epa05074378 Fans take photographs whilst posing next to a team poster showing former Chelsea manager Jose Mourinho (2nd R) at Stamford Bridge, London, Britain, 18 December 2015. Jose Mourinho was sacked as Chelsea Manager on 17 December and it has been reported will be replaced by Guus Hiddink. EPA/WILL OLIVER

Ulivieri: ‘I cambi di panchina dimostrano che gli allenatori sono centrali’

‘Gli allenatori sono come le gonne.  Un anno vanno di moda le mini, l’anno dopo le metti nell’ armadio’, soleva dire Vujadin Boskov, mentre per il barone Nils Liedholm l’allenatore di calcio è il più bel mestiere del mondo, peccato che ci siano le partite. Due grandi tecnici come il serbo e lo svedese, oltre che con i numeri e le tattiche erano soliti spiegare il calcio anche con le battute e gli aforismi più salaci, per ripetere quanto quella figura tecnica contasse nel rettangolo verde e non solo. Nel tourbillon delle panchine che sta investendo adesso mezza Europa, con Guardiola che sta per lasciare la Baviera destinazione Premier, Mourinho scaricato per la prima volta in carriera ma sempre ‘Special one’, Benitez e Garcia sempre più in bilico a Madrid e Roma, Carlo Ancelotti cercato dalla ‘corazzata’ Bayern, senza dimenticare i vari Capello, Hiddink, Spalletti, Bielsa, Lippi e tanti altri ancora, la figura dell’allenatore sta tornando al centro della scena. Paradosso del calcio, che strapaga i tecnici anche quando devono andar via. La figura dell’allenatore conta molto in una squadra di calcio, nel bene e nel male,  -spiega Renzo Ulivieri, presidente dell’Aiac (associazione italiana allenatori calcio) perché, di là dalla tattica decide tanto altro. E’ una figura che conta tantissimo, ha sempre contato e sempre conterà, in Italia e all’estero. In Italia forse un po’ di più perchè qui è più difficile fare l’allenatore, aggiunge l’ex tecnico di Bologna, Torino, Fiorentina, Cagliari, Perugia, Samp. Oggi l’allenatore è una sorta di direttore d’azienda e come direttore d’azienda ha un ruolo nevralgico, deve insomma dirigere la baracca. E’ vero che col passare degli anni è cambiata la figura tecnica, sottolinea il 74enne allenatore di san Miniato, ma non il suo ruolo, che si è evoluto più per l’effetto mediatico che altro. Oggi l’allenatore è allo stesso tempo capo tecnico ma anche tanto altro, perchè deve saper allenare ma anche essere maestro e psicologo, considerate le tante pressioni a cui sono sottoposti i giocatori, aggiunge Ulivieri forse memore anche di quello che disse una volta sir Alex Ferguson: ‘Allenare significa affrontare una serie infinita di sfide e la maggior parte di esse ha a che vedere con la fragilità dell’essere umano’. Oggi si fa un gran parlare di allenatori che vanno e vengono, di tattiche, di moduli ma così è sempre stato.   A mio parere non c’è stata nessuna evoluzione del ruolo. L’allenatore è sempre stato il direttore in campo, si è sempre saputo che il tecnico è importante, conta. E il fatto che oggi ci sia questo valzer conferma il valore della figura in una squadra di calcio. Tra i tifosi spesso si è creato il falso concetto che contassero più i giocatori, forse perchè è aumentata la visibilità, dei giocatori in primis, per effetto della presenza televisiva, chiude Ulivieri,  ma la sostanza resta sempre la stessa: la squadra è figlia dell’allenatore, figura portante, fondamentale nella gestione della squadra, nella crescita dei giocatori, nel mantenimento e del rafforzamento del capitale umano che ha a disposizione. E quando si crea il mix giusto arrivano anche i risultati’.

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