Voucher e piano del governo

La macchina del governo e del Parlamento per intervenire su voucher e responsabilità negli appalti è già in movimento. Esecutivo e gruppi parlamentari potrebbero procedere spediti verso una stretta drastica sui buoni-lavoro, tale da essere giudicata potenzialmente in grado di disinnescare i due referendum residui.

La valutazione sulle novità legislative spetterà alla Cassazione, ma di sicuro governo e gruppi di maggioranza si muovono da settimane in questa direzione. Lo stesso premier Paolo Gentiloni ha più volte anticipato l’operazione in cantiere. E il ministro Giuliano Poletti ha insistito: ‘Pensiamo sia necessario ancora intervenire per limitare e ridurre gli elementi di utilizzo improprio perché è uno strumento nato per lavori accessori, per situazioni specifiche, ma è andato oltre, bisogna riportarlo alle dimensioni delle origini’.

Le linee di intervento sono molteplici, ma quelle più gettonate potrebbero riguardare il tetto per l’utilizzo dei buoni, i tempi entro i quali vanno utilizzati una volta comprati e i casi nei quali non si possono usare. È probabile che si riduca il tetto (al momento a 7.000 euro annui per lavoratore con un massimo di 2.000 dallo stesso committente) tornando ai 5.000 euro precedenti il Jobs Act (ma si potrebbe decidere una cifra inferiore, dato che solo 200.000 persone circa ricevono buoni per oltre 1.000 euro l’anno).

Si discuterà con tutta probabilità anche della riduzione della durata di validità del buono da un anno a sei mesi e della stretta sull’utilizzo, vietando all’azienda di pagare con questi i propri dipendenti in caso di lavoro supplementare,  risparmiando così sul lavoro straordinario). Resta aperta, però, anche la possibilità di un’azione più incisiva, che porti a escludere alcuni settori, come quello dell’edilizia e per certi aspetti anche quello dell’agricoltura.

Meno probabile, invece, che possa passare la proposta di legge di Cesare Damiano sulla quale è ripresa la discussione alla Camera: limitare i voucher ai piccoli lavori domestici, lavoro di cura, fiere, lavori di emergenza resi da soggetti ad alto rischio di esclusione sociale o da persone non ancora entrati nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne. Anche se la minoranza dem  spinge per un giro di vite robusto e Sinistra italiana ha ottenuto la calendarizzazione di una mozione anti-voucher per il prossimo 23 gennaio. Mettiamo mano ai voucher e riportiamoli alle logiche originarie  insiste Bersani: ‘Chi dice che non sono un problema si metta lui ad andare a voucher’.

Il tema dei voucher è nei fatti un duello  fra chi ne chiede l’abolizione e chi invece ne chiede una modifica. Ma anche in caso di modifiche non è pensabile che basti un giro di vite  ai controlli. Sarebbe un modo ipocrita di aggirare il problema, mentre sarebbe  auspicabile semplificare sul serio le modalità di assunzioni, e comunque almeno ridurre il ricorso dei voucher a quelle prestazioni davvero occasionali e stagionali per le quali era concepito.

La questione dei voucher ci ricorda  che, malgrado quel che si sforza di dire il Ministro Poletti fra una scusa e la recita di cifre che non incantano nessuno, una vera riforma del mercato del lavoro ancora non c’è; quello che è stato fatto ha il sapore di una incompiuta, con una mano tesa alle grandi imprese forse giustificabile all’inizio della avventura del Governo Renzi ma oggi già finita su un binario morto anche perché l’attesa per nuovi investimenti appare tuttora inevasa. Senza dimenticare che gran parte del nostro tessuto produttivo vive sulla intraprendenza di tante piccole imprese che si rallegreranno del fatto che le tutele attuali non muteranno ma continueranno a scrutare il futuro per cogliere segnali diversi dalla incertezza che la fa da padrona.

Per ora quel che resta dei partiti si accontenta di fare i conti con un minore impatto del referendum sulla data delle elezioni. E i commenti sono, come avviene di questi tempi, per lo più di maniera. Eppure la questione lavoro resta quella veramente cruciale per questi tempi. Chi non la coglie oggi perde una opportunità di ritrovare sintonie con la realtà vera del Paese e, forse, rischia di sottovalutare il clima di protesta silenziosa ma non meno insidiosa presente nella nostra società.

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