Un governo retto da una coalizione asimmetrica

E’ proprio così. Da una parte  ci sono i 5S che rivendicano le mani libere su ogni tema, dall’altro il Pd che al contrario ha le mani legate.  Il Movimento non offre spazi di mediazione. Sulla prescrizione, ad esempio, pretende che  entri in vigore dal gennaio prossimo, senza aver risolto il nodo della lunghezza dei processi e sul fondo salva-Stati, minacciano di votare con la Lega. ‘Il primo amore non si scorda mai.’  Di Maio sembra intenzionato a fare barricate pur di bloccare un trattato europeo che pure aveva gestito nel precedente governo, giallo-verde. Sull’argomento Salvini appare equivoco e lo usa strumentalmente , in altre parole mente sapendo di mentire. D’altra parte c’è il Pd che appare più come uno stuolo di ancelle pronte a servire i 5S ad ogni loro richiesta, che un alleato di governo che impone anche le sue idee. Eppure il Pd , in questi mesi riteneva aver fatto quanto possibile per arginare la deriva populista rappresentata da Di Maio e Salvini, soprattutto sul tema delle autonomie era riuscito a mettere allo stesso tavolo i governatori di destra e sinistra. Perciò  dopo aver annunciato negli scorsi giorni l’accordo Nord-Sud e destra-sinistra,  una riforma che il governo giallo-verde, in modo subdolo e demagogico aveva cercato in tutti i modi di insabbiare,  è stato bloccato dal solito ‘no’ dei grillini. A questo punto non si capisce bene se il leader pentastellato, Di Maio, lo faccia consapevolmente o modo incosciente.  Però qualcuno dalle fila del Pd sembra essersi stufato di quest’andazzo e già il Ministro della Difesa Guerini,  chiudendo l’assemblea della base riformista ha fatto capire a chiare lettere che se Di Maio  dovesse abbracciare le tesi di Di Battista sul no alla Presidente della Commissione Europea e del no al fondo salva-Stati, i giochi finirebbero presto e il Pd potrebbe staccare la spina. In altre parole Guerini tenta di far uscire dall’angolo il Pd in cui sembra essersi volontariamente confinato a subire l’azione politica dei 5S, A tal proposito lavora a presentare una serie di riforme su economia e lavoro , quando a gennaio, come pare, si dovrebbe ritoccare l’accordo con gli uomini di Grillo e Casaleggio. E’ ovvio, però, che se Conte tra pochi giorni dovesse ritirarsi dall’accordo sul trattato europeo, da lui stesso sottoscritto nel giugno scorso, allora la fine della coalizione giallo-rossa sarebbe certa. I democratici non potrebbero sopportare il totale isolamento del nostro Paese dal resto dell’Europa, perché il rating del governo, a questo punto varrebbe meno che zero. Fino ad oggi il Pd è apparso come il ‘buon samaritano’, ha indossato i panni della forza responsabile, subendo un’azione politica dissennata e senza alcuna visione chiara sul futuro dell’Italia. Andando avanti così si aprirebbero, inesorabilmente, le porte al primo governo Salvini. E il Pd non può assumersi questa responsabilità né rispetto agli italiani, né verso gli alleati europei. S’imboccherebbe una strada senza uscita.

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