Ucraina-Russia, tra invio armi e data del 9 maggio

Palazzo Chigi è al lavoro per un nuovo decreto che possa rinnovare il sostegno alla resistenza del popolo ucraino con nuove armi. Anche perché le risorse stanziate diverse settimane fa non sono più sufficienti.

Un nuovo provvedimento che coinvolgerebbe più ministeri (Economia, Difesa, Esteri) e non avrebbe bisogno dell’approvazione del Parlamento, che già si è espresso in maniera favorevole. Le liste dei materiali inviati saranno secretate, ma si parla di nuove armi anti carro, munizioni e mezzi blindati.

Secondo alcune indiscrezioni la settimana prossima l’Italia potrebbe approvare e garantire un secondo pacchetto di aiuti militari sulla base delle richieste dei vertici ucraini: «Abbiamo bisogno di armi al più presto», ha detto più volte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nelle ultime settimane, e lo ha ribadito di nuovo nell’incontro con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

L’Italia è al sesto posto nel ranking del Kiel Institute for the World Economy per gli aiuti inviati in Ucraina – 260 milioni di euro totali – e al quarto posto considerando solo gli aiuti militari, che ammontano a circa 150 milioni.

Pochi giorni fa il premier Mario Draghi aveva detto che l’Italia ha «stanziato circa 500 milioni di euro per sostenere gli ucraini che arrivano in Italia e 110 milioni in assistenza finanziaria per il governo ucraino», a dimostrazione dell’impegno preso.

All’inizio del conflitto, il Consiglio dei ministri aveva dato il via libera all’unanimità a un decreto che prevede, tra l’altro, di cedere mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari a Kiev. Quindi l’Italia ha inviato sistemi anticarro e antiaereo, mitragliatrici leggere e pesanti e mortai dal valore stimato tra 100 e 150 milioni di euro. A cui aggiungere un contributo da 110 milioni di euro versato a fine febbraio al governo ucraino.

Nella prima tranche di aiuti, come riporta Repubblica, c’erano, tra le altre cose, le mitragliatrici pesanti MG 42/59 «ossia la versione aggiornata dell’arma del Terzo Reich, celebre per il suo volume di fuoco, che i nostri fanti hanno sfruttato negli scontri con i talebani». I voli partiti da Pratica di Mare e da Pisa hanno portato – in Polonia, poi in Ucraina – anche diversi missili terra-aria Stinger: «Sistema missilistico terra-aria impiegato contro la minaccia aerea condotta a bassissime quote», si legge sul sito dell’Esercito italiano. Poi ci sono anche i razzi anti-carro Panzerfaust, che però sono arrivati in basse quantità perché l’Italia non aveva grosse disponibilità: dalla fine della Guerra Fredda non c’è stata grande attenzione agli strumenti per affrontare conflitti tradizionali. E soltanto lo scorso ottobre si è deciso di comprare mille Panzerfaust con testata in grado di perforare le corazze dei nuovi tank russi.

Non solo: grazie a uno stanziamento di 12 milioni, sempre parte della prima tranche di aiuti, sono stati inviati a Kiev anche «equipaggiamenti per la protezione individuale e della popolazione civile», quindi elmetti e giubbotti antiproiettile, dispositivi per individuare mine e altri ordigni esplosivi.

Gli aiuti decisi all’inizio del conflitto si sono aggiunti a quelli dei giorni immediatamente precedenti, quando Palazzo Chigi aveva approvato un altro decreto che stanziava 174 milioni di euro tra il 2022 e il 2023 per il potenziamento della presenza militare in Europa orientale, con il rafforzamento delle tre missioni già in atto: in Romania, in Lettonia e nel Mediterraneo Orientale. Un provvedimento che mobilitava 1.350 militari fino al 30 settembre e altri 2mila per eventuali esigenze di rinforzi o per dare il cambio ai primi soldati.

La reazione della Russia non si è fatta attendere. Se continueranno ad arrivare armi e mezzi agli ucraini «ci saranno conseguenze imprevedibili», minaccia il Cremlino. Un avvertimento inoltrato anche all’Italia, che a marzo, come detto, ha inviato all’Ucraina una prima tranche di armi.

Sembra che Putin stia considerando il 9 maggio  come la data per la fine del conflitto in Ucraina, dal quale è ovviamente sicuro di uscire da vittorioso. Questa data però ha un significato molto importante: è il giorno in cui la Russia festeggia l’anniversario della liberazione e della vittoria contro i nazisti tedeschi nella Seconda guerra mondiale.

Non a caso proprio per quel giorno a Mariupol è prevista una parata militare proprio dell’esercito russo. Queste voci sono già arrivate all’orecchio del presidente ucraino che, però, non si mostra minimamente preoccupato o spaventato. Infatti Zelensky ha detto: “Non abbiamo paura del 9 maggio e siamo tranquilli all’idea che la Russia possa utilizzare questa data per mostrare la sua presunta vittoria”.

Il presidente ucraino ha detto di essere già a conoscenza dei piani della Russia per il cosiddetto Giorno della vittoria, in merito alla parata militare prevista. In particolare Zelensky si è così espresso: “Sappiamo che Mosca prevede di organizzare delle manifestazioni nei territori occupati per la festa del 9 maggio. Penso sia un grande errore”.

La data del 9 maggio per la Russia è molto importante. Fino al 2019, quando l’evento è stato sospeso a seguito dello scoppio della pandemia, ogni anno veniva organizzata una grande parata militare sulla Piazza Rossa. Nei giorni scorsi ad alcuni soldati russi sarebbe scappata la voce sul fatto che la guerra sarebbe terminata quel giorno.

Viktoria Kalachova, vicesindaca di Mariupol nominata dai russi, ha detto che “l’evento si terrà senza alcun dubbio perché la popolazione di Mariupol lo aspetta”. La certezza dei russi è dunque quella di far cadere la città, attualmente sotto assedio e meta di sanguinosi bombardamenti, entro quel giorno.

Stefano Stefanini, ambasciatore italiano alla Nato e senior advisor di Ispi, ha spiegato che questa data per la Russia non può passare inosservata. Dunque “o la Russia è in grado di celebrare un successo di quella che chiama operazione speciale o è costretta a spiegare che il conflitto in corso diventa una guerra”. Se invece la Russia non dovesse essere in grado di celebrare un successo militare allora “sarà costretta  a fare questo collegamento dichiarando lo stato d’emergenza”.

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