L’ennesima uscita ‘fuori le righe’ di Trump arriva durante un incontro nello Studio Ovale con alcuni membri del congresso. A chi gli chiedeva di riconsiderare la decisione di togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani,  avrebbe risposto: ‘Perché gli Stati Uniti dovrebbero avere tutta questa gente che arriva da questo cesso di Paesi?’.

Mentre la Casa Bianca tace, arriva la reazione di Haiti. L’ambasciatore in Usa, Paul Altidor, ha fatto sapere di ritenere una vera e propria ‘aggressione’ le parole di Donald Trump. Intervistato dalla rete televisiva Msnbc, il diplomatico ha fatto sapere che il suo governo ha presentato una protesta formale per ottenere spiegazioni a riguardo e condannare con veemenza l’accaduto. E sulla questione interviene anche l’Onu, con il portavoce dell’Alto commissariato per i diritti umani, Rupert Colville, che durante una conferenza stampa a Ginevra ha definito le parole di Trump ‘scioccanti, vergognose e razziste’, che vanno contro i valori universali che il mondo ha così duramente perseguito dopo la seconda guerra mondiale e l’olocausto’.

Intanto l’ambasciatore americano a Panama si dimette, spiegando di non poter più lavorare nell’amministrazione Trump. Secondo la stampa Usa le dimissioni sarebbero legate proprio ai commenti del presidente sugli immigrati.

Ho usato un linguaggio duro, si difende il presidente su Twitter,  ma quello che è stato veramente duro  è stata la proposta che mi era stata avanzata sul Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals), una grossa battuta d’arresto.

Poi in un tweet ripete il concetto, ma gli ‘shithole countries’ (paesi di m…) diventano ‘countries which are doing badly’, (paesi che stanno andando male).

Il ‘Daca’  che  Trump vuole abolire o ‘barattare’ con il via libera ai finanziamenti per l’ampliamento del muro al confine con il Messico, è il programma  voluto da Barack Obama che protegge dall’espulsione i figli degli immigrati clandestini entrati negli States da bambini, i cosiddetti ‘dreamer’ (sognatori).

La Casa Bianca ha definito la scelta del presidente ‘combattuta’ ma ‘responsabile’ perché il Daca è incostituzionale e non si può  governare con il cuore.
Se si arriverà all’abolizione del Daca, le ripercussioni economiche saranno pesanti, secondo il New York Times: i dubbi riguardano le conseguenze di eventuali cancellazioni dal registro e, peggio ancora, le possibili deportazioni.

Secondo quanto riportano il quotidiano newyorkese, gli Stati Uniti direbbero addio in 10 anni anche a 460,3 miliardi di Pil e a 24,6 miliardi di dollari in contributi per la Social Security e il Medicare.  Inoltre, 9 ‘Dreamer’ su 10 lavorano, pagano regolarmente le tasse, comprano casa e auto, aprono delle attivita’. Dati alla mano, nei prossimi due anni, ogni giorno 1.400 giovani uscirebbero dal mercato del lavoro Usa.

 Insomma, la decisione di Trump è un assalto a qualsiasi logica economica, afferma il Washington Post. E non solo economica. La protezione concessa ai sognatori dal Daca ha una durata di due anni, al termine dei quali puo’ essere rinnovata. Cio’ consente ai beneficiari di vivere in una condizione che si avvicina molto di piu’ alla legalità che all’illegalità, e in cui possono studiare e lavorare senza lo spettro del rimpatrio.
 Intanto un giudice di San Francisco ha accolto una richiesta di bloccare temporaneamente la decisione dell’amministrazione di interrompere il Daca  che per il presidente Donald Trump dovrebbe avvenire entro il 5 marzo, fino alla fine delle cause avviate.

L’abolizione del Daca è stato uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Trump, che aveva definito il provvedimento di Obama una ‘amnistia’ illegale.