A protester that tried with others to stage a march to denounce the deaths of a Monday explosion in the Turkish town of Suruc near the Syrian border, yells as he bleeds after being wounded while Turkish police were arresting him in Istanbul, Tuesday, July 21, 2015. Authorities suspected the Islamic State group was behind an apparent suicide bombing Monday in Suruc in southeastern Turkey that killed tens of people and wounded nearly 100 a development that could represent a major expansion by the extremists at a time when the government is stepping up efforts against them. (ANSA/AP Photo/Lefteris Pitarakis)

Turchia, caccia al fratello del kamikaze di Suruc

 La polizia turca è impegnata in una caccia all’uomo per arrestare Yunus Alagoz, fratello di Abdurrahman, il ventenne kamikaze dell’Isis che lunedì si è fatto esplodere a Suruc, al confine con la Siria, uccidendo 31 volontari con aiuti diretti alla città curdo-siriana di Kobane. Secondo gli inquirenti, l’uomo starebbe progettando un nuovo attentato. La polizia ha anche individuato una sala da tè gestita da Yunus Alagoz nella sua città sudorientale di Adiyaman che sarebbe un probabile centro di reclutamento jihadista. Le indagini condotte finora hanno ricostruito gli spostamenti dei due fratelli turchi jihadisti, che a gennaio sarebbero entrati illegalmente in Siria e addestrati dall’Isis fino al ritorno in Turchia a maggio. La scomparsa dell’attentatore di Suruc era stata denunciata dalla famiglia alla polizia il 22 novembre scorso. Da allora era stato inserito nella lista delle “persone scomparse con legami con il terrorismo”. La madre ha raccontato di averlo rivisto per l’ultima volta una decina di giorni prima dell’attentato, ma di non aver poi più avuto sue notizie. L’ultimo testimone ad averlo visto, l’autista del minibus che lo ha condotto a Suruc, ha detto agli investigatori che viaggiava accompagnato da una donna. Nel frattempo si stringe il cerchio intorno al fratello del kamikaze, che nel 2013 sarebbe andato per alcuni mesi in Arabia Saudita. Tornato ad Adiyaman l’anno scorso, ha aperto una sala da tè che secondo gli inquirenti si è trasformata in un centro di radicalismo islamico e reclutamento jihadista. Otto mesi fa, dopo i sanguinosi scontri di inizio ottobre nel sud-est turco per il mancato supporto di Ankara alla battaglia dei curdi a Kobane contro l’Isis, il locale è stato chiuso, ufficialmente per mancanza di una licenza.

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