Terrorismo, Ichino ai giudici: “Sono ancora in pericolo”

Ha da poco deposto davanti ai giudici dellla seconda sezione della Corte d’Assie d’appello, il giuslavorista e senatore del Pd  Ichino, con a fianco l’avvocato Laura Panciroli.

“Intendo solo ricordare – che fin dal primo grado di giudizio ho offerto a tutti e a ciascuno degli imputati la mia rinuncia alla costituzione di parte civile e al risarcimento dietro il riconoscimento del diritto a non essere aggrediti. Nessun imputato però -ha aggiunto Ichino- ha risposto a questa proposta di dialogo”. Il senatore del Pd ha quindi ricordato che, nel 2006, non era assolutamente a conoscenza del presunto progetto di attentato che lo riguardava da parte degli imputati. In quel periodo lo stesso Ichino aveva chiesto al ministero la rimozione della protezione, con una domanda che era stata quindi trasmessa al prefetto. Ma proprio il prefetto, aggiunge Ichino oggi “mi informò delle indagini in corso e che non era opportuno rinunciare alla protezione”. Questa situazione di pericolo prosegue Ichino a tutt’oggi non è cessata anche per il rifiuto degli imputati alla mia proposta di dialogo. Così io oggi non posso che circolare su un’auto blindata.. Queste persone, ha proseguito, “sono terroristi e non c’è altro termine con cui possono essere definiti”. Riguardo agli insulti ricevuti dalle gabbie, il senatore ha spiegato che “le minacce che mi rivolgono ancora è uno dei motivi per cui devo ancora oggi girare sotto scorta”. Alla follia degli imputati, ha affermato Ichino, ”non c’è altro rimedio che la condanna in uno Stato di diritto”. Il professore ha ricordato che lui è costretto a vivere sotto scorta da ormai 10 anni, ossia dal 2002, dopo l’uccisione di Marco Biagi.ndata”. “Questo signore rappresenta il capitalismo, lui è l’esecutore di questo sistema”. Così dal gabbio Alfredo Davanzo, uno dei capi delle cosiddette Nuove Brigate Rosse, replica all’intervento del giuslavorista Pietro Ichino che è intervenuto questa mattina davanti ai giudici milanesi per chiedere che venga riconosciuto il diritto a non essere aggrediti. “Quelli blindati – ha aggiunto Davanzo – siamo noi. Questa gente non ha diritto a fare sceneggiate. C’è una guerra di classe in corso…eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema”. Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio per la sentenza e dopo l’ultimo intervento delle difese, alcuni imputati del processo milanese alle cosiddette ‘nuove Br’ dalle gabbie hanno gridato contro il giuslavorista Pietro Ichino, presente in aula come parte civile. ”Vergogna, vai a lavorare”, è una delle provocazioni che sono state ‘lanciate’ contro il senatore. Dallo spazio riservato al pubblico, dove si trovavano amici e parenti degli arrestati, si sono alzate altre grida e insulti contro Ichino.

Intanto si attende nel pomeriggio la sentenza del processo milanese alle cosiddette nuove Brigate rosse del partito comunista politico militare. I giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello si sono ritirati in camera di consiglio poco prima delle 10.30 per emettere il loro vedetto, l’accusa aveva chiesto 12 condanne a pene fino a 14 e un mese di reclusione.

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