epa05887491 A video grabbed still image shows Syrian people receiving treatment after an alleged chemical attack at a field hospital in Saraqib, Idlib province, northern Syria, 04 April 2017. Media reports quoting the British war monitor Syrian Observatory for Human Rights state an alleged chemical attack in the rebel-held area of Idlib province on 04 April killed at least 58 people, including 11 minors, and wounded dozens others. EPA/STRINGER

Usa, tra attacco con gas in Siria e problematica nordcoreana

Militari e intelligence Usa hanno intercettato comunicazioni di militari siriani ed esperti circa la preparazione per l’attacco con armi chimiche compiuto a Idlib la scorsa settimana. Lo ha riferito una fonte ufficiale americana alla Cnn. Le intercettazioni erano parte del materiale di intelligence visionato nelle ore successive allo stesso attacco allo scopo di stabilirne la responsabilità. La stessa fonte ha sottolineato che gli Usa non erano al corrente in anticipo del raid. Gli Usa solitamente raccolgono vaste quantità di comunicazioni intercettate in zone come Siria e Iraq, materiale che spesso non viene analizzato se non in caso di un particolare evento che richiede la ricerca di analisti di relative informazioni di intelligence. Secondo la Cnn non è emerso fino ad ora materiale intercettato a conferma di comunicazioni sull’attacco a Idlib da parte di militari o 007 russi. Secondo la fonte è probabile che i russi siano più attenti nell’evitare che le loro comunicazioni vengano intercettate.

Questo per quanto riguarda la Siria relativamente all’attacco deciso da Trump che a valle apre una crisi nordcoreana che  tempi  costringe la Cina a muovere i propri pezzi su una scacchiera che si sta facendo incandescente.

Così, mentre Trump ammonisce il dittatore di Pyongyang definendo ‘un’Armada molto potente’ il convoglio di navi da guerra in arrivo in queste ore nel mare della Corea, il presidente cinese Xi Jinping prende il telefono e chiama il collega americano per cercare, nei limite del possibile, un’intesa sul da farsi.

 Obiettivo dichiarato di Pechino è convincere Kim Jong-un a rinunciare al suo programma nucleare attraverso il ripristino dei ‘colloqui a sei’, che prevedono la partecipazione delle due Coree e di Stati Uniti, Cina, Russia e Giappone. Un obiettivo che pare destinato al fallimento per una ragione molto semplice: Kim sa benissimo,  e lo ha ribadito in questi giorni dopo l’attacco lanciato da Trump in Siria, che il suo arsenale atomico è l’unica garanzia di cui dispone per restare al potere.

 Pechino ha intanto smentito la notizia dell’invio nella regione di frontiera con la Corea del Nord di 150mila militari, che avrebbero la funzione di impedire una fuga di massa di nordcoreani verso il territorio cinese. Un’altra informazione piuttosto preoccupante riguarda l’Australia. Un diplomatico americano a Canberra ha dichiarato che in base a informazioni dei servizi Usa entro due anni la Corea del Nord sarebbe in grado di colpire anche l’Australia con i propri missili.

È chiaro,  ha detto l’incaricato di affari degli Stati Uniti James Carouso,   che la Corea del Nord è un problema e che i Paesi della regione hanno motivo di essere allarmati da un regime con una guida nella quale è difficile vedere qualsiasi approccio razionale  alle problematiche che potrebbero, inesorabilmente, nascere.

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