di un qualunque tipo che riapra la strada a Zaia, che ha impugnato formalmente la sua riforma. “Ne parleremo in consiglio federale”, ha fatto sapere il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. Segno che la partita è tutt’altro che chiusa, con Zaia che dice: ‘se siete contro di me io mi faccio una mia lista e vi mando a sbattere’. Da considerare che nel 2028 lo stesso identico problema si porrà anche per Friuli Venezia Giulia e Lombardia.

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