Andrea Agnelli Pres. Juventus durante l'incontro "Lavazza e Juventus: due eccellenze Italiane si confrontano sulla visione di sostenibilità" in occasione del Salone del Gusto 2016 presso lo spazio Lavazza in Piazzale Valdo Fusi, Torino, 26 Settembre 2016 ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Ultrà-curva, Juventus e Agnelli a rischio deferimento

Lo si ricava dall’avviso di conclusione delle indagini, firmato dal procuratore Giuseppe Pecoraro, al termine degli accertamenti nati dopo l’inchiesta della procura di Torino sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in curva. Nell’ambito del lavoro di indagine dell’Antimafia, il deputato Angelo Attaguile (Lega) annuncia di volere iniziare proprio con la Juventus, per poi occuparsi del Crotone, del Catania e di tutte le società, anche della Lega Pro, che sono finite nel mirino della giustizia. Ma il presidente del comitato ‘mafia e sport’, Marco Di Lello (Pd), informa che solo fra qualche settimana si deciderà se convocare i vertici del club bianconero.

Prima bisogna sentire (il 7 febbraio) i pm della procura di Torino che, nel quadro dell’inchiesta ‘Alto Piemonte’ sulla ‘ndrangheta nel Nord-Ovest, hanno indagato sul business del bagarinaggio. Un ex capo ultras (che adesso compare fra i 23 indagati per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio) è accusato di avere messo in contatto un componente della famiglia Dominello, considerata una emanazione del clan Pesce Bellocco, con la dirigenza della Juventus.

Fu steso, secondo gli inquirenti, un vero e proprio patto: il boss avrebbe fatto da portavoce ad alcuni gruppi della tifoseria organizzata, mantenendo ‘la pace nella curva’, e in cambio avrebbe ricevuto quote di biglietti da distribuire ai supporter o da trattenere per sé e destinare al bagarinaggio. A carico della società bianconera non sono emersi reati penali. Le carte, però, sono passate alla procura della Figc, le cui indagini si sono concluse con parole d’accusa nei confronti di Andrea Agnelli, citato dal capo ultras: mi vidi con lui e parlammo della gestione di biglietti e abbonamenti. Agnelli è chiamato in causa perché, secondo il procuratore federale Pecoraro, fra le stagioni 2011/12 e 2015/16, per mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dagli ultras non impediva al personale della Juventus di intrattenere rapporti con la tifoseria organizzata anche per il tramite di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura di biglietti e quindi favorendo consapevolmente il fenomeno del bagarinaggio. Gli viene rimproverata anche la partecipazione a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria ultras. Nell’avviso di chiusura indagini si afferma anche che in occasione del derby del 23 febbraio 2014, il presidente del club bianconero assecondò l’introduzione allo stadio – ad opera dell’addetto alla sicurezza – di materiale pirotecnico vietato e striscioni per compiacere gli ultras.

Gli altri soggetti interessati sono Francesco Calvo, all’epoca dei fatti dirigente del settore commerciale (poi passato al Barcellona), Alessandro D’Angelo, security manager, e Stefano Merulla, responsabile del ticket office. Mentre lavoravano su ‘Alto Piemonte’ i pubblici ministeri di Torino hanno interrogato i tre juventini. Non sospettavano che Dominello fosse legato alla ‘ndrangheta, non presero informazioni specifiche su di lui. Sembrava soltanto una persona in grado di svolgere con ‘efficacia’ l’incarico. In ogni caso, non c’è prova che i dirigenti fossero consapevoli di stare agevolando la criminalità organizzata. Nessun dipendente o tesserato della Juventus è stato indagato in sede penale, ribadisce dunque oggi la società, precisando di avere sempre collaborato con la giustizia, quella penale e quella sportiva.

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