Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi arriva a Palazzo Madama dove si svolge l'assemblea dei senatori Pd sulle unioni civili, Roma, 23 febbraio 2016. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

‘Unioni civili’, Renzi tira dritto con fiducia e stralcio ‘stepchild adoption’

Matteo Renzi sulle Unioni civili va dritto per la strada annunciata all’assemblea del Pd di domenica. Accordo con Ncd, fiducia e stralcio della stepchild adoption. Il presidente del Senato Pietro Grasso, nel frattempo, boccia i ‘canguri’ spiazzando i Dem e lasciando a qualcuno l’amaro in bocca Intanto i cinquestelle vanno all’attacco accusando il governo di temere l’Aula, ma la strada è imboccata e il gruppo del Pd si dice favorevole al maxi-emendamento proposto dal governo senza la ‘stepchild’ che verrà persentato al Senato oggi e votato domani.   Lo stralcio della ‘stepchild adoption’ è un risultato di straordinaria importanza. Sul resto vediamo come vien fuori l’emendamento, afferma il leader di Ap Angelino Alfano al termine della riunione dei gruppi Ap sulle unioni civili, sottolineando come ora serva intervenire per distanziare sempre più, da un punto di vista tecnico, le unioni civili dal matrimonio Nessun commento da parte dei vertici della Cei all’uscita dell’incontro bilaterale Italia-Santa Sede in cui è stato evocato il tema delle unioni civili. Il presidente della Cei, Cardinale Angelo Bagnasco e il segretario, monsignor Nunzio Galantino, hanno lasciato Palazzo Borromeo senza rilasciare dichiarazioni. Come è noto le posizioni tra governo e Cei sulle unioni civili non coincidono, almeno su molti aspetti, ha detto il premier al termine dell’incontro con la delegazione governativa della Santa sede presso l’ambasciata italiana al Vaticano. Renzi ha poi puntualizzato come sia corretto che la Cei abbia la propria linea. ‘Abbiamo evocato anche il ddl sulle unioni civili però non si è entrati nella discussione e credo che le posizioni sono già chiare anche se non è molto chiaro che cosa succederà domani’, è quanto dice il cardinale segretario di Stato, Piero Parolin, al termine della bilaterale Italia-S.Sede. Evocato nel senso che non si è entrati direttamente nella discussione di questo tema, ha aggiunto il porporato che ha aggiunto: ‘Bisogna evitare allo stesso tempo che ci siano altri grimaldelli, al di là del riferimento diretto alla ‘stepchild adoption’, che potrebbero derivare dall’equiparazione delle unioni civili al matrimonio. Perché in questo caso si potrebbe trovare con le sentenze il modo di aggirare il nodo legislativo’. A che gli chiedeva se deve essere rispettata la sentenza della Corte Costituzionale che chiedeva una legge che non equiparasse le unioni civili al matrimonio, il cardinale Parolin ha risposto: ‘Sì, questo credo sia il punto fondamentale’.  Al cardinale Parolin si oppone Alessandra Bernaroli non ci sta a questo e si prepara a un’altra battaglia. Stavolta nel mirino è il ddl Cirinnàsulle unioni civili ormai a un passo dall’approvazione, salvo nuovi colpi di scena. Bernaroli, bolognese, 45 anni e un lavoro in banca, è la donna che ha cambiato sesso. Un tempo era Alessandro, ma ha deciso di preservare il matrimonio con un’altra donna sfidando la legge. Nozze salvate a colpi di sentenze, con una lunga battaglia legale iniziata nel 2009, e finita con la pronuncia della Corte Costituzionale che ancora oggi tiene in piedi il suo matrimonio. Ed è proprio partendo dalla pronuncia della Consulta, che la Corte di Cassazione, nell’aprile del 2015, ha sentenziato che le nozze di Bernaroli e moglie non potranno essere cancellate finché il Parlamento non avrà riconosciuto le unioni gay. Dopo anni di battaglie, ecco la beffa, dice Bernaroli, e questo provvedimento al ribasso rischia di cancellare il mio matrimonio con un colpo di spugna. Per lei il ddl che oggi approderà in Aula al Senato è un compromesso al ribasso, una discriminazione di Stato. Si stabilisce, per legge, che gli omosessuali non hanno diritto a un legame egualitario a quello degli eterosessuali. Per questo, dice, darà battaglia in Italia e in Europa, e se non dovesse spuntarla tornerò ad essere Alessandro perché sono pronta a rinunciare al mio nome pur di salvare il mio matrimonio. Perché la grana legale inizia proprio da qui, dal cambio di nome di Alessandro, diventato Alessandra nonostante il matrimonio con un’altra donna celebrato nel 2005, con tanto di rito in Chiesa. Nel 2009 Alessandra cambia sesso e ottiene il riconoscimento del nuovo status sui documenti. Ma l’ufficio anagrafe della città in cui risiede, Bologna, annulla d’ufficio il matrimonio. Bernaroli se ne accorge solo con il rinnovo della carta di identità, così avvia la lunga battaglia legale perché, nonostante il cambio di sesso, lei e sua moglie vogliono rimanere sposate. E lo vogliono tuttora. Il ddl Cirinnà, denuncia Bernaroli, declassa il mio matrimonio, dando scarsa tutela alla mia unione. Per questo, chiedo lo stralcio dell’articolo 7 del provvedimento, una norma ‘ad personam’ che pretende di convertire il mio matrimonio in un’unione. Della sua storia Bernaroli ha parlato anche con Monica Cirinnà, la senatrice del Pd prima firmataria del ddl che non a caso porta il suo nome. La sua risposta, racconta Bernaroli, in sintesi è stata un’alzata di spalle, mi ha detto che avremmo potuto fare ricorso alle Corti. Certo, un bel modo di fare le leggi. Questa brutta legge, incalza la 45enne bolognese, rischia di cancellare il mio matrimonio trasformandolo in un’unione registrata, senza pari dignità. Introduce una discriminazione per legge, ma nessuno, nemmeno le associazioni ‘Lgbt’, lo denunciano e  tutti sembrano accontentarsi di un compromesso sfacciatamente al ribasso. Siamo in Europa, e questo vale anche per i diritti e dobbiamo ambire a tutele adeguate, come avviene negli altri Paesi europei dove il matrimonio egualitario è un dato acquisito. La mia storia poteva e doveva essere un punto di partenza, perché in Italia, grazie al mio caso, il matrimonio tra due persone dello stesso sesso esiste già. Dovevamo partire da lì, e ci sono proposte di legge in tal senso già depositate in Parlamento, invece abbiamo fatto 10 passi indietro con questa legge/compromesso. La cosa che più non tollero è l’ipocrisia con cui questo governo si appresta ad approvare la legge Cirinnà spacciandola per una vittoria. O l’unione civile è uguale al matrimonio, allora non ha senso non chiamarla così, oppure ha minore dignità, dunque si introduce una discriminazione per legge. Se negli Usa si fossero sempre accontentati del compromesso, oggi non avremmo un Presidente nero alla Casa Bianca, e questo lo ricordo anche alle associazioni ‘Lgbt’. La partita resta comunque complicata con Ncd che chiede altri ritocchi al testo oltre allo stralcio della stepchild e i partiti di opposizione che non sono disponibili a votare la fiducia al governo.

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