Teatro di Roma, Luca De Fusco nominato direttore generale. L’ira di Gualtieri: ‘La destra impone i suo
Luca De Fusco è il nuovo direttore generale del teatro di Roma. Lo annuncia il vicepresidente della Fondazione, l’avvocato Danilo Del Gaizo, al termine di un consiglio che si è svolto senza il presidente Francesco Siciliano né il consigliere del Comune di Roma Natalia Di Iorio. Alla seduta hanno partecipato oltre al vicepresidente, Daniela Traldi, presidente di ConfLirica (nominati entrambi dalla Regione) e l’attore e regista Marco Prosperini, indicato dal ministro Sangiuliano, in collegamento telematico. Presente anche il collegio dei revisori che, spiega De Gaizo «garantisce la legittimità della seduta».
«Lo statuto – ha aggiunto – in assenza del presidente prevede che sia il vicepresidente a garantire il proseguimento del Consiglio». La nomina arriva in un contesto di spaccatura. Mentre era in corso il Consiglio, il Presidente e la consigliera Di Iorio – che avevano chiesto un rinvio – tenevano una conferenza stampa in cui denunciavano «l’impossibilità di arrivare a un accordo».
Francesco Siciliano, presidente della fondazione commenta così la nomina: «Hanno eletto il direttore generale del teatro di Roma senza il Comune di Roma. E la considero uno grave forzatura». Durante la conferenza, e poco prima che venisse resa pubblica la decisione del consiglio, Siciliano aveva spiegato: «La riunione del CdA prevista alle 11 è stata da me formalmente sconvocata, ma vedo che i consiglieri espressi dalla Regione e dal Ministero si sono riuniti ugualmente procedendo a una nomina del nuovo direttore senza la presenza del presidente e di Natalia Di Iorio. Ritengo che questa riunione sia invalida come recita l’articolo 3 comma 3 dello statuto della Fondazione.
Ma, anche al di là degli aspetti giuridici, credo che questo modo di procedere rappresenti un colpo proprio alla natura di questo Teatro, al suo valore culturale, al rapporto che lo lega innanzitutto alla città, al suo pubblico a chi ogni giorno si impegna per mandare avanti il teatro».
Il Comune di Roma versa i due terzi del finanziamento (circa 6 milioni e mezzo di euro), a fronte della Regione che ne versa circa un milione e duecento e del Ministero che non versa direttamente alla fondazione, ma finanzia tramite Fus. «E il Comune di Roma è anche proprietario delle mura di tutti i teatri della Fondazione», aggiunge Siciliano, «esistono gli statuti che prevedono due consiglieri in quota Comune, due alla Regione e uno al Ministero, ma non posso non far riferimento agli equilibri finanziari».
Una nomina, nella tempesta, di un nuovo amministratore, che dopo anni bui, e di commissariamenti, dovrebbe, con un consiglio spaccato, ridare luce al Teatro di Roma che sovrintende anche l’India e il Torlonia (il cambio di statuto da associazione in fondazione è avvenuto a maggio scorso) e restituire finalmente il Valle alla città. Ma lo scontro in corso getta nubi sul futuro della Fondazione.
«Questa mattina è avvenuto un fatto molto grave», tuona l’assessore alla Cultura del Comune di Roma, Gotor: «I consiglieri di amministrazione nominati dal Ministero della Cultura e dalla Regione Lazio hanno deciso di svolgere una riunione che ha come oggetto la nomina del nuovo direttore generale della Fondazione Teatro di Roma e hanno proceduto alla sua nomina senza che fossero presenti il presidente del Cda della Fondazione Francesco Siciliano e la consigliera designata dal Comune Natalia Di Iorio. Questo incontro è, nei fatti, abusivo perché non rispetta le prerogative del Presidente Siciliano che ieri sera aveva disposto di aggiornare la riunione del Cda già da lui convocato, come previsto dallo statuto. Noi ci opporremo con tutte le nostre forze».
Nel mirino anche il lavoro della commissione che, secondo Siciliano e Di Iorio, avrebbe selezionato la terna in un’unica mattinata «senza prevedere una figura femminile. In due ore e mezza non c’è tempo nemmeno di leggere i nomi dei candidati. Non è stato, secondo noi, uno studio approfondito. Sono mancate sin dall’inizio, parità di genere e visione condivisa. Per dirigere questa fondazione servirebbe un manager e non un artista». Le 42 candidature sono state vagliate da una commissione di tre membri: Mariano Grimaldi; Isabella Maria Stoppani e Berta Zezza, e hanno portato a una rosa di tre nomi, su cui si espressa oggi la decisione del consiglio.
Oltre a Luca De Fusco, regista teatrale napoletano, 66 anni, già alla guida del Bellini di Catania, e che in passato ha diretto il Napoli Teatro Festival, lo Stabile del Veneto e quello di Napoli, nella terna figuravano anche Marco Giorgetti – 62 anni, attore, regista, attualmente alla guida della Pergola di Firenze, e Ninni Cutaia, direttore generale del ministero della Cultura, che è stato direttore del Mercadante, direttore generale dell’Ente Teatrale Italiano.
«Dobbiamo pensare positivo e sono felice. Ora dobbiamo lavorare e sono sicuro che con persone ragionevoli come il sindaco Gualtieri, il presidente Siciliano e l’assessore Gotor troveremo un accordo», commenta il neodirettore generale Luca De Fusco, «Mi dispiace che fossero assenti, Siciliano e Di Iorio, «avrei preferito che fossero lì. Non sono un esperto di diritto. E non è mia competenza entrare nel merito. Ma i revisori erano presenti e hanno attestato la legittimità dell’atto. Del resto questa decisione non poteva essere rimandata. Entro il 31 gennaio tutti i teatri italiani devono presentare la domanda per le sovvenzioni del 2024 e quindi presentare il progetto dell’attività. Sono mesi che ragionano, non si può dire che non abbiano avuto tempo».
Come se non fosse bastato il blitz in Consiglio di amministrazione per la nomina, il day after della polemica attorno alla scelta di Luca De Fusco alla guida del Teatro di Roma viene condita da nuove accuse. Riguardano la corposità dello stipendio e la durata del mandato. E arrivano direttamente dal presidente della Fondazione, Francesco Siciliano, messo all’angolo, insieme alla consigliera del Comune Natalia di Iorio, dai membri de Cda nominati dal centrodestra.
Mentre si mobilita anche il mondo degli artisti, il presidente del Teatro di Roma mette al centro del dibattito la “contrattualizzazione” di De Fusco. Una questione di metodo e di merito, spiega in una lunga nota. Siciliano racconta che durante la riunione – in sua assenza – è stato sostanzialmente deciso con un “atto oggettivamente senza precedenti” di “assegnare il potere di sottoscrivere il contratto” a un “componente del Consiglio di amministrazione diverso dal sottoscritto”. Il tutto nonostante, prosegue, “le mie prerogative statutarie come presidente della Fondazione impongano al Consiglio di amministrazione di rispettare la mia funzione – non sostituibile – di legale rappresentante della Fondazione stessa e, più in generale, di soggetto deputato alla esecuzione delle decisioni del Consiglio di amministrazione”.
Non si tratta dell’unica critica di Siciliano, perché – continua – il Cda non ha deliberato la durata e il compenso per l’incarico ma ha “affidato a uno dei componenti del Consiglio di amministrazione una delega in bianco con il compito di individuare simili fondamentali parametri”. Quali? Si tratta di un’ipotesi, sottolinea il presidente, ma sarebbe totalmente fuori da ogni parametro: “Sembrerebbe si stia ipotizzando un contratto di cinque anni con 150mila euro di compenso (oltre ai compensi per le regie). Una simile scelta implicherebbe una decisione oggettivamente esorbitante rispetto ad una normale progettualità triennale di qualunque teatro e, per di più, risulterebbe sproporzionata rispetto a qualunque limite di ragionevolezza”.
Anche perché, ricorda il presidente Siciliano, De Fusco arriva dal Teatro stabile di Catania, definito “assolutamente comparabile” per volume di affari al Teatro di Roma, dove “percepisce circa 68mila euro”. Il suo compenso verrebbe quindi “triplicato”. Una lievitazione che, sottolinea il presidente della Fondazione, “resta dunque priva di qualunque giustificazione e potenzialmente rappresentativa di un danno per il Teatro di Roma per le sue risorse che, lo ricordiamo provengono per 6 milioni e mezzo dal Comune di Roma e per poco più di un milione dalla Regione Lazio”. Da qui il suo avviso: “Ho quindi invitato – conclude Siciliano – tutti i consiglieri e i sindaci ad intervenire e a desistere dal proposito sopra descritto, altrimenti saranno valutate tutte le azioni conseguenti”.