Tre sorelle

Debutta in prima nazionale, mercoledì 25 febbraio alle 21.00 al Teatro Mercadante di Napoli, lo spettacolo prodotto dallo Stabile, “Tre sorelle” di Anton Cechov, con la regia di Claudio Di Palma, in scena fino a domenica 15 marzo. Interpreti della pièce sono Paolo Serra, nel ruolo di Andrèj Sergèevič Prozorov; Gaia Aprea in quello di Maša, sorella di Andrèj Prozorov; Federica Sandrini è Irina, sorella di Andrèj Prozorov; Sabrina Scuccimarra è Ol’ga, sorella di Andrèj Prozorov; Sara Missaglia è Nataša, fidanzata e poi moglie di Andrèj Prozorov; Giacinto Palmarini è Nikolàj L’vovič Tuzenbach, barone, tenente; Alfonso Postiglione è Ivàn Romànovič Čebutykin, medico militare; Andrea Renzi è Aleksàndr Veršinin, tenente colonnello, comandante di batteria; Paolo Cresta è Vasilij Solënyj, primo capitano; Gabriele Saurio è Fiodor Kulygin, professore di ginnasio, marito di Maša; Enzo Turrin è Ferapònt, vecchio usciere del consorzio; Enzo Mirone è Vladimir Karlovič Rode, sottotenente; Massimiliano Sacchi è Aleksej Petrovič Fedotik, sottotenente. Le scene sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Zaira de Vincentiis, le luci di Gigi Saccomandi, le musiche originali di Ran Bagno. Dopo aver indossato da attore i panni di Lopachin, personaggio chiave de Il giardino dei ciliegi, nella messa in scena di Luca De Fusco in questa Stagione, Claudio Di Palma affronta da regista il Cechov di Tre sorelle, la penultima opera del drammaturgo russo morto nel 1904, scritta per il Teatro d’Arte di Mosca dove andò in scena nel gennaio del 1901. La vicenda racconta delle tre sorelle Ol’ga, Maša e Irina che con il fratello Andrèj vivono in una piccola città di provincia, dove anni prima si erano trasferiti da Mosca insieme al padre, il generale Prozorov, venuto a mancare da un anno. Ol’ga e Irina, la maggiore e la minore delle sorelle, desiderano ardentemente tornare a Mosca, insoddisfatte del mediocre e soffocante ambiente della provincia. Ma nessuno riuscirà nel proprio progetto di vita: Ol’ga, nominata suo malgrado direttrice della scuola dove insegna, deve rinunciare all’idea di Mosca; Irina, che aveva accettato il matrimonio con Tuzenbach al solo scopo di tornare nella capitale, perde anzitempo il futuro marito in duello; Maša è costretta ad interrompere la sua relazione con Aleksàndr Veršinin per il trasferimento del bel colonnello ad altra guarnigione; Andrèj, infine, nominato membro del Consorzio, abbandona le ambizioni accademiche che nutriva su Mosca. Nelle note di regia Claudio Di Palma scrive: «Se una barca è arenata su una sabbia scenografica sparsa in palcoscenico dove può andare? È evidente, da nessuna parte. Può eventualmente esprimere il segno di una partenza sperata, ma niente di più. È il segno, appunto, e solo quello, di un desiderio di partenza, è il tramite fittizio per condursi alla meta del desiderio stesso. E la meta può essere ad esempio una città sognata, ma nei fatti invisibile, che occasionalmente può chiamarsi anche Mosca. La barca immota, al pari del desiderio, inteso secondo il giusto etimo, sintetizza il moto potenziale diretto ad una persona, una cosa o una città, e nel contempo anche l’assenza di una rotta celeste che all’oggetto stesso potrebbe condurre (de-siderare ovvero de-siderale: senza le stelle). La barca è dunque il mezzo e la sua negazione, un orientamento perduto, una identità negata. Ad oggi la disillusione di Olga, Masa e Irina mi sembra tutta qui, riconducibile ad una barca senza navigazione. Di conseguenza mi è sembrato possibile che quella liturgia, spesso definita della noia, celebrata dai personaggi di Tre sorelle potesse svolgersi proprio su una spiaggia irreale, un luogo esterno che neghi a tutti loro una casa…»

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