Tempi di attesa lunghi per un esame diagnostico: ecco cosa fare

La legge impone un limite di 60 giorni di attesa per un accertamento. Ma spesso i tempi di attesa vanno oltre. Ecco come far valere i propri diritti:

 Impegnativa e tessera sanitaria in mano, coda allo sportello, ticket pagato. Ma poi si scopre che i tempi di attesa per un esame diagnostico sono troppo lunghi. Quali sono i diritti del paziente? Può pretendere dallo stesso ospedale una visita privata senza costi aggiuntivi per scavalcare le liste d’attesa? Certo che può. Vediamo, quindi, che cosa fare per evitare tempi di attesa biblici per un esame diagnostico e, soprattutto, per evitare di cadere nell’errore commesso da 11 milioni di persone lo scorso anno: rinunciare alla prestazione sanitaria perché i tempi di attesa erano troppo lunghi.

 Liste d’attesa troppo lunghe: che cosa fare

La legge prevede per un esame diagnostico strumentale (risonanza magnetica, tac, esami radiologici o endoscopici) un massimo di 60 giorni, a meno che si tratti di esami la cui urgenza è stata chiesta sull’impegnativa dal medico di base. Si tratta di prestazioni urgenti per le quali non è necessario l’accesso al pronto soccorso ma che devono essere effettuati entro 24 ore dalla richiesta e le prestazioni urgenti che devono essere fatte entro 7 giorni dalla presentazione del richiedente al punto di prenotazione (di norma le richieste di prestazioni urgenti vanno fatte di persona presso lo sportello della struttura ospedaliera, non al telefono oppure online). Inoltre, per quanto riguarda le malattie cardiovascolari ed i tumori, i tempi di attesa per un esame diagnostico non devono superare i 30 giorni.

Ma, a parte questi due casi specifici, in alcune strutture questo tempo di attesa viene superato abbondantemente. A questo punto, che cosa fare? Alcuni decidono di lasciar perdere il Servizio sanitario nazionale e di rivolgersi ad una clinica privata. I tempi di attesa si accorciano, certo. Ma i costi lievitano in modo notevole. Se l’ospedale non rispetta i termini fissati dalla legge per un esame diagnostico, perché un cittadino deve pagare tre o quattro volte tanto rivolgendosi ad un privato?

L’alternativa più conveniente è quella di presentare istanza per prestazione in regime di attività libero-professionale intramuraria, o intramoenia, per dirla in termini tecnici. Che cosa vuol dire? Né più né meno che chiedere una prestazione privata all’interno dello stesso ospedale in cui è stata fatta la prenotazione. Ma senza aggiungere un solo euro al ticket già pagato o da pagare. L’istanza va presentata al Direttore generale dell’Azienda sanitaria o dell’Azienda ospedaliera compilando questo modulo, che risponde ad una procedura standard stabilita dalla legge, nonostante le Asl non ne parlino.

E’ probabile che, al momento della prenotazione, non venga comunicata la data in cui verrà effettuato l’esame diagnostico, nonostante il cittadino abbia il diritto di conoscere quanto saranno lunghi i tempi di attesa. In questo caso è sicuro che la lista di attesa è bloccata e che la prestazione non verrà erogata nei termini fissati dalla legge. E’ qui che il paziente può pretendere di avere quella prestazione in regime di libera professione al solo costo del ticket sanitario.

Nella richiesta, il paziente dovrà riportare i propri dati e queste informazioni:

quale esame diagnostico gli è stato prescritto;

la data in cui il Cup (il Centro unico di prenotazioni) ha fissato l’esame, precisando che l’attesa è superiore ai 60 giorni stabiliti dalla legge;

l’incompatibilità dell’attesa rispetto all’urgenza della prestazione.

A questo punto, nel modulo bisognerà chiedere:

che l’esame diagnostico venga eseguito in regime di libera professione intramuraria con onere a carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge;

che venga fornita immediata comunicazione in merito.

Il cittadino dovrà, infine, precisare che se l’ospedale non provvederà a fissare una visita in regime di libera professione intramuraria, lui si riserverà il diritto di rivolgersi ad una struttura privata per poi chiedere il rimborso all’Azienda sanitaria o all’Azienda ospedaliera. Diritto già riconosciuto dal Tribunale di Castrovillari (Cosenza) ad un paziente costretto a pagare profumatamente delle cure di tasca sua di fronte ai lunghi tempi di attesa del servizio sanitario pubblico.

Attenzione, però. Prima di pretendere un esame diagnostico in libera professione per i tempi d’attesa troppo lunghi nel servizio pubblico, bisogna sapere che c’è un’eccezione. Riguarda il momento della prenotazione. Se il Cup propone una struttura in grado di fornire la prestazione sanitaria entro i 60 giorni stabiliti dalla legge ma il paziente non l’accetta perché vorrebbe un ospedale di maggiore fiducia (anche in una Regione diversa da quella di residenza), può rifiutare la proposta del Cup. Ma in quel caso perde il diritto al tempo massimo garantito. L’esame, pertanto, verrà fissato nella struttura scelta dal paziente nella prima data utile, anche se i tempi d’attesa sono superiori a 60 giorni.

 Dlgs 124/1998 art. 3 co. 3.

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