Tartaglia Arte: Black Mother, il documentario spirituale e visionario del fotografo Khalik Allah

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, l’articolo ricevuto da Tartaglia Arte:

IL DOCUMENTARIO CHE IL FOTOGRAFO KHALIK ALLAH DEDICA ALLA SUA GIAMAICA È DISPONIBILE GRATUITAMENTE FINO A METÀ FEBBRAIO CON CARBONIA FILM FESTIVAL. UN VIAGGIO SPIRITUALE, E IN PARTE VISIONARIO, ATTRAVERSO I TRE TRIMESTRI DELLA GRAVIDANZA DI UNA DONNA.

Fino al 15 febbraio con Carbonia Film Festival online presenta… è possibile vedere in streaming, gratuitamente, il documentario Black Mother di Khalik Allah, fotografo classe 1985, tra gli artisti più significativi della new wave americana e membro dell’agenzia fotografica Magnum dal 2020. Questo suo documentario è un vero messaggio d’amore verso la propria terra di origine, la Giamaica. Black Mother, vincitore del Premio Giuria Circoli del Cinema 2018 al CFF e pluripremiato in numerosi festival internazionali, è un documentario che esteticamente rispetta lo stile fotografico di Khalik Allah. Un racconto che tra immagini e voci, non per forza raccordate tra loro, assume le sembianze di un viaggio spirituale diviso tra dimensione sacra e dimensione profana.

DA FIELD NIGGAS A BLACK MOTHER

Lo street photographer e regista Khalik Allah è nato da madre giamaicana e padre iraniano ma di base a New York. Già nel 2015 Khalik Allah aveva fatto parlare di sé in seguito al documentario Field Niggas, in cui raccontava la povertà afroamericana a Harlem. In Field Niggas intervistava senzatetto e tossicodipendenti lasciandoli parlare anche dei periodi trascorsi in prigione. Qui il racconto assumeva una chiave onirica e i protagonisti erano coinvolti in discussioni dure che riguardavano il rapporto con la polizia, la violenza, l’abuso di sostanze e l’inevitabile impatto che tutto ciò aveva e ha sul razzismo. Field Niggas era un documentario che presentava una chiara propensione del suo regista anche alla letteratura visiva. La stessa cosa accade ora con Black Mother. Con Field Niggas Khalik Allah ha fatto un’indagine dettagliata sul potere schiacciante della società e sulla passione viscerale di chi sopporta l’esclusione, degli “ultimi”; con Black Mother mette in evidenza nuovamente la sua predilezione verso il ritratto più che per la figura intera, e lo fa attraverso una ricerca non dedita alla perfezione, ma all’etnografia lasciando totalmente lo spazio dell’inquadratura a per volti sfigurati, sofferenti, dilaniati dalla povertà o dalla malattia.

BLACK MOHTER, LA PATRIA

Prostitute, mendicanti, venditori ambulanti, bambini. Black Mother è un documentario costruito con una forte e decisa poetica visiva. Un racconto, un film disarmante definito dal The Guardian “un’odissea cruda e densa”. Nel documentario la colonna sonora e le voci sono fuori sincronia con le immagini, con i volti e i corpi delle persone che sono intervallati a istantanee fugaci del paesaggio o del contesto in cui si trovano. Una scelta binaria che da maggiore ritmo alla narrazione e che crea una rottura tra ciò che si sente e ciò che si vede. In questo vortice d’immagini e voci, in Black Mother si scorge qualcosa, presumibilmente, di molto personale al regista e tutto ruota attorno alla gravidanza di una donna senza nome, che presagisce la fine sia della nascita che della morte. Questa donna può essere letta come metafora della sua patria, una terra che mette al mondo i suoi figli con grande orgoglio e contentezza seppur con tante difficoltà. La presenza fisica delle donne è forte in tutto il film, quelle che vediamo hanno un ruolo sociale ben definito: sono oggetto del desiderio degli uomini. Khalik Allah filma queste lavoratrici del sesso mentre parlano con i clienti che le perseguitano e cercano un compromesso con loro. Khalik Allah registra le donne che discutono delle loro esperienze sul lavoro, delle loro lotte, delle loro prove, mentre mostra al tempo stesso altri uomini, per strada e che affrontano le loro difficoltà. Sin dalla prima scena di Black Mother si vedono persone che guardano dritto nell’obiettivo della videocamera del regista, e i loro sguardi sono titubanti, incuriositi, feriti, in cerca di sfida. Black Mother scava nei malesseri della società, in fondo anche in senso più generale, partendo e tenendo sempre a mente l’eredità coloniale. Un documentario Ipnotico e disorientante.

By – Margherita Bordino – artribune.com

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