Trump annuncia la tregua tra Israele e Iran: «La guerra dei 12 giorni può finire qui»

L’annuncio l’ha dato Donald Trump: ‘Tra Israele e Iran c’è la tregua. Il cessate il fuoco è in vigore. Per favore, non violatelo!’.  La tregua è scattata alle 6 ora italiana e durerà 12 ore, secondo quanto anticipato dal presidente Usa. L’accordo è stato preceduto da una serie di attacchi incrociati tra i due Paesi, ai quali ha fatto riferimento diretto lo stesso Trump nel suo primo post. «È stato pienamente concordato tra Israele e Iran che ci sarà un CESSATE IL FUOCO completo e totale (tra circa 6 ore, quando Israele e Iran avranno concluso e completato le loro missioni finali in corso), per 12 ore, dopodiché la guerra sarà considerata FINITA», ha scritto il presidente intorno a mezzanotte con quell’uso delle maiuscole. Parliamo del 24 giugno.

«Partendo dal presupposto che tutto funzioni come dovrebbe, e così sarà – ha scritto ancora Trump – vorrei congratularmi con entrambi i Paesi, Israele e Iran, per aver avuto il coraggio e l’intelligenza per porre fine a quella che dovrebbe essere chiamata “la Guerra dei 12 giorni”. Questa è una guerra che avrebbe potuto durare anni e distruggere l’intero Medioriente, ma non l’ha fatto e non lo farà mai! Dio benedica Israele, Dio benedica l’Iran, Dio benedica il Medioriente, Dio benedica gli Stati Uniti d’America e Dio benedica il mondo», ha proseguito Trump, che successivamente, tornando a elogiare «il talento e il coraggio» dei piloti americani, su Truth ha aggiunto che «Israele e Iran sono venuti da me, quasi contemporaneamente, e mi hanno detto: “Pace”».

Poco dopo le 6 ora italiana, media iraniani e israeliani hanno iniziato a confermare l’inizio della tregua. «È in vigore il cessate il fuoco dopo quattro ondate di attacchi iraniani sui territori occupati da Israele», ha riferito l’iraniana Press Tv. Anche l’agenzia iraniana Tasnim via Telegram e citando «media della regione», ha segnalato un cessate il fuoco «in fase di attuazione».

Ancora nessuna dichiarazione ufficiale da Tel Aviv e Teheran

In precedenza i media ufficiali della Repubblica Islamica avevano riferito di una tregua «imposta al nemico», senza indicare un orario preciso per lo stop alle ostilità. Non ci sono ancora dichiarazioni ufficiali da parte del governo israeliano e di quello iraniano, né formalmente si conoscono dettagli intorno all’operazione.

 

Il retroscena sulla mediazione Usa e del Qatar

Secondo quanto riferito da Axios, però, il cessate il fuoco tra Israele e Iran sarebbe stato concordato grazie alla mediazione del Qatar e degli Stati Uniti. Nel retroscena, firmato da Barak Ravid, corrispondente da Washington della testata, dopo l’attacco alla base americana, l’Iran ha trasmesso alla Casa Bianca, tramite il Qatar, un messaggio in cui dichiarava che non avrebbe effettuato ulteriori attacchi e che la sua risposta era terminata. Sulla base di quanto riferito da fonti a conoscenza dei dettagli, Ravid spiega che la Casa Bianca avrebbe risposto all’Iran con un proprio messaggio, sottolineando che non avrebbe risposto militarmente all’attacco iraniano e che gli Stati Uniti erano pronti a riprendere i negoziati per un accordo nucleare. «Sono poi proseguiti i colloqui tra Stati Uniti e Israele e tra Qatar e Iran per concordare i termini del cessate il fuoco e il momento in cui sarebbe iniziato», si legge ancora nell’articolo.

Giorgio Cuzzelli è generale di brigata dell’Esercito italiano in congedo ed esperto di sicurezza internazionale. Attualmente è in forza all’università Lumsa e si occupa di studi strategici e scenari diplomatici. Alle spalle ha una lunga esperienza sul campo, con operazioni nei Balcani e in Afganistan. Un tecnico a tutti gli effetti, insomma. Cuzzelli esprime  qual è la posta in gioco nell’attuale scontro mediorientale: ‘Quello che sta sta realmente accadendo tra Israele e Iran è la prosecuzione di un conflitto che, dal 1979, vede la Repubblica islamica opposta a Israele. Un conflitto che, è bene ricordarlo ai lettori, non è stato avviato da Israele, ma trae origine dalla manifesta ostilità che, sin dalla sua nascita, la Repubblica iraniana ha nutrito nei confronti dello Stato ebraico. Lo scontro in corso, lungo tale storia, rappresenta un passaggio fondamentale. In questo momento è in atto da parte di Israele una campagna militare che ha come finalità strategica l’eliminazione della possibilità da parte dell’Iran di acquisire un ordigno nucleare. Ordigno che Israele considera una minaccia esistenziale, per motivi che possiamo ben comprendere. I fatti di questi giorni avvengono dopo interlocuzioni diplomatiche durate decenni. Ma anche dopo un trattato sponsorizzato dalla comunità internazionale che ha mostrato tutti i suoi limiti – ma che era meglio di niente, come ogni altro trattato – e la decisione statunitense di tirarsene fuori. Aggiunga pure le ripetute oscillazioni diplomatiche della Repubblica islamica, che ha dato prova sostanziale di voler continuare a perseguire l’obiettivo nucleare. Ecco: dopo tutto questo, Israele ha deciso di attaccare e di eliminare il problema una volta per tutte. Verosimilmente per la contemporanea presenza di alcune condizioni abilitanti. La prima: l’Iran ha dato l’impressione di essere sulla soglia non della costruzione di una bomba atomica, ma quantomeno della disponibilità di materiale atto a costruirla. Secondo punto: la particolare finestra di opportunità politico-militare dovuta ai colpi massicci che Israele ha assestato all’Iran e ai suoi succedanei in Libano, in Palestina e nello Yemen. In terzo luogo: lo stato di estrema debolezza delle difese aeree iraniane, rivelato dagli scontri dell’anno passato. In quarto luogo, la crisi profonda del Regime, tant’è vero che i servizi segreti israeliani sono stati in grado di agire quasi indisturbati sul territorio iraniano. E da ultimo, e questo è forse l’aspetto di politica internazionale più rilevante, l’incertezza israeliana sui reali obiettivi dell’amministrazione Trump. La linea ondivaga dell’amministrazione americana, segnata da scelte non sempre comprensibili, ha fatto sì che Israele non ritenesse scontato il finora sempre garantito appoggio statunitense, tanto da decidere di prendere in mano il proprio destino e di fare di testa propria. Mettendo Trump, quindi, davanti al fatto compiuto. C’è da chiedersi se Trump abbia subìto l’iniziativa israeliana o se fosse stato informato per tempo. Quale che sia la verità, l’iniziativa l’ha presa Israele e gli statunitensi si sono, in qualche modo, accodati secondo quella logica di opportunismo dettata dalle circostanze che è tipica della politica trumpiana. Il presidente americano adesso ha l’evidente volontà di intestarsi la vittoria tattica conseguita da Israele per poter decidere le prossime mosse».

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