La crisi economica conseguente allo scoppio della guerra in Ucraina e il rialzo dei prezzi potrebbe portare a cifre esorbitanti per l’estate, tra mangiare fuori e destinazioni per le vacanze.
A far emergere la situazione è uno studio del Codacons rivelato da “Riparte l’Italia”. L’osservatorio economico e sociale, infatti, ha svelato quelli che sono gli aumenti dei prezzi registrati in questo 2023.
Mettendo a confronto i listi odierni del comparto ristorazione con quelli in vigore un anno fa è stato riscontrato che i prezzi al pubblico registrano aumenti medi del 6,8% su base annua. Infatti, i menu dei ristoranti costano il 6,1% in più, una cena in pizzeria rincara del 7,6% e per una consumazione al bar si spende in media il 4,8% in più.
I numeri non cambiano poi per gelaterie e pasticcerie, che hanno ritoccato al rialzo i listini del 5,9%, mentre i fast food del 6,6%.
Insomma, solo per mangiare fuori, gli italiani si trovano a spendere quasi 2 miliardi di euro in più rispetto all’anno scorso.
La situazione non cambia di certo per le tariffe di alberghi, hotel, B&B e strutture ricettive in generale. L’incremento medio si aggira, infatti, sul 15% rispetto al 2022 ma si arriva al rialzo record del 43,2% registrato a Firenze.
Solo per i soggiorni in alberghi e hotel si pagano prezzi più alti in media del 18% rispetto all’anno scorso.
Guardando le differenze rispetto a un mese fa, infatti, si capisce di più: le tariffe delle strutture ricettive sono salite in media del 15,2% rispetto al 2022, con punte del +18% per alberghi e motel, mentre villaggi vacanza a campeggi costano l’11,1% in più.
Ma quali città hanno subito più aumenti? Dopo Firenze, al secondo posto c’è Milano, che registra tariffe in crescita del 38% su base annua, mentre a sorpresa tra le città che vedono salire vorticosamente i prezzi delle strutture ricettive troviamo al terzo posto Campobasso (+28,9%). Seguono Venezia (+25,7%), Palermo (+25,3%) e Ferrara (+24,6%).
Stangata anche nelle città balneari, dove i rincari maggiori si registrano in Sardegna con il +20,3% della zona Olbia-Tempio, ma anche in Puglia e in Emilia Romagna si registrano aumenti (dal +15% al +17%).