Vertice di Sharm el Sheikh. Nonostante l’interesse degli Usa, non si è giunti ad alcun accordo concreto

La presenza di Kerry, non porta ad alcun accordo concreto per sostenere la volontà di stabilizzare il Paese.

L’indecisione di Obama sulla questione libica.

Mentre in Egitto si lanciava la formula per dare stabilità al Paese nelle stesse ore, in Marocco, il tentativo diplomatico di far nascere in Libia un governo di Unità Nazionale subiva paradossalmente una battuta d’arresto, della quale il mediatore Bernardino Leon ha potuto soltanto prenderne atto. All’appuntamento si sono presentati i rappresentanti non riconosciuti del governo di Tripoli, mentre quelli riconosciuti dalla Comunità Internazionale del governo di Tobruk, hanno disertato. Come si può tentare un negoziato, quando i primi a tirarsi fuori sono quelli che vengono definiti alleati? Non solo, dalla Libia giungono notizie secondo cui le fazioni appartenenti ai due governi che dovrebbero portare all’unificazione del Paese, sono intente a combattersi reciprocamente e non rivolgono la loro attenzione all’Isis che in Libia è sempre più forte ed agguerrita. Al vertice egiziano della questione libica non se n’è parlato, facendo finta di ignorare quello che sta accadendo a quattro passi dal confine. Il Presidente Al Sisi si è limitato a ringraziare l’Arabia Saudita e gli Emirati per l’aiuto di 12 miliardi di dollari all’economia egiziana, ha illustrato agli investitori stranieri, tra cui molti italiani, le enormi possibilità che offre il Paese. La presenza di Kerry, invece, ha assomigliato più ad un testimonial di eventi,  che al Segretario di Stato del paese più potente del pianeta. L’inviato di Obama è arrivato a mani vuote nonostante tutte le promesse di aiuti in termini finanziari e di armamenti. Questo perché l’Inquilino della Casa Bianca, la cui politica estera è stata sconfessata dai fatti e travolta dagli eventi internazionali, non avrebbe potuto giustificare gli aiuti all’Egitto dinanzi al Congresso, a maggioranza repubblicana, in quanto c’è carenza di rispetto delle garanzie democratiche e né  ha potuto giustificare gli stessi, quali tutela degli interessi nazionali americani; in entrambi i casi avrebbe corso il rischio di un ‘No’ secco e quindi con il rischio concreto di un’ulteriore figuraccia in termini di politica estera, già di per sé, come già accennato, fallimentare. Le mani vuote di Kerry, hanno lasciato l’amaro in bocca ad Al Sisi, perché gli aiuti finanziari e bellici , gli avrebbero permesso non solo di sedare i malumori interni, ma anche di aiutare il governo di Tobruk, riconosciuto dalla Comunità Internazionale,  per aiutare la volontà di stabilizzare la Libia. Anche il nostro Premier, Renzi, presente al vertice ha riconosciuto il ruolo dell’Egitto a difesa di una stabilità che è anche quella italiana. La Mogherini, Alto Commissario UE per la politica estera, esclude un intervento militare in Libia, perché nell’immediato non porterebbe a nulla di concreto  E tornando a Kerry, su un eventuale intervento armato in Libia non si è sbilanciato. Questo perché Obama è pieno di problemi che risalgono ai tempi del ritiro dall’Afghanistan e sono continuati con l’invio di soldati in Iraq per contrastare l’Isis ed ora ha la patata bollente del trattato sul nucleare con l’Iran, su cui il Congresso gli darà filo da torcere. Oggi tutti si chiedono se Obama farà qualcosa per la Libia; allo stato lo stesso non lo esclude. E’ chiaro a tutti che senza gli Stati Uniti le opzioni per la Libia sono molto risicate.

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