Usa, la Corte Suprema dà ragione a Trump: “Il muslim ban può andare avanti”

Il massimo organo giudiziario americano si è schierato a favore di Donald Trump, impedendo a molti rifugiati di mettere piede negli Stati Uniti. Il tutto mentre la Casa Bianca, ha rivelato il New York Times, spinge per abbbassare al di sotto di 50mila il numero di rifugiati da accogliere nel corso del prossimo anno fiscale, il minimo da almeno 1980. Con un ordine di emergenza, la Corte Suprema ha accettato una richiesta fatta dalla squadra del presidente Usa per bloccare la decisione di un tribunale federale che, se messa in pratica, avrebbe permesso a circa 24mila rifugiati già sottoposti a controlli di entrare in Usa. In una nota di poche righe e senza dissidenti, la Corte Suprema ha sospeso la decisione della Corte d’Appello del nono circuito (che ha sede a San Francisco), presa la settimana scorsa: in base ad essa un tribunale delle Hawaii aveva correttamente deciso che il cosiddetto “travel ban” – che impedisce l’ingresso in Usa dei cittadini di sei nazioni prevalentemente musulmane – non poteva essere attuato contro i rifugiati che avevano ricevuto rassicurazioni formali da parte di agenzie di ricollocamento o che erano parte del programma Usa di ammissione di rifugiati.

La pronuncia della Corte Suprema vale solo per i rifugiati e non per la decisione aggiuntiva della Corte d’Appello del nono circuito secondo cui il “travel ban” non può essere esercitato contro la famiglia allargata di una persona originaria di una delle sei nazioni prese di mira ma formalmente residente Usa; il riferimento è a nonni, zii e zie, cugini e cognati. Il dipartimento di Giustizia aveva deciso di contestare solo la porzione della decisione riguardante i rifugiati e ieri nella serata americana la Corte Suprema si è schierata dalla sua parte. Per Trump si tratta di una vittoria parziale dal momento che il 10 ottobre prossimo la Corte Suprema sentirà le parti coinvolte nella disputa legale riguardante il travel ban, di cui valuterà la costituzionalità. Trump vorrebbe che per 90 giorni i cittadini di Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen non possano mettere piede in Usa; la durata del divieto salirebbe a 120 giorni per i rifugiati. Così facendo, sostiene il presidente Usa, il Paese avrebbe tempo per valutare le procedure di controllo. L’ultimo intervento ad interim fatto dalla Corte Suprema in vista dell’appuntamento del mese prossimo è il terzo dallo scorso 26 giugno, quando disse che il travel ban annunciato con un ordine esecutivo il 6 marzo (e rivisto rispetto a quello originario, che includeva anche l’Iraq) poteva entrare in vigore ma non contro persone che avevano relazioni in “bona fide” con persone o organizzazioni in Usa. Il 19 luglio il massimo organo giudiziario Usa intervenne una seconda volta vietando all’amministrazione Trump di impedire i viaggi ai membri di una famiglia allargata.

Quanto al tetto di rifugiati da ammettere in Usa, secondo il NY Times alla Casa Bianca c’è chi preme affinché scenda al di sotto delle 50mila unità previste daTrump all’inizio del suo mandato da presidente. Quella cifra era di suo pari a meno della metà dei 110mila rifugiati che l’ex presidente Barack Obama disse dovevano essere ammessi nel 2016. Ancora una decisione non è stata presa ma pare che sia Stephen Miller, consigliere di Trump dalla linea dura in tema di immigrazione, a premere affinché il numero di ammessi sia inferiore ai 50mila; Miller è arrivato a proporre 15mila. Per legge, Trump deve consultare il Congresso e prendere una decisione entro il primo ottobre, quando inizierà il nuovo anno fiscale. Se la cifra fosse ridotta, sarebbe la seconda volta in due settimane che il presidente ha usato la sua autorità per ridurre il generale flusso di migranti in Usa. Ha già infatti deciso di smantellare il Deferred Action for Childhood Arrivals, programma in vigore dal 2012 e voluto da Obama per proteggere dall’espulsione le persone che furono portate illecitamente in Usa quando erano bambini. Trump ha lasciato al Congresso il compito di legiferare sul caso.

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