Trump fa politica continuando a vivere in un reality

Trump dimostra il suo populismo demagogico anche nel bloccare l’attacco all’Iran, per l’abbattimento di un drone Usa, in volo sullo stretto di Hormuz. Ma nell’area del golfo Persico le tensioni si sono solo temporaneamente sopite. Il fuoco arde forte sotto un lieve strato di cenere. La crisi aperta contro il regime iraniano è forte ed è condita dalla miscela di contraddizioni geopolitiche dell’inquilino della Casa Bianca: durezza estrema ma anche guanto di velluto, per non farsi coinvolgere in un conflitto dagli esiti incerti, si sommano all’efficacia delle sanzioni economiche, che hanno finito per strangolare l’Iran. Quindi la parola d’ordine che la miccia va spenta. Trump non vuole arrivare all’elezione del 2020 con l’economia sconvolta da una guerra, anche perché contraddirebbe le promesse fatte durante la campagna per le presidenziali ai cittadini americani di mettere fine alle campagne militari.Ma il suo errore più grave è di aver fatto fuori tutti i vertici, sia istituzionali che militari, sostituendoli con i cosiddetti falchi che nel loro dna hanno la guerra a tutti i costi. Per non parlare poi della superficialità e l’insipienza con cui ha cancellato l’accordo nucleare voluto da Obama, che tante speranze aveva alimentato tra le opposizioni al regime degli ayatollah, sia all’interno che all’esterno. Alla Casa Bianca i falchi, Bolton e Pompeo, ideologicamente sono avversi all’Iran e da anni lavorano all’abbattimento del regime. L’Europa assiste da convitato di pietra allo scorrere degli eventi, avendo perso la sua tradizionale capacità di mediazione e nello stesso tempo non sostanzia la sua presa di distanza da Trump. Lo scenario che si profila all’orizzonte è quello di un presidente americano che continua a far politica come se continuasse a vivere in un realiy, senza pesare le parole che profferisce e compiendo azioni di governo che si contraddicono, ma improvvisamente si accorge che questo approccio nei rapporti internazionali non paga: le minacce di sanzioni economiche possono spaventare l’Ue, ma non il regime iraniano che messo alle strette si gioca la partita fino in fondo. Khamenei non potrà mai trattare con i falchi che hanno collaborato con i mujaheddin che cercano di alimentare rivolte interne. Così il Presidente americano che ha depotenziato interi gangli della sua amministrazione, privandoli di ruoli e competenze, pensando di ruggire all’indirizzo dell’Iran, forte dei suoi falchi, all’improvviso si rende conto che non può rivestire il ruolo del lupo e dell’agnello nello stesso tempo, e quindi si sta rendendo conto che la situazione gli sta sfuggendo di mano. Questa è l’unica spiegazione che si può dare alla sua decisione di interrompere l’ordine di attaccare l’Iran. Spinto dai falchi e dagli stessi ossessionato aveva dato l’ordine, ma un barlume di lucidità e saggezza lo hanno fatto tornare sui suoi passi. Aveva capito che Bolton e Pompeo gli avevano già confezionato il vestito su misura senza che lo provasse? Oppure Trump da grande interprete di reality, ha capito che bisogna indossare, a seconda delle occasioni, o il vestito di comandante supremo militare o quello di leader politico saggio ed equilibrato. L’unica strada che gli resta è la negoziazione e l’Iran non si fermerà con il contentino d’occasione.

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